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“Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere” è il titolo della mostra d’arte che ho curato con le opere pittoriche del giornalista, scrittore e poeta, a poco più di un anno dalla scomparsa. Nato nel 1936 a Ferrara, dove è morto il 7 gennaio 2023, Testa è stato infatti anche pittore. La mostra si terrà alla Idearte Gallery (via Terranuova 41, Ferrara) da sabato 2 a mercoledì 20 marzo 2024. Inaugurazione sabato 2 marzo alle 18.

GPT alla scrivania (foto GioM)
Realizzare questa iniziativa è stato un viaggio appassionante e – come tutti i viaggi che valgono la pena di essere intrapresi – il cammino non è stato esente da ostacoli, salite aspre, curve insidiose e inaspettati traguardi in radure inondate di luce.

Locandina della mostra
Un percorso lungo mesi e mesi, compiuto cercando e mettendo insieme le opere realizzate da Testa in un periodo di  oltre sessant’anni, a partire dai suoi 15 anni fino agli 80 inoltrati. Poi è stato necessario raccogliere documenti e ricordi, aneddoti e momenti cruciali, collegare opere forti, volti cupi, nature morte e bellezze al vento con quadri di artisti da lui visti e amati, conosciuti o intercettati attraverso mostre e luoghi-chiave della sua vita.

“Ultima cena” (foto Luca Pasqualini)
Questo lavoro mi ha condotto in stanze e spazi ricchi di opere e testimonianze su un giornalista-letterato e artista che è stato per me e per tanti maestro di giornalismo, punto di riferimento di scrittura, amico caro e amato, persona di un’umanità grande, generosa ed esuberante.
Una personalità difficile da eguagliare, composta di cultura alta e di concretezza piena di spirito. Con una capacità di pensiero e di indagine profonda e originale, accompagnata sempre da leggerezza ossigenante e da inestinguibile ironia e anticonformismo.
Figura femminile
Paesaggio con luna e rosa
Figura (foto L.Pasqualini)
Ringrazio il figlio, ringrazio il nipote, ringrazio l’amico suo caro, ringrazio gli amici miei che mi hanno sostenuto e messo a disposizione le loro competenze: di critico, di gallerista, di fotografo, di grafico, di restauratore, di supporter, consigliere, finanziatore. E poi – nonostante talvolta l’impresa di portare a compimento mostra e catalogo sia apparsa ardua e abbia rischiato di fallire – ho avuto sorprese e sostegno da più parti, molte volte inaspettate.  Richieste fatte in modo lieve, hanno prodotto risposte immediate e così calzanti, tanto rapide e provvidenziali da risultare determinanti.
Sono state queste le radure che hanno rischiarato il cammino di ricerca: incontri e disponibilità che mi hanno mostrato l’affetto e la stima condivisa per Gpt. Una penna decisiva per la svolta di inchieste, come nel caso della strage di Peteano o quella di piazza Fontana. E che ha lasciato un segno che si ravviva ogni anno con la commemorazione della drammatica, poetica levità da lui dedicata ad esempio alle vittime della strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
La mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere” raccoglie un nucleo di opere a tema prevalentemente femminile. Sarà accompagnata da un piccolo catalogo, che ha l’obiettivo di inquadrare l’attività pittorica di Gpt nel suo complesso.
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“GIAN PIETRO TESTA – Il giornalista che amava dipingere”
Idearte Gallery, via Terranuova 41, Ferrara | 2 marzo – 20 marzo 2024

A cura di Giorgia Mazzotti

Prefazione critica di Lucio Scardino |Organizzazione Associazione culturale Ferrara ProArt

Patrocinio di Comune di Ferrara, Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna, Associazione Stampa Ferrara con il sostegno di Amsef Ferrara a tutela della memoria

Mostra aperta tutti i giorni feriali ore 10:00-12:00 e 16:00-19:00
Sabato su appuntamento tel. 0532 1862076. Domenica chiuso.
Per info: curatrice Giorgia Mazzotti, email giom.larte@gmail.com

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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