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 “E’ il capitalismo ragazzo”, la bomba Coronavirus sembra il frutto avvelenato – l’ultimo, il più brutto – di un Sistema Economico Unico, ubiquo, che comanda il mondo e ci comanda. Nato in Cina, il virus ha viaggiato velocissimo: Corea, Giappone, Iran…  Subito dopo è sbarcato (ma i barconi non c’entrano) in Europa. In Italia, il paese europeo con più scambi con la ‘Terra di Mezzo’, siamo quasi al bollettino di guerra: aumentano i contagi, si contano i primi morti, si moltiplicano gli allarmi e i divieti. La paura rischia di mutarsi in panico.

Che dovrebbe fare un giornale, anche un piccolo giornale come il nostro? La risposta sembrerebbe elementare: dovrebbe ‘fare il suo mestiere’: informare. raccontare, intervistare, commentare… Del resto, ‘l’argomento Coronavirus’ si presta a tutti gli approcci, a tutti i generi giornalistici: dal titolo a caratteri cubitali alla cronaca e alla polemica di piccolo taglio, dal commento paludato all’immagine toccante, dal corsivo pungente alla vignetta dissacrante.  Ce n’è (ce ne sarebbe) per tutti i gusti. Perché, da sempre, le disgrazie sono una vera manna per i media. Più grande è la disgrazia, più aumentano le vendite, più l’audience si impenna.

Ferraraitalia non parteciperà al banchetto mediatico. Non parleremo di Coronavirus. Per due ragioni.

La prima. Perché in Italia i media, tutti i media – dalla televisione, alle radio, ai quotidiani di ogni ordine e grado, ai social media, fino ai più sperduti siti e blog della Rete – stanno dando oggi uno spettacolo indecoroso. Non è vero che informano, non è vero che fanno servizio ai cittadini. Fanno il contrario, come si dice, ‘ci inzuppano il biscotto’.  Forse molti bravi colleghi, molte testate di grande tradizione, non se ne rendono nemmeno conto, ma la realtà è questa. Guardate un telegiornale qualsiasi: dopo qualche parola di un ministro o di un politico a caso (“E’ tutto sotto controllo”) e due battute di un esimio virologo (“Non bisogna cedere al panico”), comincia una lunga serie di ‘servizi sul campo’, di immagini shock, di facce impaurite, di piazze deserte, di supermercati presi d’assalto.

Oggi il nostro sistema mediatico produce confusione, non informazione. Non offre notizie ma semina, coltiva e amplifica il panico. E’ lui il primo, inconsapevole e potentissimo veicolo di contagio.

La seconda ragione per scegliere il silenzio. Perché la situazione è davvero grave. Perché siamo entrati in un tunnel (chiudono fabbriche, mercati, scuole, università) e non sappiamo quando potremo uscirne. Non ce la caveremo in qualche settimana, forse neppure in qualche mese. E gli unici che possono e devono parlare, che devono dirci cosa fare e non fare, sono gli enti preposti a farlo. Il Ministro della Salute, il Presidente della Regione, il Sindaco della nostra città. E le autorità sanitarie, il Servizio di Igiene e di Medicina preventiva della Unità Unità Sanitaria Locale. Per fortuna il nostro sistema sanitario è il più avanzato, competente e democratico del mondo.

Non ha senso, anzi, è sbagliato, confusivo, pericoloso, aggiungere mille voci, mille Grida, mille notizie (vere e false), mille suggerimenti (spesso incompetenti) alle linee guida e alle disposizioni delle autorità preposte.

Amiamo esercitare il dubbio (è uno dei compiti di qualsiasi organo di informazione), quindi le Autorità Competenti non ci hanno mai appassionato. Ma su questo quotidiano troveranno spazio ed evidenza solo i loro comunicati. In questo momento, il momento in cui dobbiamo far funzionare il cervello e  non riempirci la pancia con un polverone mediatico, sul Coronavirus solo loro hanno diritto di parola. Almeno su Ferraraitalia. Ci sarà tempo, dopo, finita l’emergenza, per tutti i racconti, tutte le obiezioni, tutti i commenti.

Con un’ultima raccomandazione, la stessa che mi ripeteva una nonna che tanto amava le sentenze: “Non val l’insegnamento se non c’è il discernimento”. E cioè, le linee guida, le disposizioni provvisorie, le istruzioni per l’uso che ci vengono impartite dalle autorità di cui sopra, non sono ordini da eseguire come automi. Ognuno di noi deve leggerle e interpretarle secondo scienza e coscienza. Perché la responsabilità individuale non ce la toglie nessuno, e anche dal Coronavirus, come da qualunque guerra, ne verremo fuori tutti insieme. O non ne verremmo fuori per niente.

 

 

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it