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di Alan Turquet

Con una scontata e schiacciante maggioranza il nuovo governo italiano, presieduto da Mario Draghi, si appresta a mettersi al lavoro.
Nel presentare la natura del suo governo il Presidente del Consiglio ha detto, nel suo discorso al Senato:
“Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti”.
Allora la domanda diventa, necessariamente, il governo di quale paese?
Cercherò di rispondere alla domanda, basandomi su quanto detto dal Presidente nel medesimo discorso, dal punto di vista delle cose di cui si occupa la nostra agenzia: la pace, la nonviolenza, i diritti umani, la nondiscriminazione.

La pace
La parola “pace” non è presente nel discorso di circa un’ora. In compenso l’Alleanza Atlantica è citata tre volte. Cosa significa in concreto? Gli è capitato per sbaglio? No,significa che possiamo scordarci una ridiscussione dell’acquisto di F-35 o di firmare il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, alcune delle priorità condivise dalla totalità dei pacifisti italiani. Il paese che chiede la riconversione dell’industria bellica, quello del rispetto dell’articolo 11, quello del disarmo nucleare non è nemmeno citato.

La nonviolenza
Il discorso fa riferimento a valori: nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori”. Temiamo che i valori del “fachiro nudo”, come lo chiamava Churchill appartengano ad altre culture ed altri valori che l’ex-presidente della BCE non aggiunge al suo valore centrale “l’irreversibilità della scelta dell’euro”. In ogni caso la parola “nonviolenza” nemmeno appare nel discorso.

Diritti Umani
Ci crederete? Nemmeno “diritti umani” appare nel discorso. E quando si citano numerosi interessi e paesi che in qualche modo preoccupano il nuovo governo l’Egitto non appare nella lista. A dire la verità la parola “diritti”, almeno, appare quattro volte; una volta per prendersela con la Russia ed altri generici paesi dove si violano i diritti, altre tre  per parlare genericamente dei diritti dei cittadini, dei giovani e dei rifugiati.

Nondiscriminazione
“Altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo, nel quale perseguiremo un deciso rafforzamento dell’equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva. Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati”.

Questo l’unico paragrafo, inserito nella parte di politica estera, dove si parla del tema immigrazione. Un po’ generico, sibillino e abbastanza poco. Integrazione? Diritto di cittadinanza? Centri di Detenzione?
Almeno Conte ci consolava con le sue pompose quanto retoriche citazioni del Nuovo Umanesimo. Qua non pare che si voglia uscire da una gestione manageriale ed emergenziale della pandemia, da un radicale riaggiustamento economico e fiscale a cui sembrano sottomessi anche l’interesse per l’ambiente, per i giovani, per la parità di genere che il discorso cita.
Così un governo che sembrava emergenziale ha un programma che vuole esplicitamente andare oltre l’emergenza, che parte dalla pandemia (senza cambiare né il Ministro né lo staff che ha lavorato finora), per un programma economico e fiscale abbastanza complesso; l’altra priorità richiesta con forza dal Recovery Plan, la transizione ecologica, ha già fatto rizzare i capelli in testa a tutti gli ecologisti vecchi e nuovi  per due motivi: la vaghezza delle funzioni del nuovo Ministero della Transizione Ecologica (più o meno il Ministero dell’Ambiente con qualche delega in più) e la scelta di mettervi a capo Roberto Cingolani, tecnocrate implicato in aziende  non particolarmente ecologiche come Ferrari e, soprattutto, Leonardo.

Infine il Governo Draghi è a un soffio dal record assoluto di appoggio unanime: all’opposizione resteranno uno sparuto gruppo di parlamentari di Fratelli d’Italia, di Sinistra Italiana e dei dissidenti del Movimento 5 Stelle che per altro detiene il record di aver partecipato a tutti e tre i governi della legislatura. Questo unanimismo apparente, giustificato con l’urgenza, sembra tristemente preludere alla nascita del Nuovo Partito, il PB, il Partito della Banca; ma soprattutto preludere anche alla fine della democrazia parlamentare, con le conseguenze del caso.
Molta “società civile” tace in attesa del miracolo; i movimenti sociali cominciano le loro proteste limitate dalla pandemia. A me pare che il caos avanzi e che non manchi molto per vederne i risultati. Conviene rimboccarsi le maniche.

NOTE
Olivier Turquet  scrive per raccontare la realtà da circa 40 anni. Ha collaborato con testate cartacee, radiofoniche ed elettroniche tra cui ama ricordare Frigidaire, Radio Montebeni, L’Umanista, Contrasti, PeaceLink, Barricate, Oask!, Radio Blue, Azione Nonviolenta, Mamma!. Ha fondato l’agenzia stampa elettronica umanista Buone Nuove e il giornale di quartiere Le Bagnese Times. E’ stato addetto stampa di svariate manifestazioni come: l’Internazionale Umanista, Firenze Gioca, la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza. Attualmente coordina la redazione italiana di Pressenza.

Il presente articolo è stato recentemente pubblicato, con altro titolo, nella agenzia internazionale pressenza.com

In copertina: Il discorso programmatico di Mario Draghi alla Camera  (Foto governo.it)

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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