“La zia dice che i pantaloni della signora del sesto piano sono kitsch. Mi piace la signora del sesto piano, lancia giù certi sorrisi dalla rampa delle scale, poi china lo sguardo sulle zampe larghe dei suoi pantaloni bianchi e li sventola. Sembra un elefante alto e magro, tronco di betulla al contrario, una calla d’estate”.
È la fantasia libera della protagonista del bellissimo e coloratissimo albo illustrato Kitsch! di Daniela Iride Murgia, pubblicato da Edizioni Corsare, con le illustrazioni di Daniel Torrent. La spontaneità dei bambini. Il mondo salvato dai ragazzini.
Una simpatica e paffuta bambina che cerca di afferrare il senso di questa parola di origine tedesca e, a partire da essa, di molto altro. Un viaggio originale e divertente.
“Ai bambini che si chiamano Gillo e a tutti quelli che non si chiamano Gillo. Alle tartarughe, alle nuvole, ai cani, ai sassi e a tutte le cose che si chiamano Gillo”, è la dedica che apre il libro. E il pensiero va subito a lui, il critico d’arte Gillo Dorfles che, nel 1968, pubblicava, con l’editore Mazzotta, Il Kitsch: antologia del cattivo gusto, in cui definiva il kitsch come “un’operazione apparentemente artistica che surroga una mancante forza creativa attraverso sollecitazioni della fantasia per particolari contenuti (erotici, politici, religiosi, sentimentali)”. Dorfles esaminava ciò che sotto questo nome appariva ogni giorno nell’arte, nella vita e nei processi di comunicazione. “È necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, a patto di non farsi prendere la mano. Perché il “cattivo gusto” è sempre in agguato”, scriveva.
Nel libro che vi presentiamo oggi, la parola esplode fin dalla copertina colorata rosa shocking con sprazzi-pennellate di verde e di giallo, come uno starnuto improvviso, rumoroso e difficile da trattenere.
Una parola ostica che la nostra giovane protagonista non sa mai come scrivere, dal suono buffo e alla quale non sa dare significato. O meglio, lei ne ha uno tutto suo, sempre diverso da quello degli adulti. Autonoma, fin da subito. La bimba indossa un buffo cerchietto con antenne lunghe e tese – quasi da piccola ape vispa e ronzante -, perché nulla si indossa mai a caso, una maglietta a righe dagli insoliti colori e un pantaloncino nero con banda gialla laterale. Ha ginocchia e gote rosso fiammante punteggiate da lentiggini ed è ancora avvolta dalla morbidezza dell’infanzia. Ha capelli mori e corti. Ci piace, ispira tenerezza e simpatia.
Tante sono le domande che si fa, è curiosa. Sono kitsch le automobili tutte uguali con i vetri neri che passano in fila, accanto alla panetteria, sfrecciando al seguito di qualcuno di importante? O forse lo è quel negozietto buffo, dalle grandi vetrine, pieno di cose improbabili come il fenicottero con pantofole di coccodrillo? Neanche la maestra dalle sopracciglia folte, con il suo dizionario che sa tutto, lo sa spiegare… 1920, 1940?
Qualcuno usa la parola kitsch per indicare qualcosa di bizzarro, qualcuno qualcosa di artistico, qualcun altro qualcosa di brutto. Insomma, forse la cosa migliore è provare ad afferrare il senso della parola, insieme al suono, da soli. Sarà la bambina a decidere che è meglio valutare da sola, ogni volta, cosa è kitsch e cosa no.
“Ho deciso che è kitsch il cappottino invernale del cane del cuore, cioè del cane di Matilde, la mia amica del cuore. Non ne sono molto sicura, voglio dire, non sono sicura se è kitsch il cane o il suo cappottino, e non sono nemmeno sicura che lei sia la mia amica del cuore. Forse è kitsch avere tante amiche e chiamarci tutte “migliore amica”. Mi piacciono i cani… ho deciso che gli alberi non sono kitsch!”
Ma, in fondo, è kitsch anche il tramonto quando il sole si fa rosso fuoco e copre l’azzurro del cielo, lo è quel grande mazzo di fiori finti che resiste al sole dell’estate e al gelo dell’inverno, che non ha bisogno di acqua o terra e che, senza parole ma con esuberanza, per la bambina vuole dire semplicemente amore. Quel qualcosa che resta con te. Quel dono che puoi portare ovunque.
Questo sì, quello no… E voi, che senso date alla parola kitsch?
Daniela Iride Murgia nasce in Sardegna, si laurea in arte orientale a Venezia e consegue un Master in illustrazione a Padova. Collabora con riviste e case editrici internazionali. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il prestigioso premio A la Orilla del Viento (Mexico), la menzione al V Compostela International Prize for Picture Books, il Premio Caniem della National Chamber of the Mexican Editorial Industry, il Premio Rodari, l’Award of Excellence Communication Arts/USA, il Premio Letteratura Ragazzi di Cento. Nel 2021 le è assegnato il Premio Andersen come miglior illustratrice dell’anno. È cofondatrice di M+B studio, che progetta e cura mostre in collaborazione con artisti e architetti internazionali presso la Biennale di Venezia e altre sedi dedicate all’arte contemporanea.
Daniel Torrent nasce a Barcellona, si laurea in Storia dell’Arte e dal 2010 si dedica all’illustrazione, specializzandosi nella realizzazione di albi illustrati, di cui è spesso autore sia del testo che delle immagini. Docente di illustrazione, ha vinto numerosi riconoscimenti internazionali. Ha esposto le sue opere in Spagna, Italia, Francia, Messico e New York. Per Edizioni Corsare ha scritto e illustrato Album per i giorni di pioggia.
KITSCH!, di Daniela Iride Murgia, illustrazioni di Daniel Torrent, Edizioni Corsare, 2022, 40 p.
Libri per bambini, per crescere e per restare bambini, anche da adulti. Rubrica a cura di Simonetta Sandri in collaborazione con la libreria Testaperaria di Ferrara
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchera.
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Francesco Monini
direttore responsabile
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Altro prezioso suggerimento per le attività laboratoriali in classe con bambini e bambini adulti. Grazie !
Grande ispirazione, vero. E grazie