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Lady Be: mosaici pop dalla plastica, in un mondo di ricordi

L’arte dai rifiuti da tempo fa parlare, un mondo curioso. Incontro con Lady Be.

A colpire subito, il colore, che irrompe, tumultuoso e vivace, nelle opere della giovane pavese Letizia Lanzarotti, in arte Lady Be. Un tributo ai Beatles.

“Sono appassionata ai Beatles, li ascolto da sempre”, ci racconta, “e poi mi serviva un nome arte internazionale, perché ho iniziato ad esporre soprattutto all’estero, Parigi, Bruxelles e New York, uno pseudonimo facile da ricordare, come insegna l’immediatezza della cultura pop. Mi piace molto la visione della vita di affidarsi, di lasciar andare le cose così come vanno, di lasciar succedere”, conclude. E quella canzone iconica è tutto questo.

Beatles serie Emersi, oggetti, smalto e resina su tavola, 60 x 60 cm l’uno
Paul Mc Cartney, 2019, oggetti e resina su tavola, 80 x 80 cm

L’opera di Lady Be non è solo riciclo creativo, ma un’esplosione di emozioni che porta a una profonda riflessione sulla nostra epoca – mala tempora currunt – sul consumo e il valore delle cose, quello che ormai si è perso o si dà per scontato.

L’artista dà nuova vita a materiali plastici di scarto trasformandoli in veri e propri mosaici pop che raffigurano icone della cultura e personaggi della storia.  E lo fa con estro, creatività, ironia, empatia e curiosità. Dando vita a nuovi ricordi, a ricordi che si trasformano, che cambiano a seconda di ogni spettatore.

Ha elaborato una tecnica originale: l’“eco-mosaico”, dove i pezzi di plastica vanno a sostituire i tradizionali tasselli del mosaico. Sono opere realizzate con oggetti quotidiani trovati nei mercatini, sulle spiagge o nelle scuole e catalogati per forma e colore – dai tappi di Coca Cola ai bottoni e a pezzi di bigiotteria – che diventano vere e proprie pennellate su basi disegnate a mano. “Sono partita dalla tecnica della pittura, quindi le pennellate di colore si ritrovano nel mosaico che è, invece, di per sé legato alla natura dell’oggetto”, spiega Lady Be. “Il materiale povero viene messo insieme e recupera un suo significato, un suo valore, nell’opera che va a comporre”, conclude.

Ha iniziato, nel 2009, con Marylin Monroe, “l’opera cui sono maggiormente legata, perché, oltre ad essere la prima, conteneva i miei ricordi più preziosi”, racconta. “Si tratta di un mosaico di 150×150 cm realizzato con materiali accumulati durante la mia infanzia e adolescenza e conservati con cura negli anni. Raccoglievo in scatole tutto ciò che non volevo buttare, involucri di make up o di creme, smalti, pennarelli, piccoli giochi cui era affezionata e li dividevo per colore, per creare armonia. Mi facevano stare bene e pensare al passato da conservare, una sorta di diario. Poi è arrivato l’aspetto ecologico. Non c’era più solo il ricordo ma anche la collettività che lo raccogliesse per me. Da qui la voglia di dare una seconda vita ad oggetti vissuti dalle singole persone”, conclude.

Perché tutto ha avuto una vita precedente e viene dai luoghi più diversi del mondo. Nulla va perduto, ma, uniti i pezzi con estro ed arte, diventa un unicum che riceve nuova vita.

Molti materiali arrivano anche dalle spiagge. L’attenzione alla plastica era necessaria, la più resistente al degrado naturale e quindi con un rilevante impatto ambientale. E poi Lady Be ama lavorare immersa nella natura e fare lunghe passeggiate

Madonna, 2023, oggetti e resina su tavola, 80 x 80 cm
David Bowie, 2020, oggetti e resina su tavola, 80 x 80 cm

L’ispirazione arriva dalla pop art, accesa e brillante, ma anche dalla sua vita e dal rispetto per l’ambiente, oltre che dalla musica, che ama moltissimo. Dopo Marilyn Monroe, Lady Be ha dato vita a centinaia di volti iconici: da Gandhi Coco Chanel, David Bowie, Anna Frank,  Salvador Dalì, Lady Diana, fino a Madre Teresa di Calcutta, Papa Francesco, i Beatles e a ritratti su commissione.

Anche nel caso di questa poliedrica artistica, c’è un’importante dimensione sociale. Basti guardare alla sua Barbie tumefatta in cui raffigura il volto perfetto di una Barbie sfigurato da ematomi e ferite: un occhio livido, il labbro sanguinante. Un colpo al cuore.

Si è parlato molto di quest’opera a denuncia della violenza sulle donne, esposta anche a Montecitorio e nell’ex studio di Piero Manzoni a Milano, commentata anche da Vittorio Sgarbi. “Per realizzare questa opera”, ci racconta, “ho utilizzato diversi materiali come capelli e faccia di vecchie bambole, pezzi di plastica e oggetti di bigiotteria tagliati e ri-assemblati. I capelli di teste diverse a testimoniare le tante donne, di tutte le classi sociali. Ho scelto la Barbie perché tutti la conoscono, un ideale di bellezza e perfezione”, continua, “un personaggio iconico che dimostra come la violenza può toccare tutte, anche quelle dal volto perfetto. Un fenomeno da denunciare, da chiunque e ovunque”, conclude.

Barbie Tumefatta, 2016, oggetti e resina su tavola, 97 x 114 cm

E poi, durante l’emergenza Covid, la decisione di partecipare, con il suo lavoro, alla raccolta fondi #VinciamoNoi, organizzata sulla piattaforma Charity Stars, in favore degli ospedali Sacco di Milano, Spallanzani di Roma e il policlinico San Matteo di Pavia oltre che della Croce Rossa. La sua opera Infermiera con l’orecchino di perla è stata battuta a 6500 €, importo donato agli ospedali e alla Croce Rossa.

A seguire, tanto impegno sociale. L’asta per l’Ucraina, l’esposizione presso la promoteca del Campidoglio del ritratto eco-sostenibile del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, realizzato con i giovani Utenti del distretto 6 del Dipartimento di Salute Mentale Asl Roma 2 o l’iniziativa delle Pigotte d’artista per UNICEF. O le scarpette rosse portate in Parlamento in occasione della recente giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La lista è lunga.

Ad aspettarla, ora, Madrid, a inizio maggio, con un’esposizione presso la Galleria Espacio Jovellanos, la Biennale di Barcellona, a fine Ottobre, al Museo Europeo di Arte Moderna, e l’esposizione permanente di sue 12 opere dedicate alla musica, al Terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa, presenti dal 2019.

Un importante monito all’empatia, alla necessità di combattere il consumismo, l’accumulo irrefrenabile e lo spreco di un “usa e getta” che non si confronta con un mondo dove mancano sempre più risorse e dove, per molti, provare a sopravvivere è la regola. Con grande attenzione all’implacabile marine litter, ma non solo.

Foto, cortesia Lady Be, Immagine in evidenza “Scarpette rosse” portate in Parlamento in occasione della recente giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

 

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival ‘Ambiente è Musica’, Roma Film Corto Festival), è vicepresidente di Ferrara Film Commission e segue la comunicazione del Ferrara Film Corto Festival ‘Ambiente è Musica’. Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Congo, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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