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4 Settembre 2019

Il crocifisso tradito

Tempo di lettura: 3 minuti


E’ passato un bel po’ di tempo e non riesco a ricordare se nella mia aula della scuola elementare Biagio Rossetti fosse esposto il crocifisso d’ordinanza. Nessuno ci faceva caso. Allora i bambini erano tutti bianchi, non ci si poteva esentare dall’ora di religione, l’Italia non era diventata quella che è ora: una società multietnica e multiculturale.

Ricordo invece che la questione dei crocifissi nelle aule della repubblica è stata sollevata, con le polemiche del caso, più e più volte negli ultimi vent’anni. Ora, dopo la decisione dell’assessore alla Pubblica istruzione Dorota Kusiak di acquistare 385 crocifissi da distribuire nelle scuole cittadine di ogni ordine e grado, il problema cessa di essere un argomento astratto di discussione, ma coinvolge in prima persona i bambini, i ragazzi, gli insegnanti, le famiglie ferraresi.

Il primo cittadino Alan Fabbri, in linea con la decisione prese in passato da altri sindaci leghisti e con le più recenti esibizioni di madonnine e rosari da parte di Matteo Salvini, ha dichiarato il fine ultimo della campagna per il crocifisso: “E’ un simbolo d’amore, tutelo la nostra identità”. Difficile ovviamente sostenere che, per un cristiano più o meno osservante, il crocifisso non sia il segno più alto dell’amore di Cristo, un Dio fatto uomo che muore per salvare l’umanità. Il problema riguarda però l’uso, o l’abuso che si fa di questo simbolo. Ancora più ambiguo è il richiamo all’identità. Quale identità dovrebbe tutelare l’esposizione del crocifisso? L’identità della maggioranza (ammesso che nell’Italia secolarizzata ancora lo sia) sopra e contro quella delle minoranze?

L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche trova ragione in alcune disposizioni del Ventennio fascista, così infatti, trattando di arredi scolastici, prevedono due articoli del Regio Decreto 965 del 30 aprile 1924 e dal Regio Decreto 26 aprile 1928. Sono leggi e circolari ancora virtualmente in vigore, visto che in un’Italia che ha cambiato completamente faccia e colore, nessuno in 90 anni si è preso la briga di cancellarle. Contro la legittimità , o comunque l’opportunità di una loro applicazione c’è però il principio fondamentale della laicità dello Stato affermato con forza dalla Costituzione – la prima legge dello Stato – che all’articolo 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali”.

Fin qui i termini della questione in punta di diritto. Quello che più interessa è però la situazione reale e concreta di chi oggi frequenta le scuole della nostra città. Sono davvero in tanti – in alcune classi delle primarie arrivano a sfiorare il 50% – gli alunni frequentanti di religione diversa da quella cattolica. E tantissime sono le famiglie che, anche se di cosiddetta ‘educazione cattolica’, hanno chiesto l’esenzione dall’ora di religione per i loro figli.  Scrive giustamente il maestro elementare Mauro Presini in una lettera aperta all’assessore alla Pubblica Istruzione: “Non esporrò il crocifisso perché la dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica non è più «fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica» nel nostro Paese. Non lo esporrò, nonostante sia uno fra i simboli di identità storico-culturale, perché nella mia classe, come nella maggioranza delle classi italiane, ci sono bambini e bambine i cui genitori hanno scelto di avvalersi dell’insegnamento delle attività alternative alla religione cattolica.”.
Ma la decisione di affiggere il crocifisso in tutte le aule delle scuole ferraresi non suona solo come una negazione della laicità della scuola pubblica, un’offesa ai diritti fondamentali con l’imposizione di un credo sopra tutti gli altri credo, rappresenta anche un insulto al supremo valore dell’amore che sta alla base della religione cristiana.

Salvini impugna il rosario, i suoi seguaci impongono l’obbligo del crocifisso in nome del messaggio evangelico e  del valore dell’amore, ma cosa diventa questo amore se si sceglie di imporlo ‘ex catedra’ (letteralmente), sopra tutto e tutti? Anche i cattolici, i credenti, dovrebbero avversare le forzatura propagandistica dell’Amministrazione Comunale di Ferrara. Povero Cristo! Il crocifisso obbligatorio è un crocifisso tradito: cessa di essere simbolo di unione fraterna e di amore e diventa strumento di divisione e di conflitto.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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