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Com’era la disuguaglianza dei nostri avi? Davvero ne secoli bui i poveri erano più poveri dei poveri di oggi? La disuguaglianza della ricchezza (terre e case, non c’era molto altro) era forte anche in passato. La peste nera attorno al 1350 l’ha ridotta: morendo metà della popolazione, sono aumentati i salari e c’erano più case e terre in vendita a buon mercato.

E quanto si pagava di tasse?
Guido Alfani e Pezzolo stimano che nel 1550 a Venezia erano solo il 5% del prodotto globale. L’aliquota era 5,4-6,0% del reddito per il 10% più povero, 5% per i ceti medi e 3,9-4,4% per il 5% più ricco.
I ricchi, quindi, in proporzione, pagavano meno, anche se il loro contributo era circa metà del totale (possedevano il 60% della ricchezza).
Così era a Milano, Napoli, Ferrara. A Firenze la disuguaglianza era maggiore e minore in Olanda.

Nel 1750 la tassazione era diventata ancora più regressiva: il 10% dei più poveri pagava attorno al 10%, i più ricchi il 6,6-7,5%. Le tasse servivano a finanziare difesa e guerre.

Il welfare “pubblico” non esisteva, ma nelle società cristiane medievali i ricchi dovevano provvedere con la propria carità ai poveri con una beneficenza “privata”, tramite confraternite che gestivano ospedali e ospizi per i poveri. Un po’ come oggi negli Stati Uniti dove le Fondazioni dei miliardari decidono come impiegare le tasse non pagate.

Secondo Thomas Piketty, nel 2010 il 10% più ricco della popolazione dell’Europa occidentale deteneva il 64% della ricchezza complessiva, un livello di disuguaglianza elevato e in crescita negli ultimi decenni, ma non diverso dal passato.
Nel 1300 il 10% più ricco della popolazione urbana del Piemonte deteneva il 61% della ricchezza, che aumentò sino a circa 65% alla vigilia della Peste Nera, più o meno come oggi.

La disuguaglianza arriva al massimo (90% per il 10% dei più ricchi) nel primo Novecento.

Con le lotte operaie del secondo dopoguerra e il welfare i ricchi scendono nel 1980 al 59% della ricchezza. Da allora la disuguaglianza ha ripreso a crescere.

Nell’arco dei sette secoli tra il 1300 e oggi solo immani catastrofi (Peste Nera, le due Guerre Mondiali) furono capaci di portare a una riduzione della disuguaglianza.
Chissà se in futuro gli esseri umani creeranno un mondo meno diseguale senza ricorrere a guerre o a peste (oggi anche pandemie).
Se lo desideriamo dobbiamo però fare qualcosa per realizzarla… Dopo la seconda guerra mondiale lo abbiamo fatto con un sistema fiscale progressivo e inventando il welfare universale

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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