Gaza: se tolleri questo, la prossima volta toccherà ai tuoi figli
Gaza: se tolleri questo, la prossima volta toccherà ai tuoi figli
Benjamin Netanyahu (vero cognome Mileikowsky), attuale premier di Israele, nel 2015 ad un congresso sionista disse che Hitler voleva solo espellere gli ebrei, e che fu il mufti di Gerusalemme (massima autorità religiosa sunnita) a dargli l’idea di bruciarli, altrimenti sarebbero arrivati tutti in Palestina. Questo presunto suggerimento a Hitler è stato smentito da fior di storici ebrei, tra cui Yehuda Bauer (da poco scomparso), uno dei principali storici dell’Olocausto, professore a Gerusalemme, di origine cecoslovacca (lui non si cambiò il cognome, a differenza di Bibi), il quale afferma documenti alla mano che fu esattamente il contrario, e che la cosiddetta “soluzione finale” fu concepita dai nazisti prima dell’incontro tra il mufti – sicuramente un odiatore di ebrei – e Hitler, datato novembre 1941. Questo non significa che Netanyahu sia un negazionista, ma dimostra un utilizzo della storia strumentale alla propria politica coloniale e di occupazione: gli arabi musulmani ci hanno sempre voluti eliminare, ergo noi dobbiamo eliminare loro.
Le origini di una occupazione
Che si tratti di una occupazione e di una colonizzazione non lo dico io. Lo affermano accademici di diritto internazionale. Ralph Wilde dello University College di Londra, alla Corte Internazionale di Giustizia ha rassegnato – per conto della Lega Araba: spero possa essere sdoganata adesso che ha “intimato” ad Hamas di cedere le armi – una articolata prolusione storico-giuridica (la puoi leggere qui) in cui afferma: che alla fine della prima guerra mondiale le persone di origine ebraica in Palestina erano circa l’11% della popolazione ivi residente; che il mandato coloniale britannico sulla Palestina, parte del trattato di Versailles (1919), risultante da una spartizione post bellica con lo sconfitto impero ottomano, prevedeva una autodeterminazione post coloniale della popolazione indigena, in larga maggioranza araba – quindi un unico Stato; nel 1948, in violazione di questo principio, venne votata dall’Assemblea delle Nazioni Unite l’istituzione dello Stato di Israele su base etnica per il 56% circa del territorio del mandato, e per il restante uno stato arabo soggetto ad una sorta di protettorato internazionale. Cito Ralph Wilde: “Nel 1948, quindi, la Palestina era giuridicamente un unico territorio con un’unica popolazione che godeva del diritto di autodeterminazione su base unitaria.
Ciononostante, nel 1948 fu proclamato uno Stato di Israele specificamente per il popolo ebraico…accompagnato dallo sfollamento forzato di un numero significativo di popolazione palestinese non ebraica, la catastrofe della Nakba. Questa secessione illegale è stata una grave violazione dell’autodeterminazione palestinese. Nonostante questa illegalità, la statualità di Israele è stata riconosciuta e Israele è stato ammesso come membro delle Nazioni Unite. Israele non è la continuazione o il successore legale del Mandato. Questa violazione dell’autodeterminazione palestinese è ancora in corso e irrisolta. Due sono gli elementi chiave: primo, i palestinesi non sfollati dalla terra proclamata di Israele nel ’48 e i loro discendenti sono stati costretti a vivere come cittadini (attualmente sono il 17,2%) di uno Stato concepito per e di un altro gruppo razziale, sotto il dominio di questo gruppo, necessariamente trattati come persone di seconda classe a causa della loro razza. In secondo luogo, i palestinesi sfollati da quella terra e i loro discendenti non possono tornare. Si tratta di gravi violazioni del diritto all’autodeterminazione, del divieto di discriminazione razziale e di apartheid e del diritto al ritorno.” In una intervista rintracciabile su youtube, Wilde, a proposito della reazione israeliana all’attentato del 7 ottobre 2023 ad opera di Hamas, afferma che l’attentato è un atto di autodifesa violenta contro uno Stato aggressore che occupa illegalmente (sempre più) territori dalla sua fondazione. La reazione contro chi si difende non può quindi essere giustificata legalmente come una autodifesa: “There’s no defence against defence”. Cosa desumere da questa ricostruzione?
Il diritto internazionale non esiste
Primo: il “diritto internazionale” è contemporaneamente la più nobile e la più vilipesa costruzione giuridica post bellica. Il diritto internazionale dovrebbe esistere, ma una parte consistente degli Stati lo tratta come quando si bestemmia in chiesa. Come chi bestemmia una divinità ne conferma in qualche modo la possibile esistenza, chi viola sistematicamente il diritto internazionale ne afferma l’esistenza facendone regolarmente strame. Per dirla con Wilde, “gli Stati Uniti, il Regno Unito e lo Zambia hanno suggerito che esiste un quadro giuridico applicabile sui generis: una lex specialis israelo-palestinese. Questa sostituisce in qualche modo le norme di diritto internazionale che determinano la legittimità dell’occupazione. …Questa è la legge come questi stati vorrebbero che fosse, non quella che è. Non ha alcuna base nella risoluzione 242, in Oslo o in altre risoluzioni o accordi. In realtà, si sta invitando a eliminare il funzionamento stesso di alcune delle regole perentorie fondamentali del diritto internazionale.” Immagino la frustrazione, per chi ha costruito la sua vita sulla passione e lo studio del diritto internazionale, di dover ammettere che queste norme non hanno reale effettività.
Secondo: tanto meno la vita reciproca delle nazioni è regolata dal diritto internazionale, tanto più siamo in un’epoca in cui vige la legge del più forte. Questo, ad appena ottant’anni da Hiroshima, è il desolante ed allarmante panorama delle relazioni tra Stati. Vuol dire che l’umanità, una volta toccato il fondo, può scavare per toccarne un altro.
Terzo: anche qualora si sposi appieno la teoria giuridica di Wilde, mettere in discussione l’esistenza dello Stato di Israele adesso equivale a cercare di rimettere il dentifricio nel tubetto una volta spremuto. Non ha senso nemmeno, ormai, riconoscere simbolicamente uno Stato di Palestina che non esiste né esisterà: quello che avrebbe un senso adesso sarebbe mettere in sicurezza e sfamare le persone, assisterle come profughi oppure garantire la loro casa e la loro terra contro ulteriori espansioni, soprattutto in Cisgiordania (mentre scrivo l’ipotesi del criminale governo in carica è quella di sgombrare Gaza dai gazawi, un milione circa di persone).
La possibilità di una coazione a ripetere collettiva
Mi ha molto colpito un articolo scritto dallo psichiatra Luciano Casolari (si può leggere qui), il quale, senza poterlo dimostrare secondo il rigore del metodo scientifico (cosa che lui stesso premette), evoca la suggestione della coazione a ripetere come ragione psicologica collettiva in reazione ad un trauma collettivo, così come Freud la studia e teorizza come reazione individuale ad un trauma individuale. Cito: “il fatto che coloro che hanno subito un tentativo di genocidio lo stiano riproponendo è veramente perturbante. In pratica l’aver subito la Shoah porterebbe un intero popolo a ricercare sicurezza, attraverso la ripetizione, su un altro gruppo etnico. I palestinesi a loro volta si sentono di aver subito la Nakba (catastrofe) con la deportazione dopo la guerra del 1948 e si affidano ai leader estremisti che predicano un analogo destino per i loro nemici. Se queste suggestioni, che ripeto non hanno alcuna validità scientifica, sono verosimili, emerge che il problema israelo-palestinese non è semplicemente una disputa territoriale ma un conflitto simbolico. In quanto tale non si può risolvere con delle frontiere ma solo con la rielaborazione dei traumi di entrambi i popoli. L’unica strategia valida, anche se utopica, che mi viene in mente sarebbe quella di costruire delle scuole in cui i bambini israeliani frequentino assieme ai bambini palestinesi.”
Gli eroi nelle tenebre
Immagine nel corpo dell’articolo tratta da https://www.settimananews.it/informazione-internazionale/14-maggio-1948-nasce-israele/
Photo cover https://www.senzatregua.it/2020/05/15/nakba-la-catastrofe-per-il-popolo-palestinese-che-ancora-oggi-grida-liberta/
Per leggere tutti gli articoli su Periscopio di Nicola Cavallini, clicca sul nome dell’ autore
I maiali della guerra
pasteggiano felici
sulle macerie della terra.
Non c’è oriente
non c’è occidente
solo corpi, neri e ammassati.
I popoli parteggiano
esaltano gli aguzzini
per una manciata di niente.
Gente per bene
con la bava alla bocca
brucia nell’odio.
Poi prega Dio
di dare la morte
a bimbi diversi, ma uguali tra loro.
A questo ci portano
i maiali della guerra
futuro e passato, un unico afflato.
Vorrei che strisciaste
nei vostri porcili
mercanti di morte anime contorte.
Non ho parole da aggiungere a un discorso ragionato, che affonda nei temi oltre la superficie, che toglie tutti i veli dell’ipocrisia e della sudditanza acritica e fa emergere i dati di fatto. Mi sono consolata leggendo che ci siano modi di vedere con cui mi intendo.
Che i palestinesi abbiano vissuto in Israele sempre come minoranza da sottomettere in tutti i sensi – anche da cacciare quando necessario per far posto agli ebrei- è una verità storica conclamata. Oggi è necessaria una soluzione che faccia cessare il fuoco, liberi gli ostaggi detenuti da Hamas, veda il ritiro dell’esercito israeliano dai territori occupati impedendo l’espulsione da Gaza dei suoi abitanti , consenta una nuova forma di convivenza tra palestinesi ( raccolti sotto un protettorato garantito dall’ONU per poi garantire loro una forma di governo senza componenti terroristiche) e Israele.