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Tra le numerose pubblicazioni del giornalista, scrittore e poeta Gian Pietro Testa, recentemente scomparso, ce n’è una che colpisce per la sua differenza, per la sua profonda pietas. Gpt, come spesso si firmava, nel 1980 era cronista del quotidiano l’Unità. La mattina di quel tragico 2 agosto fu tra i primi giornalisti ad accorrere in quel macello della stazione ferroviaria sventrata dalla bomba del terrorismo fascista.
Nello stesso 1980 Giampietro da alle stampe una raccolta di versi: 85 liriche, una per ognuna delle 85 vittime della strage. “Mi premette, anche e soprattutto, con la poesia – scriveva Gian Pietro Testa nella prefazione – di ridare voce a quella gente a cui la bomba assassina aveva spezzato il suono. Fu quella una mia violenza? Pensai, infatti, di ricostruire l’ultimo pensiero, l’ultima parola, l’ultimo desiderio, l’ultimo sogno di quelle persone che venivano portate via dal piazzale della stazione in una bara senza nome: un numero, un numero soltanto quelle vite erano diventate“. Riproponiamo qui alcune di quelle poesie, nella speranza che qualche editore si incarichi di ristampare il suo “Antologia per una strage” oggi purtroppo fuori commercio.
n. 11
Ricordi, Luca, tesoro,
che ti cantavo:
“Trotta, trotta,
Pier Ballotta,
un panin e una ricotta…”?
E tu ridevi? Sù, ridi Luca
e tu Carlo scusa se prima
mi sono arrabbiata,
stammi vicino, ora, ti prego.
n. 25
Antonino mi chiamo,
sono operaio,
ho traversato l’Italia
per avere un lavoro
e finire, infine,
ammazzato.
E’ la mia storia.
n. 32
I campi correvano via
dal treno
e sembravano paglia
e ho pensato allora
che vorrei tanto essere poeta,
immaginare prati verdi
fiori e acque.
Ma come si fa
a essere poeti
se il più forte
violenta il debole,
se i figli dei padroni
diventano padroni,
se padroni ancora ci sono,
se il denaro compra il giusto,
se ti ammazzano
mentre pensi
come fossi poeta?
n. 59
Ogni sera al cinema e alla TV,
o sui giornali
compare la vostra vergogna.
Parlano soltanto di voi.
Mettete il fumo nella mente
dei poveri di spirito
(perché loro sarà
il regno dei cieli)
per ingrassare ancora,
per ostruire
coi vostri escrementi
questo grande cesso del mondo.
E di noi farete piazza pulita.
n. 83
M’è toccato, mamma,
conoscere il mondo
in un attimo breve.
M’è toccato, mamma,
fare un gran salto
come avessi vissuto
tutti i miei anni.
M’è toccato, mamma,
conoscere l’odio.
Ma io ti cerco ancora,
mamma, ti prego
una ninna nanna.
Le poesie sono tratte da: Gian Pietro Testa, Antologia per una strage. Ferrara, Italo Bovolenta Editore, 1980 (Prima edizione) – Bologna, Minerva Edizioni, 2005 (Seconda edizione aggiornata).
La rubrica di poesia Parole a capo, curata da Pier Luigi Guerrini, esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio.
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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchera.
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Francesco Monini
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QUOTIDIANO INDIPENDENTE l'informazione verticale
Grazie
È tutto detto dalle poesie di gpt. Grazie