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    Benvenuti nella verde era della “terza rivoluzione industriale”
Pubblicato il 8 Luglio 2015

LA LETTURA
Benvenuti nella verde era della “terza rivoluzione industriale”

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Benvenuti nella verde era della “terza rivoluzione industriale”

Pubblicato il 8 Luglio 2015

Tempo di lettura: 3 minuti

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    Benvenuti nella verde era della “terza rivoluzione industriale”

In un mondo oggi caratterizzato sempre più da esaurimento di combustibili fossili, da esplorazioni “di frontiera” e da cambiamenti climatici imponenti, Jeremy Rifkin, noto economista e presidente della “Foundation on Economic Trends” di Washington, traccia i profili dell’ormai necessaria Terza Rivoluzione Industriale e dei suoi pilastri. E lo fa in un testo interessante, costituito da 9 capitoli, decretando la fine dell’era del carbonio e individuando nella cosiddetta “terza rivoluzione industriale” la via verso un futuro più equo e sostenibile, dove milioni di consumatori possano produrre energia verde in case, fabbriche e uffici e condividerla con gli altri. Secondo l’autore, si dovranno creare le infrastrutture di un’era collaborativa, peraltro oggi emergente, se si vuole progredire.
rifkin2I cinque pilastri di questa nuova rivoluzione, al centro del capitolo intitolato “una nuova narrazione”, sono identificati nel passaggio alle fonti di energia rinnovabile; nella trasformazione del patrimonio immobiliare esistente in tutti i continenti in impianti di micro-generazione per raccogliere in loco le energie rinnovabili; nell’applicazione dell’idrogeno e di altre tecnologie d’immagazzinamento dell’energia in ogni edificio e in tutta l’infrastruttura, al fine di conservare l’energia intermittente; nell’utilizzo delle tecnologie internet per trasformare la rete elettrica di ogni continente in una inter-rete per la condivisione, fra pari, dell’energia; nella transizione della flotta dei veicoli da trasporto passeggeri e merci in veicoli plug-in e con cellule a combustibile che possano acquistare e vendere energia attraverso la rete elettrica continentale interattiva.

Se tutto questo sembra alquanto futuristico, a una prima lettura, l’interesse delle argomentazioni, che peraltro hanno, da qualche tempo, convinto l’Unione europea indicata come pioniera nel darsi l’obiettivo di trarre un terzo dell’elettricità che consuma da fonti verdi entro il 2020, convince a poco a poco il lettore che segua attentamente l’autore nell’analisi dei dati europei relativi all’installazione di impianti eolici (38% della nuova capacità di generazione installata nell’Unione europea nel 2009), di produzione di energia idroelettrica, geotermica, da biomassa, da conversione dei rifiuti urbani, settore quest’ultimo che si rivela come uno dei più promettenti. Un’attenzione ai “mutui verdi” potrebbe agevolare la conversione degli edifici, nel volerli pensare come “piccole centrali di generazione” autosufficienti, ove banche e istituti di credito eroghino mutui a tasso agevolato, ipotizzando un periodo di 8-9 anni per il recupero dell’investimento grazie al risparmio sulle bollette. E ciò per rimanere al primo e secondo pilastro. Essendo le energie rinnovabili intermittenti, ecco il terzo pilastro: la possibilità di immagazzinare energia nei momenti d’interruzione (sole e vento ad esempio non sono sempre presenti, appunto), grazie a nuove tecnologie e alla possibilità di utilizzo dell’idrogeno. Il quarto pilastro riguarda invece la creazione di una rete info-energetica
che permetta a milioni di individui che producono energia per il proprio consumo di condividere quella in eccesso. Un sistema di trasporti elettrici, chiude il ciclo e costituisce l’ultimo pilastro. A chiudere il libro, un capitolo che ipotizza il passaggio dalla globalizzazione alla continentalizzazione, ove una collaborazione sempre più stretta “bilaterale” fra continenti – e viene citata, in proposito, l’iniziativa europea-nordafricana Desertec – come chiave del presente e del futuro, nell’idea di creare partnership sempre più strette e collaborative fra unioni continentali.

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J. Rifkin, La terza rivoluzione industriale. Come il “potere laterale” sta trasformando l’energia, l’economia e il mondo, Mondadori, 2011, pp. 329.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Da sempre appassionata di scrittura e letteratura, ha pubblicato su riviste italiane e straniere, è autrice del romanzo, “Il Francobollo dell’Avenida Flores”, ambientato fra Città del Messico, Parigi e Scozia e traduttrice dal francese, per Curcio Editore, di La Bella e la Bestia, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Ha collaborato con BioEcoGeo, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, Mosca Oggi, eniday.com e coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma. Scrive su Meer (ex Wall Street International Magazine).
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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Francesco Monini

[1] La storia del giornale è piuttosto lunga. Il primo quotidiano della storia uscì a Lipsia, grande centro culturale e commerciale della Germania, nel 1660, con il titolo Leipziger Zeitung e il sottotitolo: Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo. Da allora ha cambiato molte facce, ha aggiunto pagine, foto, colori, infine è asceso al cielo del web. In quasi 363 anni di storia non sono mancate novità ed esperimenti, ma senza esagerare, perché “un quotidiano si occupa di notizie, non può confondersi con la letteratura”.

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