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Per togliere da polvere e oblio i bambini della Shoah: ce ne parla un albo illustrato, La finestra del re di polvere.

Nelle guerre e negli eventi tragici e bui della storia troppo spesso ci si dimentica di coloro che sarebbero stati il futuro. O, se se ne parla, come ai giorni nostri, diventa molte volte pura spettacolarizzazione. Gli ‘acchiappaclic’ sono in agguato perenne.

Oggi vogliamo togliere un po’ di polvere a tante storie rimaste chiuse in soffitte segrete o luoghi dove si cercava di salvare la vita dalle furie cieche di pazzie collettive.

Con un bellissimo recente albo illustrato di Pierdomenico Baccalario e Alice Barberini, La finestra del re di polvere, Orecchio Acerbo editore.

Nel ghetto di Lublino, in una soffitta, c’è il regno di Henio Zytomirski, il bambino più strano di tutti.

Non parla molto. Non ama giocare a pallone nè leggere.

Ma ha un segreto. È uno dei tanti bambini spaventati e minacciati. Questo grande segreto lo condivide con il suo migliore amico che ebreo non è, ma che è uno shegetz, un gentile.

“Mi portò al numero 29 di via Czwartek, sopra alla bottega di spezie di Löeb. La stessa in cui abitavano anche rabbi Symcha e Magen, l’accordatore di pianoforti”.

Un luogo sacro di cui l’amico ha le chiavi. Tavolino, poltrone, sgabelli, quadri, candelabri, scatoloni, spade, biglie, un manichino e pure un grammofono.

Un posto per dieci. Dieci ragazzi, quanti ne servono perché una preghiera arrivi a Dio.

Dietro i vetri impolverati di una delle finestre si nasconde una meraviglia, l’ombelico dei tetti: un mondo diverso, un rifugio, forse un luogo di pace, diverso dall’orrore della guerra che si vede dall’altra finestra.

Quella guerra che si è accanita verso i più deboli, come sempre accade, quei rastrellamenti impietosi, in nome della razza, che saranno un marchio indelebile della storia dell’umanità, quella peggiore, quella più bieca, quella più incredibile, quella più inaccettabile e incomprensibile. Quella cieca e ottusa.
Per chi è ebreo arriva il tempo di fuggire. Non ci sono alternative, si deve tentare.

Così, la notte del 16 marzo, Henio corre dal suo amico per convincerlo a fuggire insieme, ma lui ha troppa paura e resta. Statico, impietrito, incredulo.

La mattina del rastrellamento Henio è sparito. Volatilizzato. Fra le stradine di fango.

“Si presero Symchae e Süss, la vedova Ceymach e i gemelli Kierszenbaum. Quando li sentii arrivare, e gridare, corsi subito a casa degli Zytomirski. I vicini mi dissero che avevano preso i genitori di Henio, ma nessuno aveva visto lui. Mancavano altri nove bambini”.

Spaventato, il suo amico lo cerca ovunque, anche in quella soffitta misteriosa dove lo aspetta una sorpresa: sul vetro della finestra impronte di bambini e un nome che è un saluto. Una traccia sullo sporco, una scritta che lascia un messaggio potente.

Un racconto originale commovente e toccante per rimuovere la polvere dalla Storia del ghetto di Lublino e immaginare un diverso epilogo, anche per Henio Zytomirski.

“Ciò che ancora restava del ghetto della mia città venne raso al suolo nel 1944, quando arrivarono i Russi. (…) Delle quarantamila persone che ci abitavano, ne erano rimaste in vita meno di trecento. Non ho mai saputo su quale altro tetto di quale città siano scappati Henio e i nove bambini che sono andati con lui. Crescendo, sono diventato un collezionista di cartoline di tetti e camini. Le guardo tutte, cercandone una che assomigli a ciò che il mio amico speciale mi fece vedere, quel giorno dalla finestra della soffitta della casa al numero 29 di via Czwartek”.

Podcast di Raiplaysound

Pierdomenico Baccalario ha iniziato a scrivere al liceo classico: in certe ore particolarmente noiose fingeva di prendere appunti, ma in realtà inventava racconti. Nato nel 1974 ad Acqui Terme, si è laureato in giurisprudenza e per un periodo ha affiancato la pratica legale all’attività di scrittore per ragazzi e giornalista freelance. A 24 anni vince il suo primo premio letterario con “La strada del guerriero” e nel 2012 vince il Bancarellino con “Lo spacciatore di fumetti” (Einaudi). Nel 2014 ha fondato l’agenzia letteraria Book On a Tree, con sede a Londra, e si è stabilito con la famiglia nel Regno Unito. Fra i suoi ultimi libri “Hoopdriver” e “La rivincita dei matti” entrambi pubblicati da Mondadori nel 2022.

Alice Barberini, nata a Cesena nel 1977, ha studiato arte a Ravenna e dopo essersi diplomata, l’interesse per il restauro l’ha portata a Firenze dove, per alcuni anni, ha lavorato come restauratrice. Nel 2007, ha scoperto il mondo dell’illustrazione e da quel momento ha deciso di cambiare ‘mestiere’. Lungo questo suo secondo percorso formativo ha incontrato maestri come Mauro Evangelista, Carll Cneut, Gek Tessaro, Dusan Kallay, Camila Stancolvà, Luigi Raffaelli e Giovanna Zoboli. Dal 2012 lavora nel Collettivo Nie Wiem: otto illustratrici determinate a diffondere l’arte e l’illustrazione di qualità in giro per il paese.

Libri per bambini, per crescere e per restare bambini, anche da adulti.
Rubrica a cura di Simonetta Sandri in collaborazione con la libreria Testaperaria di Ferrara.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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