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“Scrivi poesie perché hai bisogno di un posto dove essere quello che non sei.”
(Alejandra Pizarnik)

Anche io domani

Anche io domani sarò sotto
questo potente bombardamento
e aprirò la coperta del silenzio
con cui la gente sotto le tende
si tapperà le orecchie e io starò
per ore a guardare
i loro piedi scalzi e crepati
che pestano le croste di pane e
gli avanzi dei cani
tutto sommato, un giorno
sarò irreale
prenderò le loro croste
e i loro avanzi
li getterò in un burrone profondo
come una cava
prenderò i loro cani e li farò
adottare dalle famiglie
che desiderano un cane
li allontanerò e non sentiranno più
puzza di bruciato
un odore salirà delicatamente
nel cielo
e si unirà al frastuono e
alle armi
senza aver fatto
niente di male
questi uomini si ritireranno sotto
le tende, e con la plastica in mano
pregheranno di finire
qualcosa che non ha cervello
e continueranno a pregarlo
per tutta la sera fino a quando
si addormenteranno esausti
e nel cielo navigherà
una piccola nave arancione

 

Ho lavorato quarant’anni

Ho lavorato quarant’anni, dice,
mi sono svegliata alle sei
per PULIRE LA CASA
fare centinaia di chilometri
in autostrada
DA QUANDO NE AVEVO 25
E qui la scena cambia
nessuno le ha chiesto di venire
al mondo, probabilmente un gioco
del silenzio e della paura
– ora nessuno ha avuto una vita,
nessuno è stato
quando c’era molto buio
nessuno ha chiamato
mentre noi trascinavamo
senza amore un mondo dopo
l’altro
con giornate molto luminose
e notti normali
nelle loro case
senza cercare,
guardando questi uomini mortali
risultare unici
mentre noi esaltati e perfetti
sul muro d’estate
eravamo idioti
senza speranza

 

Si può vedere molto più di quello che si pensa

Si può vedere molto più di quello che
si pensa
e di solito sono immagini meno favorevoli
di quelle che uno vorrebbe
non brutte, anzi bellissime
piene di grazia
direi quasi sottomesse al delirio della bellezza
qualche religione ci spodesta e ci invade
non era un mostro, era un’agitazione di tetti
come quelli che osserviamo qui
è solo una pastiglia, è solo
un’impalcatura
deve sorridere, sorride
deve essere, è
gli abitanti sono stesi su una grande superficie e
si spendono nella ricerca
nulla li abbatte
aldilà delle tue convinzioni qualcuno si sta
discolpando dalle tue accuse
la serie binaria continua calma

i soldi ti volano attorno ma tu non sei
i soldi
non sei nemmeno uno specchio
e non sei una falsa aurora o quella vecchia speranza che si
nasconde mordendoti la mano
non sei colui o colei che appoggia un solo piede non sei
nemmeno un piede
non sei la loro immagine nel filosofo non sei la loro ombra
nel deserto che non hai mai visto
non sei colui o colei che non hai mai
potuto vedere
non sei quel perfetto ricambio
il perfetto albero ti trafigge ma tu non
lo sei
questo ti rovina

 

I treni sono molto caldi per me

I treni sono molto caldi per me
non sono mai abbastanza freddi
all’interno
ci nasce una vita odiosa e sporca
mentre fuori la vita è impeccabile
e trasparente
fuori è gelida dentro è animale
nasce il sudore continuo della morte
ma la morte non si compie
non si compirà mai
sono felice come le bestie più stolte
non si compirà mai
nel treno mi comporto come
se fosse il mio regno
faccio pipì, mi lavo il viso duecento volte
se vado in bagno lascio il libro
e porto con me il telefono
– Mi scusi il sedile era mio, si alzi –
si alzano, io so stare in equilibrio
so fare tutto
Non si compirà mai
tanto il treno è sempre lo stesso
il tempo è enorme
in quelle terre ci sono laghetti
e canali strani vicino alle ferrovie
non sembrano fantasmi
le gole abbandonate degli amici?
Non sempre è giusto dirlo
vederli accompagnare questa radiosa malattia
li ho dimenticati
esiste un vero più vero
esiste un presente più antico che incrina
non vogliamo più essere che
nella vita successiva

Federica Gullotta è nata a Faenza, dove vive. È laureata in Sociologia.
Ha pubblicato il suo libro d’esordio “La bestia viziata” (LietoColle, 2016) nella Collanina Apolide curata da Mary B. Tolusso, e la sua seconda silloge “Gli angeli bianchi escono dai frigoriferi” presso EdB nella collana Poesia di Ricerca curata da Alberto Pellegatta, insieme al poeta portoghese Manuel De Freitas. Alcuni suoi testi sono stati pubblicati su blog online e sulle riviste cartacee Il Segnale e Gradiva. Ha partecipato alle antologie Planetaria (Taut Editori) e Abitare la parola (Ladolfi).

La rubrica di poesia Parole a capo esce regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia. 
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Benini & Guerrini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it