Giorgia Meloni, la vera radical chic:
come far guerra ai poveri in blazer rosa
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“Il vero capolavoro di chi guadagna 20.000 euro è stato convincere chi ne guadagna 1.300 che la colpa è di chi ne percepisce 500”
(Anonimo in Rete)
Secondo alcuni coniatori di espressioni imbecilli che diventano di uso comune, esisterebbe il radical chic: locuzione con la quale si vorrebbe indicare una persona benestante che si professa di sinistra, ma a cui fondamentalmente non frega nulla dei “poveri”.
Questa stupidaggine parte dall’assunto che una persona di sinistra, in quanto tale, dovrebbe vestirsi di stracci, passare le ferie in un tugurio, ospitare immigrati in casa propria e donare i suoi averi al popolo, altrimenti è un ipocrita della peggior specie (se assume una persona per le pulizie di casa è un comunista col rolex; se poi si affida ad un’ armocromista per i colori da indossare, commette il peccato mortale: pretendere di avere uno stile).
Invece una persona di destra (tipo soy una mujer soy una madre soy cristiana Giorgia Meloni) può togliere il reddito di cittadinanza a centinaia di migliaia di persone (con comunicazione via sms: molto chic) perchè una pensione di invalidità superiore a 780 euro e un assegno di sussistenza non possono coesistere nella stessa famiglia. Non c’è stile in tutta questa povertà messa assieme: se sei malato o invalido non puoi essere anche bisognoso, o uno o l’altro. Giorgia cristiana y mujer può fare tutto ciò indossando un blazer rosa molto chic, e nessuno deve avere nulla da ridire. Sono soldi suoi, li può spendere come vuole. Mica come il suo ministro del Turismo, che spende i soldi dello Stato e dei suoi dipendenti per andare in giro vestita come un albero di natale – di plastica. (Nota per l’alieno che piovesse sull’Italia chiedendo stupefatto: ma la Santanchè è ancora ministro del Turismo?! Alieno, non farti troppe domande: in Italia è normale)
La cosa meravigliosa è che questa cazzata del radical chic di sinistra che finge solidarietà col povero ma in realtà lo schifa – mentre loro lo affamano ma lo amano – è diventata “sentire comune”. Dipenderà anche dal fatto che Libero, Il Giornale, Il Tempo, la Verità, quotidiani di proprietà dei boss della sanità privata Angelucci (Antonio Angelucci, condannato in primo grado per falso e tentata truffa e insignito del Guinness di parlamentare più assenteista del mondo) titolano tutti “è finita la pacchia”, “la rivolta dei fannulloni” per osannare la fine di questa ingiustizia del povero protervo che pretende troppo. Dipenderà anche dal fatto che trent’anni di mediaset-sottocultura hanno scavato nella testa delle persone un solco che ha perforato loro il cranio come una goccia cinese.
Sta di fatto che un sacco di gente legge questa roba, ed è davvero persuasa che l’insidia al proprio benessere calante sia imputabile a chi sta sotto di loro, non a chi sta sopra. E perciò, siccome rimango convinto che non angelucci o berlusconi, ma ciascuno rimanga responsabile delle proprie idee, ne concludo che un sacco di gente è diventata idiota, di una idiozia irrecuperabile.
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
Bella lettura, logica impeccabile. Sarebbe molto divertente, peccato che pensare alla situazione faccia venire i brividi.
Al benpensante/benestante di sinistra (in odore d’ipocrisia) l’elettore medio (in odore d’idiozia) ha preferito il benestante trucido (in odore di cialtroneria) che dice quello che pensa perché tanto ormai, nell’era del post-berlusconismo, “vale tutto”, soprattutto in politica.
Molto giusta, direi inoppugnabile, la teoria che non possa esistere, in natura un binomio realizzato Benpensante/ Benestante.
A riprova vorrei segnalare nomi di alcuni conclamati ipocriti nati appunto da famiglie benestanti:
Ernesto Guevara, Gandi, Francesco d’Assisi