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Rita Gabrielli prova a mettere sottosopra le facili convinzioni, quelle consolidate dai luoghi comuni più comodi. La raccolta di racconti Sottosopra (Festina Lente edizioni, 2014) della ferrarese Rita Gabrielli contiene dodici storie attraversate da uno sguardo che non smette mai di essere positivo, anche di fronte ai drammi.
Leggendo i racconti si percepisce il tentativo di fare incontrare poli opposti, come quando un sotto e un sopra si sfiorano.
“E’ così, ho provato ad affrontare le situazioni da un punto di vista non convenzionale, quello dell’altro, spesso dei deboli, degli anonimi. Credo non ci si debba mai fermare alla prima occhiata, il rovesciamento ci fa scoprire cose nuove e che le persone sono diverse”.
Le donne sono grandi protagoniste dei suoi racconti. Donne che riescono, alla fine, a prendere in mano la propria vita dal niente, avviare una trasformazione e sognare ancora. Come ci riescono?
“Sono donne solo apparentemente fragili, devono superare difficoltà e trovano sempre grande forza, spesso nell’aiuto degli altri. A portare mutuo soccorso sono altre donne e, non a caso, molto diverse, magari di altre culture, di altra estrazione. Nascono così incontri e osmosi nell’unione di vite distanti, ma che sanno capirsi”.
Racconti di fantasia o la realtà le ha dato qualche spunto?
“Ho messo insieme pezzi di realtà, fatti di cronaca, parte del mio vissuto, ricordi del passato, storie che mi sono state raccontate e soprattutto valori in cui credo”.
Alcuni valori emergono molto bene, come l’importanza dei legami familiari, l’attaccamento alle radici…
“Non solo, trovo importante il recupero della memoria che aiuta a non lasciare andare sempre tutto così in fretta e poi il valore del cibo che, per me, è un linguaggio, un modo per comunicare e per prendersi cura di sé e degli altri. Il mio intento, codificando tali valori semplici ma positivi, è lasciare un messaggio a chi è più giovane e sta vivendo immerso nella precarietà”.
Nei racconti, viene dato spazio anche al paesaggio. Che importanza assume?
“Il paesaggio è il nostro, quello padano e ferrarese a me molto caro. Accanto alla profondità dei sentimenti che ho voluto esplorare, il paesaggio rappresenta la parte esterna, il luogo dell’incontro fra le persone e della conoscenza”.

Nota sull’autore: Rita Gabrielli, 57 anni, una laurea in Lettere, lavora alle poste di Bologna. Sposata, ha un figlio di 33 anni, Marcello.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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