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La poesia è l’arte della concentrazione, della riduzione. Per il lettore – la cosa più interessante è andare ‘a ritroso lungo il raggio di luce’, cioè ripercorrere le vie per cui si è giunti a questa concentrazione, stabilire in quale attimo, nel frazionamento a noi tutti comune, per il poeta comincia a balenare la luce di un denominatore linguistico.”
(Iosif Brodskij)

Farsi del male

                           a Valeria

Le ferite sono profonde,
quei solchi neri ti attraversano
_ il braccio,
Una scrittura che solo tu
sai tradurre nel silenzio.

Nascondi i tagli
sotto la manica lunga
a chi non vuol sapere.
Scavi, cerchi il tuo nome
nella carne
sino all’ osso sbiancato,
a lui chiedi, come la voce
di una madre perduta
inventi ancora quel tuo gioco
a nascondino.

Piccola, sei piccola
nei tuoi sedici anni contati
al calendario,
attorcigliata al bianco
aspetti che qualcuno venga,
passi di lì,
tra le vene e i nervi fragili,
venga dietro l’angolo
proprio dove stai tu.

Vengo a cercarti senza nome,
e intanto il tuo corpo
lontano, abbandonato
in questa primavera.

(inedita)

 

Nel chiarore

Non so la nudità di un volto
immerso nel chiarore,
non la luce che abbaglia
– alla nascita.

Sul ramo sventola l’allegria
di una foglia piegata
poco prima del volo,
un incolmabile richiamo
a ciò che resta immobile.

Guardo questa distesa
nella fragilità luminescente
preziosi sono i resti di ciò che era
intero, afferrato – nel nulla.

La terra, la terra tutta
è calpestata, divorata
da passi – dove vanno gli umani?
Dov’è la traiettoria
della cometa mentre incontra
la predicazione di un santo?

Improvvisa una musica,
nel tentare l’uragano
di una parola
e domani un temporale
sarà acqua del battesimo.

Nel cavo della mano
gesti possibili, ancora
– non inventati.

(inedita)

***

Poesie da TERRA MAGRA ( Il Convivio editore, 2023)

Ritorni

Dalla spiaggia ritorno sempre
con un sasso, un ramo liscio
o una conchiglia.
Ho pezzi minuscoli
di isole che non ricordo.
Scaglie, ossa persino e
frantumi di colonne.

Stanno nella ciotola, vicini
come bambini nel cortile.

Non so se ricordano il nome che li fece
– interi, la pianta che li univa
e il dolore, prima dell’arsura.

Le voci, certo le voci
le hanno addosso,
una sintassi di calcare e vento.
Le guardo riposare,
non chiedo, non posso sciupare
– il patto.

 

Infanzia della specie

Laggiù nel bianco,
tra il basalto e strati d’arenaria
si affaccia – l’infanzia,
e coltiva ancora il grano
dentro i sogni.

La vita cresce selvatica
dentro ogni perimetro,
le ossa raccolte,
una preghiera semplice,
imparata da piccoli…

Siamo cellule
nell’eco della specie,
un’origine senza un nome,
senza nome.


Custodire

               ai miei figli

I passi non sono più una fuga,
sono echi dentro la testa,
gesti nel bianco delle lenzuola.

Il timore è nato oggi al mondo,
la gioia disegna
il suo nome sul muro,
la mano la tiene, senza
afferrarla mai.

Impariamo la corsa
il primo giorno che siete nati
e siete già qui…
Impariamo il silenzio
e il pianto.

 

Figli

I figli vanno dove nessuno sa,
vengono da un incontro di cellule,
dal caso o da un destino.

Il compito resta ancora
                   sfuggire le trappole,
                  dissodare il terreno
con la determinazione di chi
semina fagioli, ogni anno a marzo.
E non sa se ci sarà la mano
a raccoglierli.

Gabriela Fantato poetessa, critica e saggista, tradotta in inglese, francese, arabo e spagnolo. Suoi testi sono presenti nell’antologia: Nuovi poeti italiani 6 (Einaudi, 2012) e il poemetto A distanze minime in «Almanacco dello Specchio» (Mondadori, 2010).Tra le sue pubblicazioni ricordiamo le più recenti: Codice terrestre (La Vita Felice, 2008); L’estinzione del lupo (Empiria, 2012); La seconda voce (Transeuropa, 2018); Terra magra (Il Convivio, 2023).
Ha curato con L.Cannillo La Biblioteca delle voci (Edizioni Joker, 2006). Interviste a 25 poeti italiani. Ha diretto la rivista «La Mosca di Milano». Attualmente è nella redazione della rivista «Metaphorica» (Edizioni Efesto); Ha scritto testi per la musica, andati in scena nei maggiori teatri italiani, con le musiche di Carlo Galante.

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio.
Per leggere i numeri precedenti clicca sul nome della rubrica.

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Pierluigi Guerrini

Pier Luigi Guerrini è nato in una terra di confine e nel suo DNA ha molte affinità romagnole. Sperimenta percorsi poetici dalla metà degli anni ’70. Ha lavorato nelle professioni d’aiuto. La politica e l’impegno sono amori non ancora sopiti. E’ presidente della Associazione Culturale Ultimo Rosso. Dal 2020 cura su Periscopio la rubrica di poesia “Parole a capo”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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