Skip to main content

Giorno: 16 Febbraio 2021

Welfare. Il sostegno della Regione a persone e famiglie in difficoltà nel perdurare dell’emergenza Coronavirus

Welfare. Il sostegno della Regione a persone e famiglie in difficoltà nel perdurare dell’emergenza Coronavirus. Schlein: “Stanziati oltre 100 milioni sul sociale dall’inizio dell’emergenza”

L’informativa della vicepresidente con delega al Welfare oggi in Commissione assembleare. Tra gli interventi principali, quelli per la casa, per il sostegno economico a famiglie, minori e le persone più fragili comprese quelle senza fissa dimora, il supporto al Terzo settore

Bologna- Oltre 100 milioni di euro per contrastare le disuguaglianze in aumento e rispondere ai nuovi bisogni delle famiglie e delle persone più vulnerabili, emersi a causa dell’emergenza da Covid-19: un pacchetto di risorse che la Regione Emilia-Romagna ha stanziato negli ultimi due anni, per finanziare interventi di contrasto all’emergenza pandemica, che si è presto trasformata in emergenza sociale ed economica.

A fare il punto oggi in Commissione assembleare, con un’informativa sugli interventi sostenuti dalla Regione dall’inizio della pandemia, è stata la vicepresidente della Regione con delega al Welfare, Elly Schlein.

“La crisi legata alla pandemia ha aumentato le diseguaglianze e generato nuove povertà e bisogni, soprattutto nelle categorie più vulnerabili e più colpite dalla perdita del lavoro- ha sottolineato Schlein -. Gli oltre 100 milioni fino ad ora stanziati non chiuderanno le ferite aperte nel tessuto sociale, ma rappresentano una risposta forte e articolata perché vanno ad offrire strumenti concreti e più flessibili per affrontare i bisogni delle persone nella loro complessità e promuovono sinergie trasversali. Per rispondere alla crisi pandemica- spiega la vicepresidente- abbiamo potenziato il Fondo Sociale Regionale portandolo dai 43 milioni del 2019 ai 55 milioni del 2020. Gli strumenti innovativi di contrasto alle diseguaglianze che abbiamo costruito hanno avuto una risposta ben superiore alle nostre aspettative: oltre 22 milioni di risorse programmate in questa direzione dai territori. Inoltre, abbiamo destinato 40 milioni alle politiche abitative e quasi 10 al sostegno al Terzo Settore. Nei prossimi mesi dovremo ricostruire su basi nuove, inclusive e sostenibili, il futuro della nostra comunità e dovremo farlo insieme, senza che nessuno resti indietro”

Veicoli elettrici: Europa Verde chiede di abbassare il costo dell’elettricità nelle colonnine di ricarica e di promuovere le community charger

VEICOLI ELETTRICI. EUROPA VERDE CHIEDE DI ABBASSARE IL COSTO DELL’ELETTRICITÀ NELLE COLONNINE DI RICARICA E DI PROMUOVERE LE COMMUNITY CHARGER

Silvia Zamboni, Capogruppo Europa Verde nell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna: Chi si serve delle colonnine di ricarica elettrica si trova oggi a dover pagare una tariffa superiore fino a tre volte rispetto a quella domestica. Chiediamo alla Giunta regionale di intervenire presso il Governo per l’abbassamento del costo dell’elettricità applicato nelle colonnine

Bologna, 16 febbraio 2021 – Il Gruppo Europa Verde dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha depositato oggi un’interrogazione per chiedere alla Giunta regionale se non ritenga utile, al fine di promuovere la vendita e la diffusione dei veicoli elettrici, intervenire in sede di Conferenza Stato-Regioni per chiedere formalmente all’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente di accelerare il percorso avviato per abbassare, al livello della quota della tariffa domestica, il costo dell’elettricità applicato nelle colonnine di ricarica installate su suolo pubblico. Nel testo i Verdi inoltre chiedono alla Giunta di impegnarsi per valorizzare e favorire la diffusione delle cosiddette “Community charger” autogestite, già presenti nei Comuni di Medicina, Argenta e Zola Predosa.

L’Emilia-Romagna, al pari delle altre regioni del Bacino Padano, si trova da decenni ad affrontare una grave emergenza ambientale e sanitaria rappresentata dai livelli di inquinamento atmosferico, una situazione che ha determinato, lo scorso 20 ottobre 2020, la condanna da parte della Corte di Giustizia europea. Per i Verdi, non c’è più tempo da perdere e bisogna dare soluzioni concrete ai cittadini emiliano-romagnoli, riconoscendo il ruolo fondamentale della partecipazione attiva delle persone, nella loro duplice veste di cittadini e di consumatori. Per questo con la mia interrogazione, finalizzata a promuovere la vendita e la diffusione dei veicoli elettrici, chiedo alla Giunta di intervenire presso il Governo per chiedere all’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente di abbassare al livello della quota della tariffa domestica il costo dell’elettricità applicato nelle colonnine di ricarica installate su suolo pubblico dai principali fornitori di energia elettrica – dichiara Silvia Zamboni, Capogruppo di Europa Verde e Vice Presidente dell’Assemblea legislativa – Chi si serve delle colonnine di ricarica elettrica pubbliche si trova oggi a dover pagare una tariffa al kWh superiore fino a tre volte rispetto a quella del kWh domestico, una situazione che costringe il proprietario del veicolo elettrico a investire ulteriori risorse per dotarsi di un sistema di ricarica domestica, sistema che ovviamente non può sostituire le colonnine su strada in caso di lunghe percorrenze. Anche per questo in Emilia-Romagna si sta sviluppando un circuito alternativo di colonnine di ricarica, ovvero la rete di Community charger costituita da colonnine installate e gestite dai Comuni e talvolta direttamente da associazioni di automobilisti, i quali possono così ricaricare le loro auto a un prezzo più conveniente rispetto a quello applicato nelle colonnine installate dai fornitori di energia elettrica che hanno sottoscritto l’accordo con la Regione. Chiediamo quindi alla Giunta di impegnarsi per valorizzare e favorire la diffusione delle “Community charger” autogestite pubblicizzando questa iniziativa e prevedendo appositi incentivi ai Comuni dell’Emilia-Romagna che volessero farsi promotori di una rete pubblica di colonnine che offra l’elettricità ad un costo conveniente per la ricarica dei veicoli elettrici”.

Coronavirus. Completato il primo studio della Regione sulla variante inglese

Coronavirus. Completato il primo studio della Regione sulla variante inglese: dei 204 campioni analizzati in Emilia-Romagna il 4 e 5 febbraio sono positivi 57, il 27,9%. Il professor Sambri, direttore del laboratorio che ha condotto le ricerche: “Identificabile in diagnosi e controllabile con il vaccino, ricerchiamo nuove varianti per evitarne tempestivamente la diffusione”. L’assessore Donini: “La nostra sanità è al lavoro, con indagini molto complesse. Mentre proseguono le vaccinazioni, prosegue anche l

I campioni sono stati raccolti in tutte le microbiologie delle Asl regionali, mentre il sequenziamento è stato effettuato dall’Ausl della Romagna e dall’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. Al via anche una nuova ricerca, su 177 campioni raccolti in tutto il territorio il 12 febbraio

Bologna – L’Emilia-Romagna ha concluso il primo studio sulla diffusione della cosiddetta “variante inglese” del Coronavirus: dei 204 campioni su cui è stata effettuata l’analisi, raccolti da Piacenza a Rimini il 4 e 5 febbraio, ne risultano effettivamente positivi alla variante 57, pari al 27,9%. Su 9 campioni (213 era il numero totale di quelli raccolti) non è stato possibile procedere per insufficienza di materiale organico.

La prima analisi dei campioni si era basata sul test inverso, cioè un’indagine molecolare che non riconosce la variante inglese e in caso di esito di negativo indica quindi una verosimile positività, e aveva individuato 66 possibili casi. Dopo questo primo screening si è quindi passati agli esami di sequenziamento del virus, più approfonditi e che possono richiedere fino a 48 ore per ogni batteria di campioni: il risultato finale è stato di 57 casi confermati come variante VOC202012/01, questo il nome scientifico della variante inglese: 22 a Bologna, 4 a Ferrara, 13 a Modena, 8 a Parma, 3 a Reggio Emilia e 7 in Romagna.

L’indagine, avviata a livello nazionale su mandato dell’Istituto Superiore di Sanità, in Emilia-Romagna è stata condotta dall’Unità operativa di microbiologia dell’Ausl della Romagna a Pievesestina di Cesena, diretta dal professor Vittorio Sambri, e dal Laboratorio di analisi del rischio ed epidemiologia genomica della sezione di Parma dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna, sotto la guida del dottor Stefano Pongolini; il tutto, in collaborazione con la Regione – servizio Prevenzione collettiva e sanità pubblica – e i Dipartimenti di Sanità pubblica delle Aziende sanitarie territoriali. I tamponi positivi selezionati per l’analisi in Emilia-Romagna appartengono ad altrettanti cittadini scelti a caso ma in modo proporzionale rispetto al numero di abitanti delle singole province, fra i positivi individuati nei giorni 4 e 5 febbraio

“Siamo di fronte a risultati rassicuranti: siamo in grado con assoluta certezza di identificare la variante inglese con i metodi diagnostici, abbiamo tutte le evidenze scientifiche che sia controllabile con gli anticorpi del vaccino- spiega il professor Sambri-, e non ci sono dati incontrovertibili sulla sua maggiore trasmissibilità, anche se per ora appare probabile. In totale accordo con i colleghi dell’Istituto zooprofilattico di Parma e il dottor Pongolini, tutti i nostri sforzi in questo tipo di indagini sono mirati alla ricerca di nuove eventuali varianti: solo così facendo potremo essere tempestivi e fare tutto il necessario per individuarne e contenerne la diffusione”.

“Questi numeri ci ricordano ancora una volta due cose- dichiara l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. La prima è che la lotta contro il Coronavirus non è ancora finita, e che è fondamentale quindi non abbassare la guardia e continuare a mantenere le norme di comportamento necessarie per la sicurezza di tutti, dal distanziamento alla mascherina, in attesa del completamento della campagna vaccinale già avviata, e che oggi è partita anche per i cittadini con 85 e più anni. La seconda è che la nostra sanità è composta di professionisti eccezionali, impegnati senza sosta negli ospedali come nei laboratori di ricerca per garantire la salute di tutti gli emiliano-romagnoli- conclude Donini-: è grazie a loro che stiamo individuando, tracciando e isolando la variante inglese e tutte le altre possibili, effettuando i test su chi rientra dai Paesi a rischio”.

Un secondo studio in atto

E intanto l’attività di prevenzione e isolamento delle possibili varianti da parte della sanità regionale ha segnato un altro passo in avanti: venerdì 12 febbraio è stata effettuata una seconda raccolta di campioni, un totale di 177 casi scelti in modo casuale su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini. La prima analisi, quella molecolare, più rapida ma meno accurata, è già stata effettuata, e sono risultati positivi 85 casi. In attesa degli esami di sequenziamento del virus, applicando la stessa percentuale di conferma dei primi test che è stata dell’86% è possibile quindi stimare 73 campioni positivi alla variante inglese, che equivalgono al 41,3% del totale. Come per la precedente batteria di campioni, solo il sequenziamento del virus potrà indicare con certezza la diffusione della variante inglese

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia-Romagna: 16 febbraio

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia-Romagna: record di tamponi, 34.678, e nuovi positivi in calo, 968 (2,8%). 420 gli asintomatici da screening regionali e attività di contact tracing. 1.449 guariti, diminuiscono i casi attivi (-516)

Oltre il 94% dei casi attivi è in isolamento a casa, senza sintomi o con sintomi lievi. L’età media nei nuovi positivi è di 41,5 anni. 36 i decessi. Online anche il report settimanale sull’andamento del contagio in regione

Bologna – Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 238.074 casi di positività, 968 in più rispetto a ieri, su un totale di 34.678 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è scesa al 2,8%.

Continua intanto la campagna vaccinale anti-Covid, che in questa prima fase riguarda il personale della sanità e delle Cra, compresi i degenti delle residenze per anziani, oltre che gli ultraottantenni in assistenza domiciliare e i loro coniugi, se di 80 o più anni.

Il conteggio progressivo delle somministrazioni effettuate si può seguire in tempo reale sul portale della Regione Emilia-Romagna dedicato all’argomento: https://salute.regione.emilia-romagna.it/vaccino-anti-covid. Con la nuova versione aggiornata è possibile sapere anche quante sono le seconde dosi somministrate.

Alle ore 15 sono state somministrate complessivamente 293.182 dosi, di cuioggi 3.152 oggi, sempre a quell’ora. Sul totale, 127.385 sono seconde dosi, cioè le persone che hanno completato il ciclo vaccinale.

Per quanto riguarda le vaccinazioni degli over 85, le cui prenotazioni sono cominciate ieri, nella giornata di oggi, la prima dedicata a questa fascia di popolazione, ne verranno fatte complessivamente 4.105, così ripartite per ambito territoriale: Piacenza 250, Parma 120, Reggio 700, Modena 560, Bologna 744, Ferrara 288, Imola 89, Romagna 1.354 (di cui Rimini 450; Ravenna 450; Cesena 227; Forlì 227). Dal 1^ marzo sarà possibile effettuare la prenotazione per i nati tra il 1937 e il 1941 (compresi), quindi di coloro che hanno dagli 80 agli 84 anni.

Più in generale, il ritmo di vaccinazione tiene conto delle forniture disponibili al momento e della necessità di mantenere le scorte necessarie alla seconda somministrazione da fare a tre settimane dalla prima, per completare l’immunizzazione e non vanificare tutto.

Prosegue l’attività di controllo e prevenzione: dei nuovi contagiati, 420 sono asintomatici individuati nell’ambito delle attività di contact tracing e screening regionali. Complessivamente, tra i nuovi positivi 276 erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone, 374 sono stati individuati all’interno di focolai già noti.

L’età media dei nuovi positivi di oggi è 41,5 anni.

Sui 420 asintomatici, 244 sono stati individuati grazie all’attività di contact tracing, 45 attraverso i test per le categorie a rischio introdotti dalla Regione, 6 con gli screening sierologici, 4 tramite i test pre-ricovero. Per 121 casi è ancora in corso l’indagine epidemiologica.

La situazione dei contagi nelle province vede Bologna con 250 nuovi casi; poi Modena (194), Rimini (80), Cesena (79), Reggio Emilia (78), Ravenna (67), Parma (58), Ferrara (56), Piacenza (44). Seguono quindi Imola (35) e Forlì (27).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati 21.004 tamponi molecolari, per un totale di 3.207.026. A questi si aggiungono anche 284 test sierologici e 13.674 tamponi rapidi.

Per quanto riguarda le persone complessivamente guarite, sono 1.449 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 190.855.

I casi attivi, cioè i malati effettivi, a oggi sono 37.037 (-516 rispetto a ieri). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 34.887 (-526), il 94,2% del totale dei casi attivi.

Purtroppo, si registrano 35 nuovi decessi: 12 in provincia di Bologna (8 uomini di 70, 71, 77, due di 81, uno di 87, 88 e 102 anni, e 4 donne di 68, 90 e due di 93 anni), 7 in provincia di Forlì-Cesena (4 donne di 72, 90, 93 e 95 anni e 3 uomini di 79, 80 e 87 anni),4 inprovincia di Modena (due uomini di 74 e 81 anni e 2 donne di 82 e 93 anni), 3 in provincia di Piacenza ( tre donne di 59, 83 e 88 anni), Reggio Emilia (due uomini di 79 e 81 anni e una donna di 99 anni) e Ferrara (due uomini di 77 e 82 anni e una donna di 93 anni), 2 in provincia di Rimini (un uomo di 90 anni e una donna di 97 anni) e 1 in quella di Parma ( un uomo di 81 anni). Nessun decesso nella provincia di Ravenna.

In totale, dall’inizio dell’epidemia i decessi in regione sono stati 10.182.

I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 175 (+3 rispetto a ieri), 1.975 quelli negli altri reparti Covid (+7).

Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 11 a Piacenza (-1), 9 a Parma (numero invariato rispetto a ieri), 17 a Reggio Emilia (numero invariato rispetto a ieri), 34 a Modena (+1), 52 a Bologna (+1), 11 a Imola (+1), 17 a Ferrara (invariato), 3 a Ravenna (invariato), 2 a Forlì (invariato), 4 a Cesena (+1) e 15 a Rimini (invariato).

Questi i casi di positività sul territorio dall’inizio dell’epidemia, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 19.331 a Piacenza (+44 rispetto a ieri, di cui 9 sintomatici), 16.516 a Parma (+58, di cui 44 sintomatici), 30.873 a Reggio Emilia (+78, di cui 45 sintomatici), 41.770 a Modena (+194, di cui 134 sintomatici), 47.575 a Bologna (+250, di cui 136 sintomatici), 8.030 casi a Imola (+35 di cui 13 sintomatici), 13.928 a Ferrara (+56, di cui 20 sintomatici), 17.819 a Ravenna (+67, di cui 40 sintomatici), 9.087 a Forlì (+27, di cui 20 sintomatici), 10.638 a Cesena (+79, di cui 57 sintomatici) e 22.507 a Rimini (+80, di cui 30 sintomatici).

Il Report settimanale sull’andamento dell’epidemia in Emilia-Romagna è disponibile al link https://bit.ly/3rZXzPn

Buoni spesa al via per l’Unione Terre e Fiumi

Da: Cristina Romagnoli, Comune di Copparo

BUONI SPESA AL VIA PER L’UNIONE TERRE E FIUMI
Le richieste potranno essere presentate fino a venerdì 5 marzo ad Assp

Per i cittadini residenti nel territorio dell’Unione dei Comuni Terre e
Fiumi serviti da Assp è possibile avanzare le domanda di contributo in
buoni spesa per l’acquisto di generi alimentari e di prima necessità
destinati a nuclei familiari in condizioni di contingente indigenza
economica conseguente l’emergenza Covid-19.
Le richieste potranno essere presentate fino alle 12 di venerdì 5 marzo
e dovranno essere compilate e sottoscritte attraverso il modulo
disponibile sul sito dell’Assp www.asspterrefiumi.it e inviate alla mail
buonispesacovid-19@asspterrefiumi.it o consegnate in formato cartaceo
previo appuntamento contattando gli uffici Assp al numero 0532 871610,
dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12.
Potrà essere presentata una sola richiesta per ciascun nucleo familiare.
I buoni saranno quantificati per famiglia composta da un componente in
100 euro, 200 euro per due componenti, 300 per tre, 400 per quattro, 500
per 5 e 600 per 6 componenti e saranno spendibili entro e non oltre 30
aprile 2021. I buoni saranno erogati e nuclei familiari più esposti agli
effetti economici derivanti dall’ emergenza epidemiologica, ma, qualora
le risorse finanziarie lo consentano, potranno essere estesi anche ai
beneficiari di misure di sostegno economico di provenienza pubblica.
Nei giorni successivi alla scadenza il servizio sociale procederà
all’istruttoria delle domande e le famiglie verranno informate
sull’esito attraverso email o sms da parte della società che si occuperà
della gestione dei buoni. I cittadini riceveranno una notifica di
avvenuta registrazione e potranno collegarsi nella propria pagina
personale del sito dedicato attraverso le credenziali ricevute. Con tale
notifica verrà comunicato inoltre il codice pin personale per completare
la registrazione. I beneficiari ammessi a contributo riceveranno sul
proprio telefono cellulare un sms contenente un codice pin da digitare a
conferma della spesa presso il negozio. Per effettuare gli acquisti
negli esercizi commerciali accreditati presso i quali è possibile
spendere i propri buoni spesa è infatti necessario presentare la tessera
sanitaria per il riconoscimento e far visionare il pin. L’utente potrà
verificare dalla propria pagina personale l’importo assegnato, tutti i
movimenti che saranno registrati e l’estratto conto periodico e finale.
Per informazioni Assp tel. 0532 871610, dal lunedì al venerdì dalle 10
alle 12, o mail a buonispesacovid-19@asspterrefiumi.it.

Prime vaccinazioni alla Casa della Salute di Copparo

Da: Cristina Romagnoli, Comune di Copparo

PRIME VACCINAZIONI ALLA CASA DELLA SALUTE DI COPPARO
Prenotazioni fino al 28 febbraio per la somministrazione delle prime
dosi a 468 ultraottantacinquenni

Maria, 86 anni di Cologna, Silvio, 88 anni di Tamara, e Gianfranco, 88
anni di Saletta, sono stati i primi tre vaccinati, nel pomeriggio di
martedì 16 febbraio, alla Casa della Salute Terre e Fiumi, dove il punto
prelievi è stato organizzato per l’occasione con la definizione di
un’area prevaccino e di attesa una postvaccino.
Le operazioni si sono svolte con estrema regolarità e nel rispetto del
ruolino di marcia programmato, che prevede la vaccinazione 36 persone al
giorno, sette giorni su sette, fino al 28 febbraio. A quella data
saranno somministrati le prime dosi a 468 ultraottantacinquenni.
«Desidero ringraziare di cuore – ha affermato il sindaco di Copparo
Fabrizio Pagnoni – lo staff sanitario, che sta eseguendo le vaccinazioni
e sta accogliendo i nostri anziani con grande attenzione e cordialità,
Patrizia Conforti, dirigente medico responsabile della Casa della
Salute, e il direttore del Distretto Centro Nord, Annamaria Ferraresi,
per la puntuale organizzazione di questo fase particolarmente importante
per la nostra comunità».

Il Prefetto Michele Campanaro ha salutato il dottor Franco Dalle Vacche al termine del mandato di Presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara

Da: Gianni Molinari, Prefettura di Ferrara

Il Prefetto Michele Campanaro ha salutato il dottor Franco Dalle Vacche al termine del mandato di Presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara.

Il Prefetto Michele Campanaro ha ricevuto a Palazzo don Giulio d’Este la visita di commiato del dottor Franco Dalle Vacche al termine del suo mandato di Presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara.
Il Rappresentante del Governo ha voluto salutare il Presidente Dalle Vacche ricordando il ruolo fondamentale rivestito dal Consorzio, “non solo come punto di riferimento per l’intero comparto agricolo, ma anche nel più vasto contesto istituzionale della provincia, quale primario interlocutore di Enti Locali e articolazioni dello Stato nello sviluppo di una strategia sempre più coordinata e condivisa per potenziare l’efficacia del sistema di difesa del suolo e pianificare ed attuare politiche territoriali puntuali in materia di rischio idraulico”.
Il Prefetto Campanaro ha, quindi, ringraziato il dottor Dalle Vacche per l’impegno e la competenza messa al servizio dell’intera comunità ferrarese durante il decennale mandato al vertice del Consorzio, “certo che le sinergie e la collaborazioni interistituzionali maturate in questi anni costituiranno il tratto distintivo dell’Ente consortile anche negli anni a venire”.

Coronavirus. Al via oggi in tutta l’Emilia-Romagna le vaccinazioni ai cittadini dagli 85 anni in su

Coronavirus. Al via oggi in tutta l’Emilia-Romagna le vaccinazioni ai cittadini dagli 85 anni in su. Dopo il boom di ieri, proseguono le prenotazioni: sfiorata quota 74mila. L’assessore Donini: “Un giorno di grande speranza. Risposta pronta e diffusa su tutto il territorio”

Al via la campagna vaccinale sui ‘grandi anziani’, da Piacenza a Rimini. Per prenotarsi, necessari solo i dati anagrafici o il codice fiscale. È possibile farlo per telefono, in farmacia, nei punti Cup, sul web. Dall’1 marzo potranno prenotarsi i cittadini dagli 80 agli 84 anni

Bologna – Al via oggi in tutta l’Emilia-Romagna le vaccinazioni ai cittadini dagli 85 anni in su. Mentre proseguono a ritmo sostenuto, dopo il boom di richieste registrato ieri, le prenotazioni: in mattinata si è quasi raggiunta quota 74mila (73.829), da Piacenza a Rimini. Ciò significa che oltre il 40% delle 178.000 persone appartenenti a questa fascia di popolazione ha già prenotato, in un solo giorno e mezzo, il vaccino contro il Covid-19.

“Un giorno di grande speranza, che porta una nota positiva nel contesto, purtroppo ancora critico, dell’andamento dei contagi- commenta l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. Dopo le vaccinazioni a coloro che sono stati più esposti al rischio durante la pandemia, cioè il personale sanitario e delle Cra, insieme ai degenti delle strutture per anziani, iniziamo a mettere in sicurezza un’altra fascia vulnerabile della nostra popolazione: le persone più avanti con gli anni. Grazie all’organizzazione messa a punto con le Aziende sanitarie, sia sul fronte delle prenotazioni che su quello delle vaccinazioni, tutto sta procedendo, e fra quindici giorni partiremo anche con il vaccino per le persone tra gli 80 e gli 84 anni”.

“Voglio davvero ringraziare- aggiunge Donini- tutti coloro che hanno deciso e decideranno di vaccinarsi, e i numeri confermano che sono già tanti: la risposta è stata veloce e diffusa su tutto il territorio, e le prenotazioni naturalmente proseguono. Tutti potranno vaccinarsi, e ci auguriamo che tutti lo facciano”.

Rispetto ai territori, sul numero complessivo di 73.829 prenotazioni, 21.800 sono state effettuate a Bologna, 2.652 a Imola, 3.820 a Piacenza, 6463 a Parma, 6.731 a Reggio Emilia, 11.518 a Modena, 6.399 a Ferrara; per la Romagna: 3.001 a Cesena, Forlì 2.383, Ravenna 5.415, Rimini 3.647.

 

Come si può prenotare

È possibile prenotare con i consueti canali, dunque recandosi agli sportelli dei Centri Unici di Prenotazione (Cup), o nelle farmacie che effettuano prenotazioni Cup; online attraverso il Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse), l’App ER Salute, il CupWeb; oppure telefonando ai numeri previsti nella Usl di appartenenza per la prenotazione telefonica.

Tutte le informazioni sulle modalità di prenotazione sono comunque consultabili a questo link: http://vaccinocovid.regione.emilia-romagna.it/

Per prenotarsi non serve la prescrizione medica: bastano i dati anagrafici – nome, cognome, data e comune di nascita – o, in alternativa, il codice fiscale.

All’atto della prenotazione, al cittadino vengono comunicati la data, il luogo dove recarsi e tutte le ulteriori informazioni necessarie.

Il Meraviglioso Mago di Oz. Psicobiografia di Frank Lyman Baum. Giovedì 18 febbraio torna Anatomie della mente

Da: Ufficio Stampa Unife

 

 

Il Meraviglioso Mago di Oz. Psicobiografia di Frank Lyman Baum

Giovedì 18 febbraio torna “Anatomie della mente – Conferenze dei Giovedì di Psicologia”

E’ dedicato al Mago di Oz e alla psicobiografia di Frank Lyman Baum il primo appuntamento della nuova edizione del ciclo “Anatomie della menteConferenze dei Giovedì di Psicologia – Anno XIV”, a cura del Prof. Stefano Caracciolo, Ordinario di Psicologia Clinica dell’Università di Ferrara.

La prima conferenza, in programma giovedì 18 febbraio 2021 alle ore 17 in diretta sul canale YouTube della Biblioteca Comunale Ariostea, fa parte dell’ormai storico ciclo di incontri della Biblioteca Ariostea, realizzato in collaborazione con la Sezione di Neurologia, Psichiatria e Psicologia Clinica della Facoltà di Medicina, Farmacia e Prevenzione di Unife.

Anche quest’anno Anatomie della Mente si propone di esplorare paesaggi straordinari come la storia, la follia, la musica, la malattia, l’anima, il cinema, la poesia, la morte e la vita attraverso la lente della Psicologia, moderno strumento di lettura di una società sempre più indecifrabile. Sei nuove tappe di un percorso di viaggio colmo di psicologia e di altre storie.

“In questo appuntamento – afferma il Prof. Stefano Caracciolo – ci occuperemo di un autore che ha lasciato una traccia indelebile nella letteratura per l’infanzia (e non solo), Frank Lyman Baum. I personaggi de “Il Mago di Oz”, il suo capolavoro, sono entrati nell’immaginario collettivo e sono stati ripresi e tradotti in infinite occasioni, cinema, teatro, musica, fumetti… Chi non ricorda Dorothy, il taglialegna di latta, il leone codardo o lo spaventapasseri? Alcuni critici diedero al libro un’interpretazione politica, come allegoria o metafora degli eventi politici, economici e sociali dell’America di fine Ottocento, altri rimproverarono a Baum alcune prese di posizione di stampo razzista nella rappresentazione degli afroamericani. Un autore controverso che analizzeremo attraverso un’approfondita analisi psicobiografica”.

Fino al termine della situazione emergenziale tutti gli incontri si svolgeranno in diretta video nell’orario indicato sul canale Youtube della Biblioteca Comunale Ariostea.

Territorio. Palazzi comunali, palestre e un centro polifunzionale più sicuri contro il sisma

Territorio. Palazzi comunali, palestre e un centro polifunzionale più sicuri contro il sisma. La Regione investe quasi 10 milioni di euro in otto province dell’Emilia-Romagna per 15 edifici pubblici di carattere strategico e rilevante interesse per finalità di protezione civile

Il presidente Bonaccini e l’assessore Priolo: “La sicurezza è una priorità dell’Emilia-Romagna e le risorse in arrivo ne sono la dimostrazione. Lavoreremo al fianco degli enti locali per far partire al più presto i cantieri”. Pubblicata la graduatoria del bando aperto ad ottobre, i fondi utilizzati come sedi di protezione civile o per dare assistenza alla popolazione in caso di emergenza

Bologna – Edifici pubblici più sicuri contro il sisma da utilizzare come sedi di protezione civile o per dare assistenza a riparo alla popolazione in caso di calamità naturali. Sono 15 gli immobili che riceveranno complessivamente dalla Regione quasi 10 milioni di euro per il rafforzamento strutturale e la riduzione del rischio sismico.

Si tratta di 11 municipi, due palestre e un centro polifunzionale di carattere strategico e rilevante interesse per finalità di protezione civileche si trovano in otto province dell’Emilia-Romagna.

“La riduzione del rischio è al centro della strategia regionale ed i finanziamenti aggiudicati ne sono la dimostrazione- commentano il presidente Stefano Bonaccini e l’assessore regionale alla Protezione civile, Irene Priolo-. Nei giorni scorsi si è chiusa la graduatoria del bando lanciato ad ottobre, che permette di riassegnare oltre 9 milioni 700 mila euro frutto di economie, ossia risparmi, di precedenti interventi”.

Risorse attribuite alla Regione Emilia-Romagna dal Governo, attraverso il Dipartimento nazionale della Protezione civile, nell’ambito del Piano settennale per la riduzione del rischio sismico e che ora possono essere destinate alla realizzazione di nuovi interventi.

“Vogliamo utilizzare tutti i fondi disponibili senza perdere nemmeno un euro- proseguono Bonaccini e Priolo-, perché la sicurezza è prioritaria per la qualità della vita di un territorio, a maggior ragione in una terra già messa duramente alla prova dal sisma del 2012. Nei prossimi mesi la Regione continuerà a lavorare al fianco degli enti locali destinatari dei contributi, verificando i progetti e rilasciando le autorizzazioni sismiche necessarie”.

“L’obiettivo condiviso con gli enti locali- chiudono presidente e assessore- è far partire al più presto i cantieri”.

 

Le opere finanziate

È il territorio ferrarese ad aggiudicarsi la fetta più consistente dei quasi 10 milioni di euro messi a disposizione dalla Giunta Bonaccini per il rafforzamento o il miglioramento sismico di edifici strategici ai fini di protezione civile. Sono due le opere finanziate, per un totale di oltre 2 milioni 400 mila euro: si tratta del Centro polifunzionale di Fiscaglia (oltre 1,73 milioni) e del Palazzetto del tennis di Copparo (700 mila euro), entrambi interessati da opere di miglioramento sismico.

Alla provincia di Modena sono destinati complessivamente 1 milione 312 mila euro per il miglioramento dei palazzi comunali di Sestola (645 mila euro) e di Palagano (667 mila euro).

Sempre sui municipi verrà investito oltre 1 milione 600 mila euro nel forlivese-cesenate, in particolare sulle sedi di Dovadola – dove si interverrà con opere di demolizione e ricostruzione per 1 milione 331 mila euro – e Modigliana, con lavori di rafforzamento locale per 270 mila euro.

Al territorio parmense andranno in tutto più di 1 milione 300 mila euro per 4 sedi comunali: il cantiere più consistente è quello che interesserà il miglioramento sismico del municipio di Collecchio (481 mila 900 euro), seguito da quelli di Pellegrino Parmense (435.200) e dalla sede distaccata di Montechiarugolo (278.096). Ammontano, infine, a 126 mila 250 euro le risorse assegnate per il rafforzamento locale del comune di Traversetolo.

Nel bolognese, a Borgo Tossignano, si effettuerà la ricostruzione della sede comunale con 1 milione 248 mila euro.

E ancora: è di 680 mila euro il pacchetto di fondi attribuito al ravennate, con 443.704 euro per interventi sul Palazzo municipale di Faenza e oltre 237 mila per quello di Sant’Agata sul Santerno.

Nel piacentino, a Travo, con 651 mila euro sarà possibile la demolizione e ricostruzione del palazzo comunale.

Stesso intervento è previsto per la palestra di Vetto, nel reggiano, con 460 mila euro.

De Angelis al via alla Coppa Bettega

Da: Federico Di Bisceglie – ufficio stampa Promotor Ad Classic

DE ANGELIS AL VIA ALLA COPPA BETTEGA

È una stagione che va a singhiozzo quella del motorsport classico, classico e non solo, ma la voglia di tornare ai nastri di partenza è tanta; lo dimostrano le oltre 140 vetture che saranno al via di quello che è conosciuto come il “MonteCarlo Italiano”. Ci saranno ben tr vincitori del “Monte” vero, Lancia Stratos e Audi Quattro a dare filo da torcere al pilota ferrarese Alex De Angelis, che per l’occasione sarà in coppia con il bravo navigatore mantovano Rudy Briani, giá coequipier di campioni del calibro dell’iridato Miki Biasion e del transalpino Bruno Saby. “Sarà una gara test – afferma De Angelis- ma la voglia di fare bene è tanta; abbiamo molto materiale nuovo da testare e questa è una ottima occasione per fare chilometri sulla neve, di giorno ed in notturna. La prendiamo con calma, ma staremo concentrati per poter far bene”. La gara che partirà da Bassano del Grappa sabato in mattinata, si concluderà a San Martino di Castrozza nella notte dopo aver percorso per quasi 400 chilometri, 10 passi alpini lungo le prove speciali che hanno fatto la storia del rallysmo nazionale, dal Duran al Gobbera passando per il Giau a Cortina d’Ampezzo. Come sempre l’assistenza al driver estense sarà affidata ai fedeli ed infaticabili scudieri della Promotor ed AD Classic di Ferrara.

Il forno Perdonati sostiene i progetti benefici dell’associazione Oltre le Nuvole

Da: Ufficio Stampa ASCOM Ferrara

Il pane delle Nuvole: è la nuova iniziativa benefica sviluppata tra il forno Perdonati, nel centro storico della città estense, e l’associazione Oltre le Nuvole, che si occupa dal 2019, di sostenere i bambini disabili ed in particolare intende strutturare in maniera sempre più significativa il sostegno alle attività della Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’ASL di Ferrara.

In concreto fino al prossimo 6 marzo sarà possibile acquistando nel panificio di via San Romano una determinata tipologia di pane, sfornato ad hoc, devolvere il 50% del suo prezzo per sostenere così i progetti del meritorio sodalizio; in particolare quelli riabilitativi con il supporto di animali domestici (pet therapy) ed ancora una seconda iniziativa che permette virtualmente la visione dall’alto, in volo, come se i piccoli pazienti fossero fisicamente su un drone. Questo sarà possibile attraverso l’uso di particolari visori connessi alle stesse telecamere volanti.
“Progetti di sostegno a persone con disabilità che ci sono sembrati interessanti e di cui in questo momento c’è bisogno per sostenere il filo quanto mai indispensabile della solidarietà” concludono Raffaella Perdonati ed il padre Sergio, decano dell’arte bianca e presidente provinciale dei Panificatori Ascom Confcommercio.

Nutrie in località Bova. Bergamini (Lega ER) e Guerzoni (Ferrara Cambia) chiedono un immediata verifica della situazione alle autorità competenti

Da: Fabio Bergamini

SITUAZIONE INSOSTENIBILE IN LOCALITA’ BOVA

FABIO BERGAMINI (LEGA ER) E MASSIMILIANO GUERZONI (FERRARA CAMBIA): «CHIEDIAMO UN’IMMEDIATA VERIFICA DELLA SITUAZIONE ALLE AUTORITA’ COMPETENTI. NON PUO’ ESSERE COMPITO DEI CITTADINI OCCUPARSI DEI DANNI PROVOCATI DALLE NUTRIE».

FERRARA, 16 FEB. La storia della convivenza difficili con le nutrie non è limitata soltanto ai campi del Mezzano o ai territori che sorgono a ridosso di sponde di canali irrigui. L’allarme-nutrie riguarda ormai l’intero territorio. Compreso il tratto arginale del Po di Primaro, in località Bova. Il consigliere regionale della Lega, Fabio Bergamini, si è recato nei giorni scorsi sul posto, per un sopralluogo, proseguendo in tal senso la sua battaglia, che si sposterà a breve in Assemblea legislativa, dove le iniziative che prenderanno corpo nelle prossime settimane sono orientate ad un piano straordinario di contenimento della nutria, ma non solo. Un tema che sta seguendo da vicino anche il consigliere comunale Massimiliano Guerzoni (Ferrara Cambia) «Abbiamo toccato con mano diverse realtà, dal Mezzano all’Alto Ferrarese, e lo scenario non è dissimile: danni alle proprietà private, rischio idraulico dovuto alle tane scavate delle nutrie nelle sponde arginali. I cittadini sono esasperati e la Regione ancora tergiversa rispetto alla necessità di un piano d’azione straordinario di contenimento della diffusione della nutria», osservano Bergamini e Guerzoni. Un cittadino residente in località Bova ha illustrato a Bergamini una situazione divenuta ormai insostenibile: «Abito qui da molto tempo – racconta – e la situazione dovuta alla presenza delle nutrie si è aggravata di anno in anno: alle buche scavate da questi animali, ormai disseminate ovunque, si è aggiunta anche l’erosione della mia proprietà». Il Po di Primaro scorre lentamente, in quel tratto, costeggiando via Bova e via del Vescovo, su di un versante, e strada del Po di Primano e la Sp 65, dall’altra sponda. «Non so quanto possano essere pericolosi i danni provocati dalle nutrie. In alcuni tratti – dice il residente – vi sono crepe sulla sponda arginale ben visibili, anche in punti in cui le acque scorrono molto vicino alla strada. Anni fa, la sponda cedette e fu ripristinata, ora non saprei dire se i danni provocati dalle nutrie sono gravi al punto da creare un’emergenza idraulica. Certamente, chi vive qui non è sereno e deve fare i conti con gravi danni provocati alla sua proprietà». «E’ opportuno che gli organi competenti e le autorità di bacino intervengano – dicono Bergamini e Guerzoni – per verificare le arginature e scongiurare eventuali rischi per le proprietà dei cittadini, costretti loro malgrado a vivere a contatto con la perdurante emergenza provocata dalle nutrie».

DELTA PO: Ottenuta la Carta Europea del Turismo Sostenibile

 

Da: Ufficio Stampa Biosfera Delta Po

DELTA PO: Ottenuta la Carta Europea del Turismo Sostenibile

Di cosa si tratta? E quali opportunità offre al territorio? Il 18 febbraio un convegno online per presentare il riconoscimento ottenuto dalla Riserva della Biosfera e dai Parchi Regionali del Delta del Po
Comacchio, 16 febbraio 2021.
A gennaio 2021 la Riserva della Biosfera e i due Parchi Regionali del Delta del Po hanno ottenuto la Carta Europa del Turismo Sostenibile (CETS), importante riconoscimento che EUROPARC (Associazione europea delle aree protette) conferisce ai territori maggiormente impegnati per ridurre gli impatti ambientali connessi al turismo e perseguire lo sviluppo sostenibile.
Per presentare nel dettaglio le opportunità che questo riconoscimento può offrire agli operatori economici ed alle comunità del Delta del Po, il Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna, organizza un webinar giovedì 18 febbraio 2021 dalle ore 10.00 alle 12.30.
A sottolineare l’importanza di questo riconoscimento, ma soprattutto delle azioni concrete che ad esso dovranno seguire, interverranno l’Assessore Regionale Barbara Lori, tra le cui deleghe vi è il governo del sistema regionale delle aree protette, e Giampiero Sammuri Presidente di Federparchi nazionale.

L’incontro è gratuito e aperto a tutti, ma è necessaria la registrazione online

Programma
L’incontro è così strutturato:

-Saluti istituzionali
Diego Viviani – Presidente Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna

-Le aree protette dell’Emilia Romagna, driver di sviluppo sostenibile
Barbara Lori – Assessore alla montagna, aree interne, programmazione territoriale, pari opportunità.

-Che cosa è la CETS: sfide e opportunità
Giampiero Sammuri – Presidente Federparchi

-Le principali tappe del riconoscimento CETS della Riserva della Biosfera Delta del Po e dei due Parchi Regionali
Maria Pia Pagliarusco – Direttrice Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna

-Il Piano d’Azione CETS Delta Po e gli sviluppi del processo
Filippo Lenzerini – Punto 3 srl

-La Banca Progetti della CETS Delta Po: alcune testimonianze
Giulia Cillani – Assessore Comune di Argenta con delega a Turismo e Ente Parco, Politiche Giovanili, Sport, Progettazione Europea e Politiche Educative
Massimo Medri – Sindaco Comune di Cervia con delega a Turismo, Sicurezza e Legalità, Politiche ambientali, Progetti speciali, Politiche comunitarie
Maira Passarella – Presidente CADF S.p.A.
Andrea Quadrifoglio – Direttore Cooperativa Atlantide

 

Cos’è la Carta Europea del Turismo Sostenibile (CETS)
La CETS è uno strumento di gestione per le aree protette che ha come elemento centrale e imprescindibile la collaborazione tra tutte le parti interessate al fine di sviluppare un turismo sostenibile sul territorio. La Carta Europea del Turismo Sostenibile è un riconoscimento che viene assegnato da EUROPARC Federation attraverso un processo indipendente di verifica e rappresenta un concreto strumento di gestione per le aree protette, avendo come elemento centrale ed imprescindibile la collaborazione tra tutte le parti interessate al fine di sviluppare una strategia di turismo sostenibile comune e un piano d’azione definiti sulla base di un percorso partecipato e un’approfondita analisi della situazione locale.
Strategia e Piano d’Azione sono una “guida” per le successive fasi, che potranno vedere, nel futuro, anche i singoli operatori turistici del Delta del Po protagonisti di accordi bilaterali con i Parchi e proporsi sul mercato internazionale quali soggetti certificati CETS ovvero garanzia di offerte innovative e sostenibili.

Il percorso di candidatura del Delta Po
Nel corso del 2019 i due Parchi regionali del Delta del Po hanno strettamente collaborato, con il supporto tecnico di Federparchi, nella stesura della candidatura alla Carta Europea del Turismo Sostenibile. La candidatura è stata sostenuta da un processo di condivisione e dialogo con gli stakeholder del territorio (Enti Locali, imprese, associazioni) per la definizione di una Strategia e di un Piano d’azione per lo sviluppo comune del turismo sostenibile nel Delta del Po.
Il percorso di candidatura si è concluso il 9 luglio 2019 presso il Castello di Mesola con la presentazione e approvazione della Strategia e del Piano d’Azione CETS Delta Po, da parte dei due Parchi e tutti gli stakeholder coinvolti.

I prossimi passi
Per il mantenimento nei prossimi anni di questo importante riconoscimento, i Parchi e tutti gli stakeholders del Delta del Po dovranno dare concreta attuazione ai progetti individuati in fase di candidatura, attuando così la strategia di turismo sostenibile, perseguendo la protezione del patrimonio naturale e culturale, riducendo gli impatti ambientali connessi al turismo, apportando benefici socio-economici per le comunità locali, qualificando l’esperienza per i visitatori.

Il Covid frena la tenuta delle imprese femminili ferraresi: a fine 2020 sono 93 (-1,16%) in meno rispetto al 2019

Da: Camera di Commercio Ferrara

Ferri: “La piena parità nel lavoro è un motore di sviluppo, la discriminazione, invece, ne costituisce un freno”
IL COVID FRENA LA TENUTA DELLE IMPRESE FEMMINILI FERRARESI: A FINE 2020 SONO 93 (-1,16%) IN MENO RISPETTO AL 2019
LA PANDEMIA COLPISCE SOPRATTUTTO LE ATTIVITÀ DELLE UNDER 35
-31 imprese a Ferrara, +33 a Goro

La crisi si fa sentire anche sulle imprese femminili ferraresi, frenandone la tenuta che andava avanti da sei anni. A fine 2020, infatti, l’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio registra un calo del -1,16% (quando a livello nazionale è stato dello 0,29%), pari a 93 attività in meno rispetto al 2019. Una perdita ancora contenuta, ma superiore di qualche decimale a quella delle imprese non femminili, trend in controtendenza rispetto al passato.

Nella nostra provincia, le imprese guidate da donne sono 7.926, pari al 23,0% (a fronte del 22,0% dell’Italia e del 20,8% dell’Emilia-Romagna) del totale delle imprese. E sebbene il tessuto produttivo femminile resti comunque mediamente “più giovane” di quello maschile, le aziende guidate da donne con meno di 35 anni riducono la loro incidenza di 778 unità (-29 rispetto al 2019), rappresentando, ora, il 10,9% del totale, mentre nel 2019 erano l’11,2%.

Commercio e attività legate al Turismo scontano i veri danni della pandemia: 36 le imprese femminili in meno rispetto al 2019, mentre si registrano -35 unità nei settori Alloggio e Ristorazione. Diminuiscono, inoltre, le imprese femminili Agricole, (-9 unità) e le attività del gruppo “Altri servizi”, che comprendono quelli alla persona, (-10 imprese). Tengono, seppure a fatica, i comparti Manifatturiero, Noleggio, Agenzie di viaggio, Servizi di supporto alle imprese, Costruzioni e le Attività finanziarie e assicurative. Continua al contrario la crescita di alcuni settori, a partire da quelli a maggior contenuto di conoscenza come le Attività professionali (+11 unità, con una variazione del 6,1%), e le Attività immobiliari (+11, +2,4%), a ritmi superiori a quanto si registra per le imprese non femminili.

A livello comunale, la contrazione più elevata in termini assoluti viene rilevata nel Comune capoluogo (-31), seguito da Argenta, Cento, Codigoro e Copparo, che insieme perdono 87 imprese. Si registrano, invece, variazioni positive a Goro (+33 unità rispetto al 2019), a Lagosanto, a Mesola e a Bondeno.

“La piena parità nel lavoro è un motore di sviluppo, la discriminazione, invece, ne costituisce un freno”. Così Gisella Ferri, presidente del Comitato imprenditoria femminile della Camera di commercio, che ha aggiunto: “Mi auguro che sempre più si rafforzi la presenza delle donne nelle istituzioni, nelle imprese, nelle università, nelle associazioni, nei partiti, nei sindacati, contribuendo a superare vecchie barriere culturali che non hanno più ragione di essere. L’idea stessa di libertà è diventata più grande grazie all’irrompere della novità femminile, ma guai a dimenticarsi di chi resta indietro o viene escluso. Non è vera libertà piena quando una conquista è pagata con l’esclusione di altri, non è libertà se, a parità di mansioni, il salario della lavoratrice è inferiore a quello di un lavoratore. Una questione – ha concluso Gisella Ferri – a cui l’intera società è chiamata a dare una risposta all’altezza della libertà e della dignità che la nostra Costituzione ci ha fatto raggiungere”.

La Cooperativa Ferrarese COPMA festeggia i 50 anni di attività

 

Di: Ufficio stampa COPMA Ferrara

Realizzato un nuovo logo e programmate una serie di iniziative sul territorio ferrarese 

logo copma

Ferrara, 16 febbraio 2021. Copma, cooperativa ferrarese leader nel campo della sanificazione, festeggia quest’anno mezzo secolo di attività. Per l’occasione  ha ideato un nuovo logo celebrativo che accompagnerà tutte le comunicazioni dell’azienda per l’intero anno ed ha progettato una serie di iniziative ci carattere sociale e culturale a beneficio della collettività ed eventi sul territorio con l’obiettivo di coinvolgere anche le comunità locali ed informarle della storia, delle attività e delle novità dell’azienda.
Il logo ricorda, esalta e sintetizza il lavoro di 50 anni ed evidenzia i valori di fondo che caratterizzano e contraddistinguono la cooperativa: i colori sociali, la mission, la rilevanza della ricorrenza, l’attenzione all’ampio concetto di igiene e di cultura dell’ambiente; il 50 emerge, quasi a rivendicare non un punto di arrivo bensì un traguardo di eccellenza. Una tappa di un percorso che guarda al futuro con fiducia e lungimiranza mantenendo fermi i valori di cooperazione, solidarietà ed appartenenza.
Nata a Ferrara nel 1971 come cooperativa orientata alla fornitura di servizi a società e aziende pubbliche e private, nel corso della sua storia Copma si è affermata come una delle principali realtà sul territorio emiliano e tra i leader nazionali nel campo delle pulizie e della sanificazione di ambienti in grandi comunità, occupandosi anche di manutenzione, progettazione e realizzazione di aree verdi, disinfestazione, pulizia e sanificazione di impianti per il trattamento dell’aria. L’azienda oggi impiega in Italia circa 1500 dipendenti, di cui l’83% donne sull’intero territorio nazionale.
“Con il 2021 – Dichiara Silvia Grandi, Presidente di Copma –  festeggiamo 50 anni di storia, lavoro, affermazione sociale e produttiva nell’ambito dei servizi di pulizia e sanificazione delle grandi comunità ospedaliere, sanitarie e civili. Abbiamo voluto realizzare un nuovo logo e daremo vita ad una intensa campagna di comunicazione per evidenziare i valori di fondo che caratterizzano e contraddistinguono la nostra cooperativa”
Negli anni Copma è cresciuta anche come Gruppo attraverso società controllate e partecipate con un fatturato complessivo pari ad € 67.335.000 tra queste Niagara srl nei settori di trattamento reflui industriali, Nuova Sportiva nella realizzazione e gestione di impianti natatori, Quisisana srl nella diagnostica e cura in ambito sanitario.
“Nonostante la dimensione nazionale e la presenza della nostra società in alcuni dei più importanti presidi ospedalieri italiani, la nostra è una realtà da sempre radicata sul territorio – Aggiunge Silvia Grandi – Quest’anno vogliamo festeggiare i nostri 50 anni ma soprattutto le nostre persone. Nell’anno appena concluso Copma è stata coinvolta in prima linea, accanto ai medici e agli infermieri, con le sue attività di sanificazione in molti ospedali e strutture sanitarie, sostenendo con la propria attività lo sforzo del Paese nel fronteggiare la pandemia. Il Personale di Copma si è trovato a gestire, ai vari livelli di responsabilità, situazioni molto difficili dal punto di vista organizzativo, operativo ed anche e soprattutto umano. E le nostre persone, possiamo dirlo senza alcuna retorica, hanno retto degnamente la prova. A loro va tutta la nostra gratitudine”.

IL MAESTRO E IL GIOVANE ESORDIENTE
La corrispondenza tra Leonardo Sciascia e Vincenzo Consolo

 

Di Rosalba Galvagno

Con una lettera d’accompagnamento datata Sant’Agata Militello 6 dicembre 1963, Vincenzo Consolo inviava a Leonardo Sciascia il suo primo romanzo La ferita dell’aprile. Viene così inaugurata una corrispondenza che si chiuderà il 21 aprile 1988 con una lunga lettera, sempre di Consolo, inviata questa volta all’amico Sciascia da Milano. Con la sua prima missiva lo scrittore esordiente desidera sottoporre alla lettura del «Conterraneo», il suo romanzo fresco di stampa: “Egregio signor Sciascia, mi permetto inviarle il mio libro La ferita dell’aprile. Ho chiesto il Suo indirizzo alla redazione de L’Ora di Palermo per compiere questo gesto che è dettato da due motivi: riconoscenza per la parte che hanno avuto i Suoi libri nella mia formazione e desiderio d’essere letto dal Conterraneo. Spero che questo primo contatto possa dare inizio a futuri colloqui. La ringrazio intanto per l’attenzione che vorrà prestarmi e Le porgo molti cordiali saluti.”

Sciascia reagisce a questa sollecitazione con tempestività, il 12 dicembre 1963, rispondendo con parole di stima nei confronti del romanzo. Il grande scrittore di Racalmuto fa sapere al suo giovane ammiratore di aver letto il testo con molta attenzione, in più chiede alcuni «ragguagli», riguardanti specialmente la lingua utilizzata, con l’intenzione di scriverne presto una recensione.
È così che, in breve tempo, si instaura un’autentica e reciproca curiosità tra i due autori siciliani. Il più anziano, nello stesso tempo in cui invita il più giovane a presentarsi ai premi letterari di cui egli è giurato, non disdegna di apprezzarne il giudizio sulle proprie opere, come ad esempio sul recente Morte dell’inquisitore, un “libretto ora uscito (che è propriamente un libretto, ma mi è costato molto lavoro)” (Caltanissetta, 18 marzo 1964). Consolo si mostra sempre attento e sensibile ai suggerimenti dello scrittore agrigentino e ricambia l’interesse capitale che quest’ultimo nutriva per il tema dell’Inquisizione e particolarmente per la vicenda storica dell’Inquisizione in Sicilia. Lo stesso che gli fece scoprire e notevolmente apprezzare un personaggio come il racalmutese Diego La Matina, una “gigantesca figura” sulla quale Sciascia tornerà a più riprese, specialmente dopo aver letto e riletto il romanzo di Luigi Natoli, come scriverà in un bel saggio del 1967.

Sciascia, quindi, già all’inizio di questa frequentazione epistolare, propone a Consolo di presentarsi al premio Soverato con La ferita dell’aprile, appena pubblicato nella collana mondadoriana “Il Tornasole” diretta da Niccolò Gallo e Vittorio Sereni. Ma un curioso destino escluderà il giovane scrittore dalla vittoria sia di questo che di altri premi letterari cui l’amico scrittore, da giurato, lo invitava a partecipare. Caduta l’iniziale barriera formale ben presto  ̶  già a partire dalle missive risalenti al 1964, i due corrispondenti abbandonano la terza persona per la seconda  ̶  , subentra in queste lettere una confidenza diretta e spontanea, che non censura i problemi di salute o quelli legati alla famiglia e soprattutto al proprio lavoro. Insomma, la corrispondenza, in un primo momento prevalentemente letteraria, si fa anche biografia del quotidiano, come quando ad esempio Sciascia accenna ripetutamente all’acquisto e al pagamento di una certa quantità di olio, per sé e anche per l’amico Emilio Greco, dal fratello di Consolo, o alla noia che lo opprime, o ancora ai propri acciacchi fisici, o a certi obblighi familiari che si intrecciano con quelli del lavoro.

Naturalmente non poteva mancare in questo carteggio la presenza di Lucio Piccolo, che viene nominato per la prima volta da Sciascia in un post-scriptum della lettera del 15 giugno1965: «Se vedi Lucio Piccolo, salutalo tanto da parte mia». In un racconto che rievoca la prima lettera del nostro epistolario, Consolo ricorda i due scrittori, «due archetipi per me», proprio da lui fatti incontrare: «Leonardo Sciascia […] a cui avevo mandato il libro con una lettera, mi rispose chiedendomi delucidazioni sulle particolarità linguistiche della mia scrittura, e invitandomi insieme ad andare a trovarlo a Caltanissetta, dove allora abitava. Così feci. E dopo, di tempo in tempo, cominciai a frequentare, oltre Piccolo, anche Sciascia. Mi diceva Piccolo, quando gli comunicavo che sarei andato a Caltanissetta, «Mi saluti il caro Sciascia». E Sciascia, a sua volta, quando mi congedavo da lui, «Salutami Piccolo». Così, alla fine, feci in modo di far incontrare il poeta e lo scrittore, così antitetici, così lontani l’uno dall’altro: due archetipi per me, due cifre letterarie che ho cercato, nella mia scrittura, di far conciliare. L’incontro avvenne una domenica, la domenica in cui per la prima volta si celebrava nelle chiese la messa in italiano. […]. Sciascia rimase affascinato dal personaggio e ne scrisse dopo, in Carte segrete e ne la Corda pazza. Scrisse: “Tutto quello che Piccolo dice è di un’acutezza che sempre, sia che giunga a verità semplici sia che attinga al paradossale, sorprende e incanta. È uno che sottilmente conosce l’arte del conversare; i giudizi, gli aneddoti, i calembours, gli epigrammi, le citazioni scorrono nella sua conversazione con limpida e incantevole fluidità”».

Oltre all’interesse letterario e storico per la Sicilia dei secoli XVII, XVIII e XIX Consolo e Sciascia dichiarano anche di condividere l’amore per Parigi, un mito incrollabile, com’è noto, per molti aristocratici e intellettuali siciliani a partire già dal Settecento, e che scandisce a più riprese, tra il 1976 e il 1988, questa corrispondenza. Sciascia intitolerà Parigi un singolare saggio autobiografico e storico-letterario al contempo, nel quale colpisce la scoperta di Parigi fatta attraverso la Sicilia, come se Parigi gli avesse consentito di riscoprire una certa immagine dell’isola.

Tra queste lettere sui «luoghi dell’anima», c’è anche quella in cui Sciascia nomina La Noce, la contrada di campagna dove egli soleva trascorrere le sue vacanze estive e amava ospitare gli amici, che è stata immortalata in alcuni celebri scatti degli amici fotografi Ferdinando Scianna e Giuseppe Leone.

Tra il fitto scambio di libri, di articoli e di recensioni, preme infine segnalare il ripetuto riferimento di Sciascia alla bella, e oggi un po’ dimenticata, antologia dei Narratori di Sicilia, nella quale, accanto ai testi dei più significativi scrittori siciliani, appare il racconto di Consolo Per un po’ d’erba al limite del feudo che Sciascia gli aveva caldamente richiesto.

Numerose altre curiosità letterarie e aneddoti biografici riserva naturalmente la lettura integrale di questo prezioso carteggio, che condensa la vita e il lavoro di poco meno di un trentennio di due fra i più grandi scrittori del Novecento, offrendo uno spaccato singolare del contesto non soltanto letterario ma più profondamente antropologico dei due corrispondenti, un contesto da un lato fortemente radicato nell’arcaismo della cultura siciliana, dall’altro incredibilmente aperto all’Europa (alla modernità). Ma questo apparente, fecondo e affascinante contrasto costituisce, com’è noto, l’originalissima cifra della grande letteratura siciliana classica.

Note
Rosalba Galvagno ha insegnato Letterature comparate e Teoria della letteratura all’Università di Catania.
Il testo per Ferraraitalia ripropone parzialmente l’Introduzione di Essere o no scrittore: Lettere 1963-1988. Libro di Leonardo Sciascia e Vincenzo Consolo , a cura di Rosalba Galvagno, Milano, Archinto, 2019

Sulla figura e l’opera di Leonardo Sciascia leggi su Ferraraitalia:
Sergio Reyes, UN ILLUMINISTA IN SICILIA : Attualità di Leonardo Sciascia a 100 anni dalla nascita [Qui]
Giuseppe Traina, DENTRO IL GIALLO : I personaggi di Sciascia e Simenon davanti al potere [Qui]
Roberta Barbieri, RICORDANDO SCIASCIA : Una storia semplice [Qui] 

In copertina: Leonardo Sciascia con Vincenzo Consolo a Racalmuto, contrada La Noce, 1984 –  Foto di Giuseppe Leone (su licenza dell’autore)

La Voce Degli Alberi: ancora mutilazioni a danno di alberi giovani

Da: La Voce Degli Alberi

Dopo aver documentato le potature drastiche e gli abbattimenti precoci dei pioppi cipressini di via Belvedere, a poca distanza di tempo e di spazio siamo costretti a documentare altri tagli massivi a danno dei giovanissimi platani di Piazza Ariostea, che affacciano su Corso Porta Mare e che sono stati piantati appena un anno fa.
Gli alberi avevano appena inziato ad attecchire e sono stati privati di oltre il 50% della futura chioma verde, a breve distanza dalla ripresa vegetativa delle piante, quando le Best Practices suggeriscono di asportarne al massimo il 30%.
Questi interventi “dalla mano pesante” causano un indebolimento della pianta e minano la sua struttura, oltre che la sua bellezza e funzione ossigenante. Ben poche persone potranno ripararsi dalla calura sotto l’ombra di questi nuovi platani, con le chiome così ridotte all’osso.
Questi interventi risultano ancora molto distanti dalle cosiddette potature di formazione, solitamente effettuate appena piantati gli alberi, per eliminare le problematiche strutturali che possono avere le piante provenienti dai vivai e per conferirgli una struttura più corretta ed armoniosa. E’ chiaro che l’intervento, così attuato, non abbia rispettato la struttura naturale del platano.
E si sa che realizzare interventi scorretti, quando le piante sono giovani e di recente piantumazione, mina inevitabilmente la vita dell’albero, riducendola, e rendendolo più pericoloso. Come avvenuto ai sopracitati pioppi di via Belvedere, abbattuti a meno di 20 anni dal trapianto a causa di interventi errati, protratti negli anni.
Il Comune, nella persona dell’Assessore Balboni e i dirigenti degli uffici competenti in materia di gestione del verde pubblico, ossia l’Ufficio Verde e Ferrara Tua, si sono dimostrati sensibili nel coinvolgere i rappresentanti delle associazioni ambientali ferraresi per apportare modifiche e migliorie al servizio, ma siamo costretti a lamentare il protrarsi delle solite pratiche, sempre troppo invasive, attuate dalle imprese che direttamente gestiscono il verde. E’ necessario che il servizio migliori in termini di qualità degli interventi, che devono variare considerando le peculiarità di ogni albero, ponderando ogni nuovo impianto in relazione al contesto in cui è inserito e si svilupperà, o continueremo ad assistere a pratiche che non valorizzano il patrimonio arboreo della nostra città, ledendone la bellezza e la vivibilità.

Gli studenti del Montalcini incontrano i volontari ABIO

Da: Prof.ssa Alessandra Ferlini, Addetta Stampa IIS RL Montalcini

Gli studenti del Montalcini incontrano via meet i volontari ABIO di Bologna

Si é svolto in questi giorni in alcune classi dell’indirizzo socio sanitario per l’assistenza sociale del Montalcini di Argenta l’incontro da remoto con i volontari dell’ABIO ( Associazione per il Bambino in Ospedale) di Bologna.

I volontari hanno condiviso con gli studenti la loro esperienza presso l’ospedale Maggiore di Bologna, testimonianza vera e fattiva di impegno civile verso la società, ma soprattutto nei confronti di piccoli malati.

Per aiutare i bambini in ospedale in modo efficace ABIO promuove la realizzazione di ambienti accoglienti e colorati, si impegna per inserire poltrone letto per i genitori, offre kit di accoglienza che contengono le principali informazioni sull’ospedale e materiali per il disegno, Camere, sale gioco, spazi comuni ecc…

L’intervento di ABIO ha avuto l’obiettivo di formare gli studenti alla conoscenza del terzo settore, al mondo del volontariato ed offrire loro un’esperienza di incontro diretto con chi da decenni si occupa di regalare un supporto e un sorriso ai bambini nei reparti di pediatra in un’ottica di solidarietà sociale e di impegno di cittadinanza attivo e collaborativo verso i più bisognosi.

Tantissime le domande degli studenti a testimonianza che gli interventi di esperti esterni smuovono sempre tantissima curiosità e spunti di riflessione.

Insorge la base della Lega di Cento

Da: Sostenitori semplici storici della Lega di Cento

Questo commissariamento che impone una persona che da mesi rincorre solo un proprio fine, ignorando e sbeffeggiando noi iscritti, non ci sta assolutamente bene.

I sostenitori semplici della Lega di Cento, a seguito della scelta di un commissario che non ci rappresenta, non rinnoveranno la tessera Salvini premier 2021.

Vi spieghiamo noi perché hanno fatto questo commissariamento direttamente da Ferrara, perché da diversi mesi aiutiamo Elisabetta e Marco a resistere alle diverse pressioni e angherie di chi vorrebbe azzerare la sezione della lega di Cento per imporre un Toselli candidato che in sezione nessuno vuole se non qualche giovane abbagliato dalle promesse di posti, assessorati, nomine, per un posto di lavoro facile o promesse che contraddistinguono lo stile del mondo politico che si muove in questo modo.

Elisabetta in questi anni ha fatto imprese titaniche: la abbiamo vista portare la Lega da pochissimi iscritti che facevano la tessera quasi per caso, e molti di noi erano tra quelli, a 40 persone attive che negli anni hanno partecipato a tantissime iniziative, alcuni di noi la aiutano e seguono da diversi anni.
Con lei abbiamo festeggiato una Lega che ha toccato il 52% nelle frazioni e il 48% su tutto il comune alle ultime regionali, superando il raddoppio della percentuale in pochi anni.

Abbiamo raccolto più di 5500 firme contro questo sindaco e la sua mala gestione dei rifiuti, seguito il consiglio e capito assieme cosa accadeva e abbiamo sostenuto i nostri consiglieri Marco ed Elisabetta perché ci rappresentassero come cittadini stanchi di questa amministrazione che non sopportiamo più, abbiamo aiutato persone e creato tante belle iniziative.
In questi anni ci aspettavano che il grande lavoro di Elisabetta e Marco fosse premiato.

Vi diciamo noi cosa è successo e cosa temiamo accadrà in questo clima di terrore che vuole azzerare, cacciare ed eliminare chi osa parlare e raccontare, che vorrebbe obbligare Marco ed Elisabetta a passare con Toselli attraverso pressioni e minacce, ma noi non ci stiamo più.

Durante le regionali abbiamo subito le prime angherie, subendo l’appoggio a scadenza di campagna elettorale di Toselli a Borgonzoni, non a caso annunciato a Ferrara: non sapevamo ancora che nascondeva un accordo fatto da Fabbri e Borgonzoni per imporre alla Lega di Cento, una ricandidatura di un Toselli che nessuno vuole.

Abbiano parlato e scritto al commissario regionale della Lega, dopo essere stati ignorati da Fabbri e da Bergamini che è il suo uomo ombra, che ha confermato l’esistenza di questo accordo che ha trovato già fatto al suo arrivo e di fatto si è lavato le mani come Ponzio Pilato.

Ora cercheranno di cacciare quante più persone possibili o di spingerle ad andarsene, per fare come all’interno dei nostri amici di Fratelli di Italia che prima di noi hanno subito questa operazione di azzeramento della base storica e dei loro rappresentanti.

Noi sostenitori saremo sostituiti da qualche ragazzino che non si rende conto o peggio ancora da qualche approfittatore, i militanti saranno cacciati o invitati ad andarsene, ma vogliamo sostenere Elisabetta e Marco che rappresentano tantissimi centesi proprio perché in opposizione, ed è solo grazie a loro che tanti hanno avuto voce, vogliamo che possano resistere alle minacce e alle imposizioni, perché per il bene di Cento noi seguiremo voi se dovessero appoggiare Toselli e vendere il simbolo della lega, perché sappiamo che non vi volete vendere a nessuno.

Ci appelliamo a Salvini per interrompere questa mala gestione provinciale che sfrutta la sua immagine nazionale e le persone che lavorano seriamente sul territorio, per favorire dinamiche personali che ignorano la volontà dei cittadini e cercano di manipolare il consenso in favore di qualche amico personale.

Se questa è la dinamica della politica provinciale, che vuole imporre a Cento le proprie amicizie, se Fabbri per mano di Bergamini cercheranno di rovinare il simbolo della lega dandolo a chi con la lega non ha nulla a che fare, ci impegneremo perché tutti sappiano che questa lega non deve essere votata nel comune di Cento e dove loro sono coinvolti.

A pensar male abbiamo visto due ragazzi, Marco ed Elisabetta, crescere lavorando e impegnandosi per noi centesi, liberi dalle imposizioni dei giochi di potere. A pensar male questa situazione sembra un colpo di mano per eliminare due persone che potrebbero crearsi uno spazio che toglierebbe luce a qualche ferrarese in declino.

Siamo certi che se cosi non è, e abbiamo preso un grande abbaglio, Fabbri interverra’ per ripristinare la nostra capitana Elisabetta e per permetterci di decidere il nostro candidato e magari vincere, ma se queste scelte verranno confermate allora sapete che questa lega non rappresenta Cento e i centesi e dovremmo fare scelte diverse.

Siamo una ventina di sostenitori che vorrebbero essere tutelati, perché il clima che si sta instaurando è a dir poco surreale, ma siamo disponibili a fornire l’elenco dei primi firmatari che in rappresentanza hanno scritto questa lettera appello per nome e per conto di tutti i sostenitori attivi della base della sezione di Cento.

Grazie
La vera Lega di Cento

Dalle “retrovie” delle missioni alla Chiesa tutta missionaria
Uno studio di Miriam Turrini

 

La pubblicazione è del 2017, ma mi è capitata tra le mani solo di recente. È il numero 40 dei Quaderni del Centro di documentazione della parrocchia di Santa Francesca Romana (Cedoc).
Un parroco, don Andrea Zerbini, che da anni pubblica studi di storia della chiesa locale, e non solo, e ha creato una biblioteca di decine di migliaia di titoli di scienze religiose e teologia: semplicemente geniale.
Il quaderno numero 40 s’intitola: Dalle “retrovie” delle missioni alla Chiesa tutta missionaria. Il Centro missionario diocesano di Ferrara-Comacchio (1929-2000), scritto da Miriam Turrini.
Alla storica ferrarese, allieva di Paolo Prodi e docente all’Università di Pavia, va il merito di avere fatto parlare le carte del Centro missionario diocesano come, ritengo, nessun altro avrebbe saputo fare.

Ferrara, Santa Francesca Romana

Un archivio finito nelle mani di don Zerbini, al quale si dovrebbe dire un grazie grande come una casa, per averlo custodito e valorizzato in uno studio che andrebbe prescritto come un farmaco contro la perdita di memoria. Prima o dopo i pasti non importa.
Lo studio è uno spaccato di storia ecclesiale vista dall’angolo di una diocesi, che attraversa sei papi (da Pio XI a Giovanni Paolo II), e cinque vescovi (Ruggero Bovelli, Natale Mosconi, Filippo Franceschi, Luigi Maverna e Carlo Caffarra).
La cavalcata dal 1929 al 2000 in sella al Centro missionario diocesano, è come una sonda locale che ci racconta cambiamenti e passaggi d’epoca, che non è esagerato definire sorprendenti.

Troppo spesso si giudica come minore la storia locale rispetto a quella con la esse maiuscola, ma è un errore. Leggere e diffondere queste pagine sarebbe cosa buona e giusta, non tanto per ricordare con nostalgia i tanti protagonisti, quanto per mettere a fuoco temi, intuizioni e limiti di un percorso pastorale, cui occorrerebbe prestare attenzione perché continuano a parlare al presente e dare attualissime indicazioni sul domani. È la lezione della storia, alla quale anche in ambito ecclesiale si ha l’impressione che non si presti il dovuto ascolto.

Un esempio è, appunto, il significato della parola missione, ossia la chiave di lettura della ricerca di Miriam Turrini e, allo stesso tempo, la cartina tornasole della temperatura storica che cambia ed evolve, attorno a questo tema cruciale per la chiesa.

Ai tempi del vescovo Ruggero Bovelli il linguaggio usato era delle missioni tra gli infedeli,  espressione di mentalità, cultura, teologia e pastorale. Al netto delle numerose e meritorie mobilitazioni per raccogliere aiuti in un tempo disastrato da fascismo, guerra, distruzione e miseria, scrive bene Miriam Turrini che il contesto era quello di “propagare la fede progressivamente nell’intero mondo e salvare le anime inserendole nella chiesa attraverso il battesimo” (pag. 261). Era questa, in fondo, l’ansia sottesa all’Opera della Santa Infanzia, articolazione vaticana delle allora Pontificie opere missionarie.
In un mondo essenzialmente diviso tra ‘fedeli e infedeli’, il modello era la conquista alla fede per la diffusione del Regno di Cristo e non è casuale che in questo clima la rivista per la diffusione di idee e iniziative si chiamasse Crociata Missionaria.

Per nomina dell’arcivescovo Natale Mosconi, gli anni ’50 e ’60 vedono l’allora Ufficio missionario diocesano, animato dall’impegno, ma soprattutto dal talento, di don Alberto Dioli, accanto alla vulcanica Gisa Trevisani.
Don Dioli fece a tal punto della missionarietà il principio organizzativo della propria vita, da diventare egli stesso un prete fidei donum (l’enciclica di Pio XII del 1957) e partire come missionario per l’Africa nel 1968. Fatali furono alcune chiavi di volta per comprendere quel passaggio d’epoca, fra cui i pontificati di Giovanni XXIII (dall’enciclica Mater et Magistra del 1961) e Paolo VI, oltre alla maturazione di un’idea di missione più attenta alla crescita delle chiese indigene, la riflessione sul colonialismo, l’emergere delle istanze di giustizia e promozione umana, accanto alla carità e il ritorno sul piano locale in termini di cultura ed educazione alla mondialità.
Missione non era più un semplice dare, portare e civilizzare, fra popoli avanzati e arretrati, ma iniziava a diventare una trama di rapporti nel rispetto delle rispettive originalità e culture.

Soprattutto, con il clima inaugurato dal concilio Vaticano II, iniziava a farsi strada un’idea di chiesa basata sull’ecclesiologia della comunione di chiese. Missione non erano più i soli preti missionari, ma anche l’ingresso dei laici in un compito destinato a essere non un singolo settore della pastorale, ma il modo di essere – l’intima postura – di tutta l’ecclesia, sacramentalmente concepita come locale e, come tale, universale. Una vera e propria accelerazione teologica, destinata a incontrare attriti durante l’episcopato Mosconi.
Se, da un lato, la svolta conciliare chiedeva di tradursi pastoralmente in un rapporto di aiuto innanzitutto tra chiese locali, dall’altro, Mosconi restava culturalmente dentro il modello ecclesiologico centralistico romano. Destinare prioritariamente i fondi raccolti alle Pontificie opere missionarie (PP.OO.MM.) della Santa Sede, significava che la linea economica delle risorse doveva ricalcare quella ecclesiologica, che gerarchicamente scendeva dal papa, ai vescovi, ai preti, fino al gregge dei fedeli.

Occorreva attendere l’ingresso in diocesi del vescovo Filippo Franceschi (1976), perché questo cambio di paradigma fosse riconosciuto e diventasse l’essenza di un intero disegno pastorale. Il respiro dell’Ufficio missionario (poi Centro missionario) entrava così in una sintonia speciale con quello interamente diocesano, segno di una chiesa che si scopriva tutta missionaria.
Nelle pagine di questo capitolo Miriam Turrini è esemplare nel far parlare le carte come di un vero e proprio stato di grazia che, per quanto durato pochi anni (nel 1982 terminò l’episcopato ferrarese di Franceschi), fu per tanti versi irripetibile.

La spinta di quella sintesi si protrasse per anni durante il successivo episcopato di Luigi Maverna (1982-1995), con un singolare coinvolgimento della città ben oltre i confini ecclesiali (Camera di Commercio, istituzioni, banche, scuole), nelle campagne di sensibilizzazione e raccolta fondi. Un percorso inclusivo che arrivò a inaugurare una fase di collaborazione inedita con le amministrazioni locali – Comune e Provincia – da sempre espressione della cultura politica social-comunista.

Eppure, qualcosa si ruppe rispetto al precedente periodo. Scrive Miriam Turrini: “il progetto ecclesiale organico prospettato durante l’episcopato Franceschi pare sfumare: l’arcivescovo Luigi Maverna intraprende il percorso del sinodo mentre in ambito missionario si afferma la frammentazione delle iniziative” (193).
Quello della frammentarietà di gruppi e iniziative in campo missionario è un problema che riaffiora ciclicamente nella storia ecclesiale, con limiti d’impostazione nazionale oltre alle peculiarità locali.
Con Mosconi gli attriti nascono perché la sintesi fatica a trovarsi in un paradigma ecclesiologico di tipo gerarchico, sospinto ben oltre il concilio. Sintesi, invece, che emerge durante gli anni di Franceschi, in cui ogni frammento pare trovare posto in un disegno.

Perché allora questa spinta centrifuga torna a fare problema durante Maverna, nonostante un modello pastorale imperniato sul sinodo (camminare insieme)? Tutta colpa di particolarismi e mancanza di senso ecclesiale?
Forse non basta dire sinodo perché tutto vada a posto e in equilibrio e il dubbio pare trovare conferma nelle parole di Turrini: “La conclusione dell’episcopato Maverna (…) non favorì lo sviluppo di una chiesa che operava attraverso piani pastorali condivisi” (229).

Chapeau, dunque a Miriam Turrini e don Andrea Zerbini per una ricerca assolutamente da leggere, con l’auspicio che l’intera chiesa locale sappia fare tesoro di queste pagine, come di quella miniera di sapere ed esperienze a disposizione nei quaderni del Cedoc.

NÉ MAGHI NÉ PRESAGI
Teatro Abbado e strategie culturali a Ferrara

 

Ha un sapore di rivisitazione rinascimentale, quando i sovrani per dare lustro alla propria corte chiamavano i migliori artisti, i quali, a loro volta, fornivano lustro a se stessi assicurandosi cospicui appannaggi. Tutta la vicenda intorno alla direzione, presidenza e al consiglio di amministrazione del teatro cittadino ha un po’ di questa patina antica, di un Ducato decaduto che tenta di risollevarsi dalle polveri del tempo.

Nel frattempo la politica culturale si eclissa e con essa la città. Fare rete, fare tessuto culturale non appartengono al lessico del soggetto pubblico che ci amministra. Fatti e scelte dovrebbero dar corpo ad una politica culturale per la città di cui non si conoscono né gli obiettivi, né i contenuti, se non i ‘gradita’ del deus ex machina a cui l’attuale amministrazione, evidentemente priva di idee, ha pensato di delegare l’impresa culturale cittadina, puntando a lucidare le medaglie del proprio governo.

La parola cultura è di quelle ampiamente stropicciate; nel 1947 Adorno e Horkheimer coniavano l’espressione culture industry con un obiettivo chiaramente polemico, vale a dire mettere in risalto il nesso paradossale tra cultura e industria, sottolineando l’emergere di una mercificazione e commercializzazione dei prodotti culturali. Da allora ad oggi l’industria della cultura si è ampiamente diffusa e solidificata, tanto da averci fatto perdere di vista che ‘cultura’ racchiude molteplici significati, da coltivazione della mente e dell’intelletto a prodotto delle arti, fino al modo di vivere di una società. Così, ciò che ha finito per prendere il sopravvento nell’ambito delle politiche culturali è la cultura come ‘prodotto’ anziché la cultura come ‘processo’.

Del resto è molto più facile per una città vendere ‘prodotti culturali’ che tessere la trama di ‘processi culturali’. Insomma i processi non rendono quanto i prodotti in termini di consenso elettorale, andando ben oltre la durata di un mandato amministrativo.
Trastullarsi in teatri e mostre sarà importante per l’industria del loisir, ma se non si produce, se non ci si attrezza con la cultura del futuro, non potremo neppure disporre delle risorse per permetterci di occupare i nostri loisir.

L’avvento della società della conoscenza ha rafforzato l’importanza del capitale creativo nelle economie contemporanee e il suo sviluppo è considerato la forza e il motore della crescita economica delle società occidentali.
Non c’è politica culturale autentica se la città non si interroga su quali siano le condizioni che possono stimolare e far emergere la creatività, quali strategie possono fare della nostra città un milieu creativo, ‘una città di successo’.

Perché cultura come processo? Perché il legame delle politiche culturali con le politiche riguardanti l’educazione, la formazione, la ricerca e lo sviluppo ha assunto, già a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, un ruolo centrale. Il successo delle strategie culturali non può più essere misurato semplicemente in termini di borderò e di biglietti staccati, ma in termini di vantaggi a partire dalla cittadinanza, in termini di miglioramenti della qualità della vita, della coesione sociale, del profilo culturale delle comunità locali.

Non ci sono atti dell’attuale amministrazione comunale che possano avvalorare un tale visione. Non vi sono segnali né della capacità né della volontà di creare sinergie tra politiche culturali e politiche urbane, dove le amministrazioni pubbliche svolgono un ruolo determinante.
Una politica culturale che utilizzi spazi e strutture a prescindere dalla città e dai suoi cittadini, tanto che avrebbe gli stessi connotati ovunque, non è in grado di rispondere ai nodi che per uno sviluppo urbano basato sulla cultura sono strategici.
Innanzitutto il pubblico. Turisti verso residenti. Il pubblico a cui le iniziative culturali sono rivolte, in definitiva l’audience.
Poi lo spazio, centro e periferia, aree da riqualificare, vale a dire l’obiettivo geografico delle iniziative culturali per amalgamare la città.

L’opposizione e la separazione tra strategie orientate al consumo culturale e strategie orientate alla promozione dei saperi e delle competenze. Sostanzialmente il rapporto tra cultura e sviluppo economico. In fine c’è il tema di sempre: l’effimero. La rete delle infrastrutture culturali: scuole, università, musei, biblioteche, istituzioni e associazioni culturali, centri artistici verso la politica degli eventi, in sintesi come e per che cosa la pubblica amministrazione spende i soldi dei suoi cittadini, con quali ritorni per il capitale umano della città. A queste considerazioni si collegano gli investimenti nel settore dell’educazione e dell’istruzione e nelle sue interrelazioni con la città, gli investimenti in milieu o cluster creativi, nell’attrazione, sviluppo e ritenzione di una classe creativa per dirla con Richard Florida, autore di The Rise of the Creative Class.

Per concludere, il direttore d’orchestra, anche se blasonato, sta suonando lo spartito sbagliato, del resto nomen omen, dicevano i latini, ma la città non ha bisogno né di maghi né di presagi, ma di idee, di politiche, di un lavoro collettivo di uomini e donne capaci di pensare la città.