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Cari genitori,
faccio il maestro elementare e, da un po’ di tempo, provo ad impegnarmi per migliorare la qualità dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Non ho la presunzione di pensare che i miei 35 anni di attività corrispondano ad un valore positivo ma ho imparato dall’esperienza che la comunicazione onesta e sincera è fondamentale per la costruzione di un rapporto di fiducia tra insegnanti, studenti e famiglie.
Perciò, in questo periodo in cui le esigenze economiche vengono prima delle persone e i governanti che parlano di scuola sono lontani dalla realtà, vorrei provare a spiegarVi come funziona il meccanismo dell’assegnazione delle ore di sostegno alle classi delle scuole statali in cui i vostri figli sono inseriti.
Non ce ne sarebbe bisogno se tutto funzionasse a dovere, ma mi rendo conto che molti non sono al corrente di come ciò avvenga; di conseguenza si possono generare idee sbagliate, aspettative elevate e soprattutto c’è il rischio che proprio coloro che, in un contesto indecente, si impegnano per provare a garantire un servizio decente (i dirigenti scolastici, gli insegnanti, il personale Ata) siano visti come la controparte.

Il metodo che assegna le ore alle classi in cui sono inseriti alunni con disabilità è “perverso ed assurdo” pertanto ha bisogno di essere raccontato e compreso con attenzione prima di essere combattuto e cambiato. Nel campo dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, il nostro Paese ha una legislazione all’avanguardia, guardata con grande interesse a livello internazionale; ultimamente però certi ministri sono riusciti a stravolgerla allo scopo di “razionalizzare le spese”, cioè per risparmiare denaro sui diritti degli studenti con disabilità.
Per iniziare a capire occorre sapere che il riferimento legislativo essenziale è il comma 11 dell’articolo 19 del Decreto Legge n° 98 del 6 luglio 2011: “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria “; esso recita: “L’organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole allo scopo costituite, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili”.
Noterete, per prima cosa, che il testo non è provvedimento di tipo scolastico ma economico. In seguito, potrete constatare che il criterio della media non può essere adeguato; infatti gli orari settimanali frequentati dagli alunni possono essere molto diversi: di norma, in una sezione di scuola dell’infanzia da 30 a 50 ore, in una classe di scuola primaria da 27 a 40 ore, in una di secondaria di primo grado da 30 a 36 ore e in una secondaria di secondo grado da 27 a 30 ore .
Diversa è anche la parte dell’orario di servizio in cui i docenti dei rispettivi gradi scolastici fanno lezione: 25 ore per l’infanzia, 22 per la primaria e 18 per i due gradi delle scuole secondarie.

Provo a riassumere le tappe del meccanismo in 10 punti.
1) Ogni anno le scuole richiedono, agli Uffici scolastici provinciali, le ore di sostegno necessarie per favorire l’integrazione scolastica degli alunni iscritti alle proprie scuole.
Le ore settimanali di sostegno si ricavano dai vari Piani educativi individualizzati (Pei) che sono i progetti operativi interistituzionali redatti per ogni alunno con disabilità dagli insegnanti di quella classe, dai servizi sanitari e sociali, in collaborazione con i familiari.
2) Gli Uffici scolastici provinciali, una volta raccolte le richieste di tutti gli Istituti, le inoltrano agli Uffici scolastici regionali competenti i quali, in un contesto di giustizia, dovrebbero valutarle e concedere il personale di sostegno, tenendo conto del rapporto medio di un docente ogni due alunni.
3) Gli Uffici scolastici regionali, indipendentemente dal numero di alunni con disabilità iscritti, hanno già un tetto massimo prefissato di posti di sostegno da attribuire alle scuole della propria regione e quindi, nei casi in cui il numero delle certificazioni di disabilità sia superiore al doppio dei posti di sostegno, li assegnano senza rispettare il rapporto previsto dalla normativa. [1] In tal modo “la media di un docente ogni due alunni disabili“, prevista dal D.L. n° 98 del 2011, non viene applicata.
Ad esempio, in Emilia Romagna negli ultimi tre anni, gli alunni con disabilità sono cresciuti di 1.535 unità (da 13.851 a 15.386) mentre il totale dei posti di sostegno a disposizione, nello stesso periodo, è rimasto sempre fermo a 5.892 unità.
Nel dettaglio in provincia di Ferrara, negli ultimi tre anni, gli alunni con disabilità sono cresciuti di 108 unità mentre, nello stesso periodo, i posti di sostegno sono diminuiti di 11 unità.
Questo paradosso si verifica perché, per lo Stato italiano, il mantenere immutato nel tempo il numero dei posti di sostegno, anche in caso di aumento del numero di alunni disabili, vuol dire risparmiare denaro.
4) Di conseguenza, gli Uffici scolastici regionali consegnano agli Uffici scolastici provinciali un certo numero (quasi sempre insufficiente) di posti di sostegno.
5) Gli Uffici scolastici provinciali, a loro volta, ripartiscono il monte ore complessivo, assegnandolo ai vari Istituti, non ai singoli alunni.
6) Gli Istituti quindi ricevono un numero di posti di sostegno assegnati in base ad una percentuale numerica (quest’anno il rapporto in Emilia Romagna è di un docente ogni 2,61 alunni) e non corrispondenti ai bisogni espressi nei progetti educativi di quegli studenti disabili.
7) Successivamente il Dirigente scolastico di ogni Istituto (anche facendosi aiutare dal suo staff) assegna le ore settimanali di sostegno ai vari alunni iscritti, in base a criteri di gravità funzionale e di contesto.
8) Ne consegue che, avendo a disposizione un monte ore insufficiente, le richieste contenute nel Piano educativo individualizzato non sono accolte e ad ogni alunno viene assegnato un numero di ore inferiore rispetto a quelle necessarie per attuare un buon progetto scolastico.
9) Se a questo taglio aggiungiamo che, nella recente legge di stabilità, il personale Ata, che ha anche funzioni assistenziali nei confronti degli alunni con disabilità, viene ridotto in maniera drastica, otterremo un quadro sicuramente drammatico.
10) Ecco perché molte famiglie, per veder riconosciuti i diritti pieni ed incondizionati dei propri figli con disabilità all’istruzione, sono costrette a rivolgersi ai Tar, sopportando frustrazioni non indifferenti ed affrontando costi economici alti.

Dati sulla disabilità dall’Ufficio scolastico regionale, clicca l’immagine per ingrandirla.

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In pratica il sistema “perverso ed assurdo“, oltre a far pagare il conto ai più deboli, umilia le famiglie al punto che devono chiedere aiuto proprio ad un tribunale perché sia applicata una legge.
È importante aggiungere che, nella grandissima maggioranza dei casi, le famiglie ricorrenti vincono la causa nei confronti dello Stato e vedono finalmente riconosciute ai propri figli le ore di sostegno previste dai Piani educativi individualizzati.
Per completezza va anche specificato che le scuole possono richiedere deroghe al rapporto sopra indicato ma solo per certi alunni, in certi casi e a certe condizioni; qualora le ore in deroga, di solito pochissime, venissero concesse lo sarebbero ad anno scolastico iniziato, creando in tal modo una confusione di figure ed una difficoltà nella gestione dell’orario e delle attività didattiche.
Basterebbero davvero poche righe per scrivere qualcosa di chiaro, di giusto e di risolutivo; ad esempio il comma 3 dell’articolo 12 della Legge di Iniziativa Popolare per una buona scuola per la Repubblica, la cui discussione in Parlamento è stata impedita in modo autoritario per far posto alla cosiddetta “buona scuola”, recita: “Su richiesta di ogni singola scuola, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca assicura, prima dell’inizio dell’anno scolastico, l’assegnazione di tutti gli insegnanti o le insegnanti di sostegno necessari a garantire il progetto didattico, costruito in base alla diagnosi funzionale, con il concorso delle figure professionali coinvolte.“
Non ho mai pensato che la sola assegnazione di personale di sostegno sia un elemento a favore della qualità dell’integrazione scolastica, non penso neanche che lo sia la “copertura” per l’intero orario settimanale dell’alunno con disabilità, ma sicuramente in assenza o in carenza di personale specializzato nessun progetto serio potrà mai essere realizzato.
Immagino che qualcuno potrebbe obiettare che quello che ho scritto non sia un resoconto obiettivo ma un punto di vista personale condizionato dal mio modo di vedere la realtà; sarebbe una contestazione logica.
Per questo motivo, e in ragione di ciò che ha dichiarato recentemente il sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione Davide Faraone (“Grazie anche alla legge 107/2015 forniremo agli istituti risorse professionali per renderli sempre più luoghi non solo di accoglienza ma anche di inclusione vera“), invito tutti i genitori indignati per la carenza di ore di sostegno assegnate ai loro figli, tutti i Dirigenti scolastici preoccupati per aver ricevuto un organico insufficiente, tutti gli insegnanti in ansia per l’organizzazione delle loro classi, insomma tutti coloro che si sentono coinvolti o interessati, a verificare di persona recandosi presso gli Uffici scolastici provinciali di ciascun capoluogo di Provincia [2], chiedendo informazioni al riguardo.
Una volta ottenute e confrontate con ciò che denuncio, ognuno sarà sicuramente in grado di farsi una propria idea e di scegliere il modo migliore per difendere e far rispettare i diritti all’istruzione degli studenti con bisogni speciali.

Io la mia scelta l’ho già fatta!

“Cercavi giustizia ma trovasti la legge” (Francesco de Gregori)

[1] Ciò è dovuto ai commi 413 e 414 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244: “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” nei quali, in linguaggio “politichese” è scritto che il numero dei posti degli insegnanti di sostegno non può superare un certo numero (“il numero dei posti degli insegnanti di sostegno, a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009, non può superare complessivamente il 25 per cento del numero delle sezioni e delle classi previste nell’organico di diritto dell’anno scolastico 2006/2007“).

[2] A Ferrara è in via Madama 35.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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