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Diario in pubblico: vivere col rimbombo.

L’è dura!!!! Nella calda giornata di questo settembre fuori dalla norma, aspetto con timore, quasi paura, ciò che dovrò sentire dagli implacabili lavori del parcheggio in costruzione che alla fine mi entrano addirittura in casa. Le note profonde della voce del capocantiere sostituiscono ormai i tonfi ritmici dei macchinari. Discute, urla. bestemmia alternandosi con un’altra voce più umana, e tutto mentre faticosamente tento di ristabilire un contatto più armonioso col mondo e con questa non voluta esperienza.

Tutto inutile! Come nel più profondo girone dell’inferno sono punito chissà per quale orrendo peccato commesso e il giusto contrappasso è il rimbombo eterno. Quel che mi stupisce, però, è l’indifferenza con cui il vicinato accoglie lo stravolgimento (son sei mesi) del proprio ritmo vitale. Le “autorità” tacciono.
Ho sperato di contattare la sovrintendenza ai beni artistici e ambientali essendo il palazzo in cui vivo dichiarato d’interesse nazionale. Silentium. Voci annoiate mi rispondono dall’ufficio. Insomma, la “naturale” reazione del servizio pubblico.

Aggiusterò a mie spese la cornice ottocentesca del quadro che le vibrazioni hanno staccato dal muro, cercherò di resistere e di farmi una ragione che la proprietà (così viene chiamata dagli operai) abbia la bontà di contattarmi. Ma credo sia una pia illusione.

Domanda indiscreta. Ma i grandi architetti, i prof. universitari di architettura hanno consapevolezza di questo lavoro? Hanno constatato quali novità (!) abbia portato la risistemazione di un intero quartiere?

E mentre la pioggia cade s’affievolisce il rombo. Tregua o resa ai diritti della natura?

Tra percorzo, resistenza, social, femminicidi, sbarchi, Giorgia ed Ely… guardare un telegiornale è un’impresa difficilissima: come seguire i 5 minuti del Vespa nazional-ortodosso. Perfino la- una volta- stimata Gruber crolla con la perfida intervista alla purtroppo debole Schlein. Mi rifugio allora tra i libri e ammasso le ultime novità, sperando che la sistemazione dei miei libri offerti alle biblioteche pubbliche abbia una risposta e un fine “ferrarese”

Va molto la parola ‘mago’ e non a caso, dopo i maghi classici da Thomas Mann a Coimbin o quelli più reali e amati, cioè i giocatori del calcio, ecco l’ultimo romanzo di un bravo scrittore, Emanuele Trevi, La casa del mago (Ponte alle Grazie, Milano, 2023). L’argomento a me molto caro perché vissuto di persona parla di un guaritore d’anime il padre dello scrittore psicanalista junghiano e quindi non a caso questo romanzo si pone tra le fondamentali scoperte e prezioso tesoretto di questa annata culturale.

Altro tema svolto con classe e consapevolezza è quello affrontato da una scrittrice israelo-francese Anne Berest, La cartolina (edizioni e/o, Roma, 2022). Una cartolina mette sulle tracce dei parenti morti ad Auschwitz la scrittrice che rivive così gli ultimi cento anni della sua famiglia. Straordinario.

Così mi trascino tra i rimbombi, sperando che nella mente tutto s’aggiusti senza provocar altri danni oltre quelli dell’età.

Per leggere gli altri articoli di Diario in pubblico la rubrica di Gianni Venturi clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autore.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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