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La cosa è sotto gli occhi di tutti, e se lo dice anche Il Sole 24 ore – che è il quotidiano della Confindustria ma anche l’unico giornale italiano che può fregiarsi del titolo di “autorevole” – bisogna crederci: tra i tanti mali e malanni che affliggono l’Italia del 2018, il più grande, il più grave, il più pericoloso è l’assenza di un’opposizione.
Chi si spaventa per il vento impetuoso di destra che soffia nel Belpaese, chi si preoccupa per l’onda montante del sovranismo e del populismo, chi denuncia la sovraesposizione mediatica e la marcia trionfale di Matteo Salvini (impegnandosi magari a firmare l’ennesima denuncia o appello contro di lui), dovrebbe però incominciare a guardare “da un’altra parte”. Perché il dramma vero è che “dall’altra parte c’è il vuoto”. L’opposizione è la grande assente dalla scena: e senza uno dei contendenti la battaglia, come si vedrà a primavera, è persa in partenza.
Ma bisogna intendersi. Il problema più grave non è l’assenza di un forte partito, o di un fronte parlamentare compatto di opposizione o, alla maniera inglese, di un “governo ombra”, cioè il venir meno della prospettiva della “alternanza” – parola magica invocata dai commentatori più o meno liberal e da qualche giornalista del Corriere e de La repubblica. Il buco è molto più grande, più profondo. Quella che manca è una narrazione – una idea di Italia, prima ancora di un progetto politico – capace di contrapporsi in modo efficace alla Destra. E’ di questa opposizione che ci sarebbe bisogno; solo questa riuscirebbe a farsi ascoltare (e magari votare) da un popolo sempre più orfano di speranza e di futuro.
Attaccare ogni ora Salvini, additarlo come razzista, paragonarlo a Mussolini è la grande tentazione a cui i “resistenti”, gli “accoglienti”, i “ragionanti” – e mi ci metto anche io – non riescono proprio a resistere. Ed è anche la cosa più facile. Ma guardate Il risultato? Zero. Anzi, meno di zero. Pare addirittura produrre l’effetto contrario. La Lega continua a volare nei sondaggi (mentre il PD sprofonda verso il 15%) e la maggioranza degli italiani sembra apprezzare sempre più il progetto muscolare ed eversivo di Matteo Salvini.
Sarà che gli italiani sono diventati tutti razzisti, o creduloni, o malpancisti? Questa è appunto la seconda grande tentazione: quando le tue parole non vengono ascoltate, quando il tuo partito perde la metà dei voti, deve essere per forza colpa del popolo bue.
Forse invece quello che occorre è cambiare registro. Cambiare le parole, l’atteggiamento, il tono di voce. Se ci guardiamo intorno, oggi in Italia ci sono due voci, solo due, che raccolgono un grande ascolto e consenso pur opponendosi al pensiero unico che Salvini (scortato da un tramortito Di Maio) sta imponendo a colpi di twitter e youtube. Il Presidente Mattarella e Papa Francesco non fanno “opposizione politica” a questo o a quel partito, non perdono tempo a inveire contro Salvini, ma alla fine, nei fatti, “fanno opposizione”, “fanno politica”. Battono una strada diversa. Le loro parole – sempre senza riferimenti diretti a fatti e persone – espongono con chiarezza un’idea d’Italia antitetica a quella sponsorizzata dalle forze oggi dominanti. E dovunque si rechino (a una messa cantata o a una partita di volley) vengono accolti da decine di migliaia di persone, da battimani e grida di incitamento.
Occorre riflettere. Se le folle battono le mani non solo a Salvini ma anche a Mattarella e Papa Francesco, allora non è vero che il popolo è bue. Non è vero che la grande maggioranza degli italiani ha scambiato la testa per la pancia. E’ vero invece che ci sono milioni di persone che aspettano e sono disposti ad ascoltare. Ma serve un pensiero alto, idee forti e parole nuove. Idee e parole che la Sinistra e i suoi vari partiti, stretti tra le faide interne e le polemiche spicciole contro Salvini, oggi non riescono a comunicare. E, forse, nemmeno a immaginare.

in copertina elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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