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GENTILONI – Bisogna sapere che in medicina da molto tempo si studiano gli effetti non secondari del “virus del potere”, che, nei secoli, si è manifestato in molteplici soggetti: è una malattia professionale, in altre parole, è un’alterazione dello stato di salute originata da cause inerenti allo svolgimento della prestazione di lavoro, un’alterazione che ha colpito innumerevoli personaggi nella storia dell’uomo, tutti illustri, da generali a dittatori, a monarchi, o, più modestamente, a sindaci e, purtroppo, anche ad assessori e a banchieri. Recentemente ne è stato colpito anche il nostro ministro degli Esteri, il quale, un bel mattino, si è alzato in preda a uno strano formicolio, si è grattato e, allo specchio, mentre si faceva la barba, ha solennemente manifestato il suo pensiero: qui si deve fare la guerra, ha detto, e poi, pubblicamente, ha confermato che l’Italia è pronta a essere in prima linea in Libia. Mi sa che il signor ministro si è sbagliato di grosso: l’Italia non è pronta, non ha voglia di giocare alla guerra, non è più pronta nemmeno a giocare al calcio, figuriamoci a fare la guerra. Sì, abbiamo grossi interessi in Libia, innanzitutto il petrolio, ma, Ministro Gentiloni, cerchi di fare un ciclo di antibiotici, vedrà che il pizzicore le diminuirà.

ANPI – Ho letto che un tipo di Ostellato, consigliere comunale, tale Marco Centineo, ha presentato un’interpellanza chiedendo che venisse tolta dal Comune la bandiera dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), associazione che mai ha dato adito a polemiche: i partigiani hanno offerto la propria vita per liberare il Paese dal fascismo e sappiamo quanto questo dono, che potremmo definire sublime, abbia creato gravi mal di pancia ai politici di destra. Da troppo tempo, però, l’Italia, in tutte le sue strutture, ha lasciato molti spazi al risorgente fascismo (e non parlo del saluto romano di Berlusconi!). Avremo di che pentirci.

CAPITALISMO – Ancora oggi leggo e sento dire alla televisione: “il capitalismo dal volto umano” e se ne parla come di una verità santificata dal dio del danaro. Non è una verità, un letterato definirebbe l’affermazione un ossimoro, una contraddizione in termini: non ci ricordiamo mai tutti i misfatti sociali di cui si è reso protagonista, o responsabile, il capitalismo (senza volto).

CASINI – Anche a Ferrara, copiando Roma, si discute sulla zona in cui rinchiudere le prostitute, i lager del sesso all’aperto. Si torna all’antico: siccome è troppo difficile il controllo, allora si ricostituiscono i campi di concentramento. Spero (è una proposta) che ci sia una recinzione attorno alla città del piacere pagato, e una cassa, per entrare si deve pur pagare. La proposta prevede un certo numero di assunzioni (per venire incontro alla ripresa economica) per novelle stewards, quelle che una volta si chiamavano ruffiane. Avanti c’è posto.

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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