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A volte i numeri sono importanti: abbiamo ricevuto più di 5.500 visite, quasi 600 condivisioni  e  alcune centinaia di vostri commenti. il tema appassiona (scorrendo alcuni commenti, a volte perfino troppo). A primavera ci sono le elezioni europee insieme a quelle amministrative e l’impressione è che non saremo chiamati a votare solo dei nomi, dei simboli, dei programmi, ma a scegliere una o l’altra idea di Italia, di società, di democrazia. 

Ancora un po’ di pazienza: a febbraio cercheremo di tirare le somme, ospitando su questo giornale anche alcuni vostri commenti, pensieri, riflessioni.

Se qualcuno si è scordato di leggere il sondaggio, ha ancora qualche giorno per farlo e per inviare la sua opinione: 

Da parecchi mesi, ma soprattutto dopo gli ultimi eventi e l’infuocata polemica su #portiaperti o #portichiusi, su come gestire immigrazione, accoglienza, integrazione, sono emerse con forza due posizioni differenti, due approcci antitetici, due soluzioni divergenti, due ricette inconciliabili.
Molti sono intervenuti sul tema, ma senza alcun dubbio, anche se non sono due competitor, i principali testimoni di questo “diverso sentire” sono stati da una parte il Ministro dell’Interno Matteo Salvini e dall’altra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

  • Matteo Salvini è il campione della fermezza, della chiusura come unico argine alla difesa identitaria, della diffidenza verso le ‘cooperative affariste e verso le Ong complici degli scafisti’.
  • Sergio Mattarella, anche nel messaggio di fine anno, invita invece al dialogo, all’equilibrio dei poteri, alla accoglienza, alla inclusione, alla cittadinanza aperta, mentre promuove il ruolo fondamentale del volontariato.

Non siamo – o non siamo ancora – allo scontro istituzionale, ma le due posizioni, le due idee di Italia non potrebbero essere più distanti. E anche su questo si orienterà il nostro voto la prossima primavera.

Mattarella e Salvini (mettiamo per ora Papa Francesco fuori classifica) sono oggi anche i due uomini politici italiani di gran lunga più esposti e popolari. Ovunque essi appaiono trovano folle acclamanti, grandi incitamenti, infiniti battimani. Entrambi, ovviamente, sostengono che le loro idee, la loro visione, ci consegnerà un Paese migliore.

Ma da che parte sta l’Italia? O, per essere un po’ più modesti, da che parte sta Ferrara?
Non fidandoci degli analisti di professione (non tutti in buona fede), ci è parso giusto proporre noi un sondaggio rivolto prioritariamente alle cittadine e ai cittadini ferraresi. Intendiamoci, non è un test scientifico, ma un modo per misurare la temperatura emotiva e ideale della nostra città.

La domanda a cui rispondere è straordinariamente semplice. E cioè:
A ) mi convince di più l’Italia proposta da Salvini
B ) mi convince di più l’Italia proposta da Mattarella

La domanda può sembrare troppo ‘grezza’, poco intelligente, addirittura provocatoria. Ma i sondaggi sono spesso crudeli: eliminando le sfumature portano a galla un bel pezzo di verità. E aiutano a fare un po’ di chiarezza. Noi almeno ce lo auguriamo.

Avvertenza: per accettare di rispondere a un sondaggio del genere, occorre un po’ di coraggio. Occorre esporsi, esprimere una scelta in prima persona. E non cavarsela con la solita alzatina di spalle.

Scriveteci e raccontateci l’Italia che vorreste.

La domanda la rivolgiamo a tutti i ferraresi, ma in primo luogo agli uomini e alle donne che a Ferrara hanno fatto e fanno politica, ai candidati (in campo o in pectore) che tra poche settimane saranno impegnati nella campagna elettorale, alle persone che in città occupano posizioni importanti nel mondo dell’imprenditoria, delle professioni, delle tante organizzazioni.

Grazie a tutti i partecipanti! 

in copertina illustrazione di Carlo Tassi

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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