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“Eravamo così impegnati a cercare di essere felici che non ci importava se non eravamo liberi”.

Dopo aver commentato Pollo alle prugne, torniamo indietro di qualche anno, a rivedere un film davvero particolare, a dire il vero un film d’animazione che molti hanno considerato il migliore dell’iraniana Marjane Satrapi, anche (ma non solo) per la sua qualità di manifesto femminista fra i più riusciti degli ultimi dieci anni.

persepolis
La locandina del film

Parliamo di Persepolis, film che prende il nome da Persepoli, una delle cinque capitali dell’Impero achemenide, il primo e più esteso impero dei Persiani, costituitosi intorno alla metà del VI secolo a.C.
Ricordiamo subito che questo cartone animato non ha nulla a che fare con i bambini, anzi direi che per essi non è proprio adatto. Per i temi trattati, magari, andrebbe fatto vedere nei licei, perché è un film vero, che non nasconde, che non si censura e che arriva, gradualmente e intelligentemente, al messaggio principale, il ripudio totale di ogni forma d’integralismo, a cominciare da quello islamico.
Un film tratto dall’autobiografia a fumetti, in due volumi, di Marjane Satrapi, ma realizzato a quattro mani con Vincent Paronnaud. Splendido.

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Film autobiografico, in questa striscia Marjane Satrapi da bambina col papà

Siamo a Teheran, nel 1978. Marjane è una bellissima bambina di 8 anni, che sogna di diventare un profeta che salverà il mondo. E’ fortunata perché, in mezzo a tanto isolamento, vive in una famiglia moderna, dove si può parlare di tutto e nulla si nasconde, con un nonno morto in prigione, uno zio fucilato, una nonna rivoluzionaria e combattiva, con i gelsomini nel reggiseno.
Piccola idealista, Marjane adora Bruce Lee, i Bee Gees e gli Iron Maiden, i cui dischi acquista al mercato nero e nasconde, abilmente e furtivamente, sotto il chador che è obbligata a indossare.

 

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Costretta ad indossare lo chador, Marjane ama i Bee Gees e gli Abba

La bambina vive sulla propria pelle la rivoluzione iraniana e la caduta dello Scià. Nasce la Repubblica islamica e inizia il periodo terribile dei pasdaran, che con la forza e la repressione impongono comportamenti e costumi ai cittadini. Un incubo che incarna la più assoluta mancanza di libertà. La guerra con l’Iraq di Saddam Hussein, intanto, distrugge le fondamenta di Teheran, sempre più oppressa dal potere, e Marjane, appena quattordicenne ma già rivoluzionaria, viene mandata a Vienna per evitare conseguenze peggiori. Qui, al liceo francese, cresce, scopre l’adolescenza e la rivoluzione sessuale, l’amore e il dolore che questo può portare, la solitudine e l’orgoglio delle proprie origini. Non si adatta però alla vita europea. A causa del fumo e delle notti trascorse all’aperto, Marjane rischia la vita: dopo essere stata ricoverata in ospedale ed essere guarita, chiede ai suoi genitori di poter tornare a casa, ma senza che facciano domande sugli anni passati in Austria. Tornata in Iran, si deprime sempre più perché trova il suo paese in condizioni peggiori di come lo aveva lasciato. Decide di sposarsi, ma la vita coniugale è davvero deludente, così come il ritorno nel Paese natale. Divorzio, di nuovo via da Teheran e trasferimento a Parigi.

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Una scena del film, il coraggio di opporsi al regime

Storia di fuga e di emarginazione, quindi, di paesi che non ricevono e non accolgono veramente, storia di solitudine, esilio, isolamento e diversità. Storia vera della nostra brava autrice.
Un film sorprendente, emozionante, divertente, ironico e allo stesso tempo drammatico, che porta a riflessioni importanti raccontate in modo innovativo, attraverso un bianco e nero che affascina, con rari sprazzi di colore e molte sfumature in carboncino che danno una bella e piacevole sensazione di artigianalità. Le donne sono al centro della storia, volitive, intelligenti, forti, indipendenti, profonde, commoventi, coraggiose, allegre, energiche. Donne che crescono, che lottano e vogliono, donne come tante, che cercano di sopravvivere. E che ci riescono.

di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, con Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve, Danielle Darrieux, Simon Abkarian, Gabrielle Lopes, drammatico, Francia, USA 2007, 95 mn

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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