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Sfoglio impazientemente le pagine dei quotidiani per assumere la giusta dose di veleno mattutino e la frettolosità aumenta in quanto una pagina sì e una no il giornale esibisce le ultime collezioni di moda. Resto folgorato quando a tutta pagina scopro un’arzilla diversamente giovane signora con tanto di rughe in primo piano inerpicata su uno sgabello con posa da giovinetta che reclamizza il suo vestito. Mi faccio più attento.
Il look delle modelle è cambiato: sparite quelle anoressiche e quelle botulizzate rimangono volti e corpi ‘normali’. Le labbra si tingono di rossi accesi e indifferentemente si passa dalle spallone a quelle minime. Solo il re dei couturiers osa il rimando nelle foto a precisi momenti della storia dell’arte, in particolare gli anni Trenta del Novecento. Tutte esibiscono una moda non esagerata ed esagitata.

Ma il trionfo delle diversamente giovani è ormai palpabile. Alla tv un’affascinante signora la cui età si intravvede dalle caviglie e dalle mani ‘affaticate’ propone un volto senza tempo. La sessantacinquenne Isabella Rossellini, riassunta come testimonial da una celeberrima casa di prodotti di bellezza, conferma il trend delle non più giovani. Male invece per le belle e giovani politiche, mentre trionfa l’eleganza unica di Emma Bonino: un oscar alla sua/o modista per i meravigliosi turbanti. Perfino la presidente della Commissione antimafia fugacemente appare in elegante giacca rosa. A dire della mancanza di gusto dei colleghi maschi si sfonda una porta aperta mentre spicca l’eleganza senza tempo del presidente della Repubblica. Per fortuna sta tramontando la iniqua presenza degli sciarponi ormai appannaggio unico di Brunetta, di Casini e dei mister delle squadre di calcio. Gli orridi piumotti del Salvini si fanno sempre più stretti e insopportabili come la sua polemica contro i migranti. E il doppio petto di Berlusconi accostato alla maglietta giro collo potrebbe essere il costume di Alberto Sordi che fa il ‘cummenda’. Auspichiamo un tracollo senza scampo degli zaini e dei trolley simbolo dell’impegno politico.

A rendere ancor più riposante il sabato del villaggio scopro su ‘La Repubblica’ un corrosivo articolo di Francesco Merlo sul mediterraneo (almeno d’aspetto) Di Maio attore involontario (?) della strepitosa imitazione di De Luca nello spettacolo di Crozza. Osserva Merlo commentando gli infortuni accorsi al Movimento 5 stelle e al leader, ‘C’è o ci fa?’: “Ovviamente anche Di Maio, che non vede e non sente tutti i finti onesti che ha personalmente reclutato, finisce per lavorare per i propri avversari, a cominciare da Berlusconi e Renzi, perché così sempre accade ai suonatori suonati d’Italia, a tutti quelli che appunto non vedono e non sentono. E però nell’evidente rimpicciolimento per goffaggine della leadership di Di Maio c’è la prova che, se è difficile dar torto alla retorica dei 5 stelle, è ancora più difficile dar loro ragione visto che il presidente della squadra del Potenza, che ora è indagato per riciclaggio, qualche sospetto lo avrebbe dovuto far nascere persino a uno stolto cacasenno”. Non male come risultato – anche se non è il massimo del bon ton. Come del resto commentare l’insipienza del Nostro seduto sul water a mutande calate come testimonia una celebre star politica e televisiva che gli urla, secondo i suoi moduli, “studia, studia, studia”?

Insomma il bon ton si applica a fasi alterne cercando di venire in aiuto alla, per usare una metafora, deludente campagna elettorale il cui unico risultato si attesta nell’improvviso revival dei seniores che affossano da vecchie volpi l’inesperienza, la presunzione, l’incapacità dei giovani. Diventano così preponderanti i redivivi come nei più appassionanti film degli alieni di ‘a volte ritornano’
Coraggio! E’ necessario andare a votare. Comunque! Per non dimenticarci, specie i ‘pischelli’ direbbe Elsa Morante, che non si può esigere di vivere in democrazia senza esercitarne i diritti-doveri poiché, secondo la riflessione di Andrea Camilleri, di fronte a noi non abbiamo nemici ma avversari.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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