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L’adozione è un percorso mai concluso. Quando un bambino adottato diventa adolescente rivive tutta la sua storia, e a volte più che rifletterci sopra comincia a dibattersi.

La doppia appartenenza

Trenta chili ed un sorriso
m’han comprato dal Perù.
Dopo anni di buon viso
io non ce la faccio più.
Non lo so che mi succede
non so più cos’ho nel cuore
e se mamma me lo chiede
perdo tutto il buonumore.
So però che c’è qualcosa,
una smania ormai costante,
che m’insegue e non si posa
e per me è più importante
stare tutto il giorno in piazza
con gli amici, mia famiglia,
che fermarmi alla tivù
col pensiero del Perù.
Sarà forse la mia razza
che è ribelle ad ogni briglia?
Sarà forse che a accettare
di adeguarmi a tutto quanto
mi parrebbe di barare?
Per i miei sarebbe un vanto
però io sono diverso
gliel’ho detto e non c’è verso.
M’han comprato a caro prezzo,
anche questo l’ho capito.
Se mi piego o se mi spezzo
sento sempre che ho tradito
e sia chi mi ha generato
ma non mi ha mai dato niente
sia chi invece m’ha comprato
sotto gli occhi della gente.
Vorrei essere me stesso
non è tutta presunzione
e ricevere lo stesso
tanto amore e una ragione
per alzarmi domattina
dare retta, andare a scuola
zaino, libri, caffeina
tanto sai che il tempo vola.
Vola il tempo e posso dire
che domani è lunedì.
Sarà il giorno per capire
se i miei sogni sono qui?

 

All’origine di ogni adozione c’è un abbandono, un morso che non finisce di dolere. Perché non sono stato amato? Forse non lo merito. E perché questi che chiamo genitori dicono di volermi bene? Forse gli faccio comodo.
In adolescenza tutto questo può esplodere in modo veramente deflagrante e terribilmente faticoso per il ragazzo, o la ragazza, e per chi ha intorno a cominciare dai genitori. Vivere in una doppia appartenenza senza averla scelta è faticoso, c’è il rischio di non riconoscersi da nessuna parte, tanto più nell’adozione internazionale.

 

CONTRO VERSO, la rubrica di Elena Buccoliero con le filastrocche all’incontrario, le rime bambine destinate agli adulti, torna su Ferraraitalia tutti i venerdì.
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Elena Buccoliero


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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