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Dopo la marcia anti rom organizzata da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia davanti al campo nomadi di via delle Bonifiche (un centinaio scarso di persone, ma assai arrabbiate e invadenti), dopo le iniziative di solidarietà promosse da una rete di associazioni ferraresi schierate per difendere il diritto di cittadinanza e la pacifica convivenza tra culture differenti (anche questa testata ha aderito), è forse il momento di riflettere più a fondo sulla nostra storia e su cosa si nasconde dietro la proposta d censire e schedare i nomadi.

La storia ce lo ha insegnato: chi vuole fare un censimento dei rom, in realtà vuole “schedare gli zingari” e chi vuole schedare qualcuno è perché lo considera diverso, pericoloso e lo vuole isolare, carcerare, allontanare.
Chi vuole far questo, oltre a proporre qualcosa di anticostituzionale, sceglie la pedagogia della paura, insegna l’odio verso chi è diverso e mette in pratica la didattica dello stereotipo: il suo metodo è quello della generalizzazione, il suo stile è quello di sussurrare alle pance piuttosto che parlare alle teste e ai cuori.
In pratica, chi vuol far questo estende la responsabilità di un fatto di cronaca legato a una persona di una certa nazionalità, di una certa etnia o di una certa categoria di persone a tutti gli appartenenti a quella nazionalità, a quella etnia, a quella categoria.
In sintesi, prende per vera un’ipotesi, crede in una una congettura, pensa che un luogo comune sia la verità.
È così che nasce l’idea bugiarda che tutti gli zingari siano ladri e rapiscano i bambini.
È così che molti vogliono far credere che tutti i musulmani siano terroristi dell’Isis, che tutti gli americani siano guerrafondai, che tutti i rumeni siano ladri, che tutti gli svizzeri siano puntuali, che tutti i turchi siano fumatori incalliti, che tutti gli ebrei siano avidi, che tutte le donne ucraine siano badanti, che tutti gli albanesi siano criminali, che tutti gli africani abbiano il ritmo nel sangue, che tutti gli olandesi fumino marijuana, che tutti i cinesi mangino i cani, che tutte le donne svedesi siano di facili costumi, che tutti gli irlandesi siano ubriaconi, che tutti i napoletani puzzino, che tutte le donne non sappiano guidare e potrei continuare a lungo con altri esempi.
Allo stesso modo, le persone che pensano le assurdità di cui sopra dovrebbero accettare l’idea di essere definiti mafiosi in quanto italiani… perché è questo che pensano di noi le persone straniere che generalizzano.

In pratica, chi pensa e insegna in questo modo, fa di tutta l’erba “un fascio”: volendo giocare con le parole, chi fa questo è doppiamente “fascista” (vedi:http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/F/fascista.shtml).
Gli stereotipi, i pregiudizi ed i luoghi comuni nascono dall’ignoranza, cioè dalla non conoscenza. Un buon antidoto per questo, oltre allo studio, è il conoscere attraverso il viaggio perché viaggiando si incontrano persone diverse, si possono conoscere nuove culture e, oltre alle naturali differenze, si potranno scoprire molte similitudini e imparare a spostare il proprio punto di vista.
A chi invece non vuole viaggiare, a chi non vuole conoscere, a chi vuole tenersi i suoi pregiudizi, agli insegnanti di odio, ai pedagogisti della paura, ai demolitori di accoglienza, ai distruttori di solidarietà, ai chiuditori di porti, agli schedatori di rom, ai guidatori di certe ruspe consiglierei sinceramente di andare a visitare almeno un paese: Quel Paese.
Andate a “Quel Paese”, ma andateci sul serio… farete sicuramente un favore alla cultura e a “questo Paese”.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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