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Primo appuntamento del 2019 con la rubrica I dialoghi della vagina che si fa A due piazze per ospitare uno scambio fra Riccarda e Nickname sul capodanno e la sua stanca liturgia.

N: Cancelliamo il veglione e il capodanno. Passiamo direttamente al due, e facciamolo per legge.
Salvo eccezionali allineamenti astrali, a capodanno chi si ama non sta insieme. Le relazioni clandestine, quelle ufficiose, quelle ancora fresche, genuine, vengono crivellate dalla gragnuola pirotecnica che si scatena nei cieli a capodanno. E muoiono. Oppure entrano in coma, per uscire dalla rianimazione dopo la befana, se va bene.
Ma non è solo questo. Qualcuno mi spieghi perché gruppi di amici e amiche vere riescono a ritrovarsi, ridere e scherzare fino al 30, mai il 31. A capodanno diventa sempre impossibile, perché c’è sempre qualcosa di altro da fare, qualcosa di obbligatorio, qualcosa di più. Cosa?
Niente. Chiedete in giro, due giorni dopo, cos’era quell’impegno mitologico che ha impedito di stare con chi volevi stare, non con chi dovevi. Non era niente.
Facciamo così: lasciatemi solo. Peccato che, a capodanno, faccio fatica a sopportarmi.

R: Mitologia, appunto. E la mitologia è altro dalla realtà, è quell’iperuranio che ci costruiamo pensando che il prossimo capodanno sarà fantastico, diverso, addirittura divertente, a tal punto speciale che non possiamo portarci dietro i soliti amici e infilarci nelle solite cene. Arriviamo alla data carichi, ma quasi spaesati di fronte a una serata che, anno dopo anno, è sempre peggio. Non è facile poi raccontarlo. Ma con gli anni abbiamo imparato a essere evasivi alla domanda maliziosa e spietata di chi chiede cosa farai a capodanno. Il segreto è non dire, tergiversare, fare finta di avere mille opzioni. Tanto il 1 gennaio nessuno vorrà sapere più niente temendo una domanda di ritorno. Ma tu, caro Nick, non cerchi mai qualcosa di consolatorio e di facile che ti smentisca, tu leggi libri che ti confermino che l’uomo è così: durante le feste ha un’occasione in più per credere nell’insoddisfazione, per assistere a una liturgia stanca a cui è meglio non partecipare.
Non voglio sapere cos’hai fatto, ma una cosa me la devi dire: come hai potuto sopportarti?

N: Sono andato a letto prima del solito.

R: Ho fatto le quattro. Più tardi dell’anno scorso, più di tutti i capodanni messi insieme. Volevo che questo capodanno fosse lunghissimo e si mangiasse le ore, travolgesse i festeggiamenti e, per una volta, lo spumante non mi finisse sugli stivali di camoscio. Volevo che questo San Silvestro si divorasse anche il torpore del 1 gennaio portandomi direttamente al 2. Per inziare a festeggiare. Lontano.

Cari lettori, vi siete sentiti anche voi come Nick, decisi a scansare il capodanno? O lo avete celebrato felici? Che stato d’animo vi innesca questa festa?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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