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En attendant Godot o meglio le parole del sindaco di Comacchio che naturalmente non risponde mercoledì scorso ho la sorpresa di trovare la spiaggia libera dalle baracchette. Noto imbarazzo e riserbo. Sono arrivati d’improvviso vigili e forze dell’ordine (si dice così?) e subito c’è stato un fuggi-fuggi generale. Sconcerto e una certa delusione tra le signore. A rendere più persistente il vuoto del baraccume alla sera si scatena la natura offesa e piovono bombe d’acqua per 48 ore così la spiaggia resta ancora per due giorni libera. Frattanto decido tra una nuvola e l’altra munito di un bel ferrovecchio a due ruote comprato legalmente (in proporzione costa più la catena sofisticatissima che il mezzo) di esplorare i dintorni e quindi prima tappa, a somiglianza delle sorelle di cechoviana memoria che all’unisono gridano “ A Mosca, a Mosca!!”, la mia sarà “Al pesce, al pesce!” sul molo di Porto Garibaldi.
E nasce così un folle amore.

La lunga fila dei pescherecci e delle motobarche turistiche creano un variopinto contraltare, un’animata e operosa vita sul porto-canale. Tutto è pulito, umano, non falsamente legato alle goldoniane manie per la villeggiatura.
E la gente ti guarda negli occhi e fa la fila col numero!!! Non come alle poste lidensi sia in pescheria che nella bellissima farmacia dove tutti si comportano gentilmente: senza stizza o pseudo supponenza. E’ una vera comunità non un luogo che vive quattro mesi all’anno.
L’esempio di quello che ci si aspetterebbe se fossimo stati previdenti nel non aver voluto violentare la natura. Non li vedi i vu cumprà a Porto Garibaldi o molto defilati e non importuni. I ristoranti hanno una fama consolidata negli anni e prosperano. Addirittura puoi comprare il pesce dalle barche stesse a prezzi assolutamente competitivi.

Insomma se mi piacesse vivere in un posto marino, a questo punto della mia esperienza e della mia vita, sceglierei questo piccolo borgo apparentemente modesto ma infinitamente più elegante dei Lidi.
E poi, “incredibile visu” ( mettiamocela una frasetta in latino che fa tanto rompi…i) uno stupendo negozio di fiori che forse anche a Ferrara si sognano: da mandarmi su di giri!
Se dunque questo è possibile in un luogo perché non lo è a un braccio di mare di distanza?
Lo so che parlare con chi non ti risponde sembra un’impresa inutile ma ancora chiedo e mi domando: “Perché?”

La prossima puntata sarà nel cuore stesso del comprensorio. Quella città di Comacchio che ricordo (sono anni che non vi metto piede salvo per recarmi all’ospedale) tra le più affascinanti realizzazioni urbane dell’Italia.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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