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Un anno tra gli alberi”, un albo dedicato a un nonno che, mangiato un frutto, ne piantava il seme.

Leggevo da qualche parte, tempo fa, che uno dei regali più belli che si possa fare alla terra è camminare o passeggiare mangiando un frutto e gettarne poi il seme sull’erba.

Mi incuriosiva questo invito, un gesto che poteva parere pura e semplice maleducazione. Quel gesto, di primo acchito poco istintivo, celava ben altro. Non ci avevo mai pensato.

Poi, quasi per caso (anche se non credo che nulla accada per caso), eccomi a leggere la dedica di un bellissimo albo illustrato di Valentina Levrini e Irene Penazzi, “Un anno tra gli alberi”, Terre di mezzo editore. Valentina, autrice dei testi, lo dedica al nonno Vincenzo, che mangiato un frutto, ne piantava il seme. Un mondo di relazioni.

Ritratti di alberi, ciascuno con la sua peculiarità e bellezza, amici gioiosi e appassionati che risvegliano il desiderio di giocare all’aria aperta e invitano al rispetto della natura, oltre che a coltivarne l’amore. Una bella lezione per tutti, grandi e più piccini. Per riflettere sulla bellezza e la grazia che abbiamo intorno, per saperla vedere e riconoscere.

Ce ne sono molti, sono dodici. Il nocciolo comune, ribelle, perché ha sorpreso il mondo addormentato scegliendo l’inverno come occasione per fiorire. Con ardore e forza, in un ambiente che parrebbe ostile ma che per lui è la sua scelta di vita. E i bambini coperti da sciarpe e berretti colorati lo salutano ogni anno, come si fa con gli amici di sempre.

Non manca il faggio, che ha una chioma talmente fluente da far invidia. Foglie ondulate come ricci ribelli abilmente domati rendono il suo capello un poco sfacciato. Verde d’estate e arancione d’autunno, cambia acconciatura ad ogni stagione. Un po’ come un’elegante signora incurante del tempo che passa. Lei è bella, sempre, perché così si sente. Qualche rastrello e fogli di carta su cui disegnare e il ritratto del faggio è pronto.

Due gherigli abbracciati, che non si vorrebbero separare, introducono il noce, l’abete rosso aspetta il Natale. Solo che qui non è dietro le vetrine scintillanti e le sue lucine sono la luna e il sole, la sua musica gli uccellini, allineati sui rami come note su un armonioso spartito. Che bello potervisi arrampicare sopra…

La betulla bianca, alta e slanciata, ha un corpo atletico rivestito di occhi, qualche palla di neve la sfiora, lei osserva il gioco spensierato e pare sorridere a tanta felicità. Un giovane pupazzo di neve con un berretto alla Sherlock Holmes le fa l’occhiolino.

L’albero di Giuda porta in altra stagione, ha i colori dei fuochi di artificio, una vera esplosione, rosa shocking che abbaglia. Ci sta un bel picnic, di quelli con le tovaglie a quadretti e i cestini pieni di panini e dolcetti. Stendersi sull’erba è una vera pacchia…

Il ciliegio ha una folta chioma a pois, macchie rosse sulle manine, sui nasini, le ginocchia e le magliette, uhm che buone le sue ciliegie, ma chi sarà più svelto?

Il profumo del tiglio ibrido attira le piccole api che ne rubano il cuore, pura dolcezza ma qui bisogna stare davvero molto attenti, tutti al riparo sotto i cappelli a visiera … bbbzzzz

Il rifugio ideale resta, però, quello fra le chiome del gelso nero, un vero affresco vegetale che riappacifica con il mondo, una possente cupola verde che protegge; con le sue more grassottelle e succose da mangiare è un vero paradiso. Cosa volere di più?

La sfida? Fare come questi tre bambini…

Attenti pure alle foglie del fico, però, con il suo latte urticante, mentre i dolci paffuti e succosi sono deliziosi, non fai in tempo a raccoglierli che già li hai mangiati… Si possono anche seccare al sole per tempi più freschi. Con il cioccolato saranno una meraviglia.

Viali immensi e filari di grappoli di succosa uva viola dove perdersi porteranno al cotone del pioppo bianco, quella coltre leggera e soffice che pare già neve. Sono i semi portati dal vento che volano via, altrove, verso speranze e vite nuove. E tutto ricomincia. Più bello di prima. Magari saltando un poco la corda, insieme.

DA ANNOTARE

Irene Penazzi sarà ospite, sabato 5 agosto, di Look Ap, un progetto di arte diffusa in Appennino che intreccia realtà culturali e linguaggi diversi, un nuovo modo di vivere la montagna. Una rassegna di eventi in cui i bambini possano ascoltare storie e musiche di paesi lontani, perdersi nel bosco e lungo i sentieri, immergendosi totalmente nella natura e scoprendone le sue bellezze. Per maggiori informazioni

Irene Penazzi è un’autrice e illustratrice nata a Lugo di Romagna nel 1989. Laureata al corso specialistico di Illustrazione per l’Editoria presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha collaborato con l’Associazione Culturale Hamelin. Ha ricevuto menzioni in diversi concorsi di illustrazione nazionali e internazionali.

Valentina Levrini è mediatrice culturale, insegnante e progettista, ama sperimentare diversi linguaggi artistici con una predilezione per la fotografia e la poesia.

Per una bella intervista a Valentina e Irene

 

Valentina Levrini (testo), Irene Penazzi (illustrazioni), Un anno tra gli alberi, Terre di Mezzo editore, 2023, 32 p.

Libri per bambini, per crescere e per restare bambini, anche da adulti.

Rubrica a cura di Simonetta Sandri in collaborazione con la libreria Testaperaria di Ferrara.

Foto in evidenza disegni di Irene Penazzi, Terre di Mezzo editore

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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