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Nel Mar Egeo affonda l’umanità

Cosa si può provare su un barcone alla deriva?

Si parte dalla spiaggia di una costa imprecisata dell’Africa, magari dopo settimane di cammino, famiglie con bambini, giovani – certo che sì, i vecchi un viaggio del genere mica sono in grado di farlo. Pensa, dice il fedele contrito dal lutto dell’affabulatore, hanno pure il cellulare. Perché secondo voi chi intraprende un viaggio sulle spalle della morte manco quello dovrebbe avere? Poi, dice sempre il fedele listato a lutto, si portano pure i bambini, scappano invece di lottare. Lottare. Ma che ne sapete della loro vita, che ne sapete del mondo da cui scappano. Migranti economici, clandestini, rifugiati, quale sarebbe, per chiarezza, la distinzione? Chi scappa dalla fame non ha il diritto di vivere? Chi non ha mai avuto un documento di identità non è un essere degno di respirare la stessa aria di quelli che piangono un miliardario ottuagenario morto?

Le zecche, i sinistri, vogliono distruggere l’identità cristiana e occidentale dell’Europa, amano gli immigrati e odiano gli italiani … Ma che mondo è questo? Quali i suoi valori, quali le sue identità? Esseri umani, appesi allo stesso cielo, legati da millenni di evoluzione per poi venire classificati come indegni di vivere. Dove stanno tutte le divinità adorate dagli uomini dalla notte dei tempi, quando affonda una barca nel cimitero del mare Egeo o del Mediterraneo?

Non riesco ad immaginare la violenza dell’acqua, l’odore di escrementi e urina mescolati alla nafta grassa, la salsedine, l’odore del porto. Le prime falle, i sobbalzi, il vomito di persone affamate e assetate di speranza e voglia di vita. I bambini stanno sul fondo del barcone, nelle stive, pare il posto più sicuro, si vuole evitare che un’onda spazzi il ponte e li porti via.

Ma poi, il motore si ferma, le grida rimbalzano nel nulla verso la costa lontana.

Ma ci stiamo dirigendo verso la Grecia o verso l’Italia? Che importa, entrambe sono le culle della civiltà, ci sarà qualcuno che ci accoglierà.

Stai tranquillo bambino mio, il mondo non è così cattivo.

I giubbotti salva gente non ci sono per tutti, l’acqua sta entrando, si sente il rumore assordante dello scalpiccio del mondo sopra le nostre teste, l’assito della barca forse non regge, si aprono i chiodi. I secchi pieni di vomito e acqua non riescono a svuotare questo piccolo mondo di legno marcio. Ma il capitano quello col dente d’oro dice che è stato inviato il messaggio di S.O.S. Il messaggio è stato ripetuto venti volte, nell’etere ci sarà qualcuno in ascolto, ci avranno sentito.

Adesso arriveranno.

Ancora la signora bionda con le lacrime agli occhi, distrutta dalla morte del suo mentore, punta il dito contro i trafficanti di carne umana, quelli che guidano i barconi. Ma i trafficanti non sono in mare, sono a terra, nei palazzi, fanno affari con l’Europa, sono quelli che gestiscono i porti sicuri, in Libia, in Siria, gente che conta i soldi occidentali in uffici con l’aria condizionata.

Aiuto abbiamo l’acqua alle ginocchia, e sale, sale, sale. Ma i bambini sono vestiti di rosso, per essere più visibili, ci troveranno, ci salveranno.

Il mondo non può essere così cattivo.

Ora il barcone è inclinato da un lato, c’è gente a mare, gli uomini stanno a galla, per molto, le donne per poco i bambini per un istante.

Ma la stiva era più sicura, ora però è tutto nero, c’è l’acqua che brucia come il fuoco, non si respira, c’è l’acqua.

Acqua. Mare. Buio.

Ora è davvero il momento del lutto nazionale, dell’intero continente, del mondo, dell’umanità.

E invece sì. Il mondo è così cattivo. Addio

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

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