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Per il nostro amico e fratello Patrick, per i suoi familiari, il suo avvocato e per i tantissimi che in Italia hanno partecipato alla campagna di Amnesty International, è stata una settimana al cardiopalma. Nel breve giro di 3 giorni (condanna – grazia – scarcerazione) Patrick Zaki si è liberato dal filo spinato che lo avvolgeva da due anni e che minacciava di spezzare completamente la sua vita. Appena due giorni dopo, col passaporto in tasca, ha preso un normalissimo volo di linea (class economy) e domenica pomeriggio è atterrato nella sua amata Bologna.

Mentre gioivamo per il volo libero di Patrick Zaki, Giorgia Meloni capitombola sul rifiuto dello stesso Zaki di salire sul Volo di Stato, messo “generosamente” a disposizione dal governo italiano. Poi, per trovare una via d’uscita al grande imbarazzo istituzionale, Giorgia cerca di intestarsi il merito della liberazione di Zaki.  

Per comprendere la furbata (non riuscita) di Giorgia, per vederla scivolare a terra con un penoso capitombolo, bisogna concentrarsi sulla “riconoscenza”. Che è una parola un po’ ottocentesca, una parola che, come il suo sinonimo “gratitudine”, si usa ormai così poco che può succedere di dimenticare il suo significato, o addirittura di usarla attribuendole un significato inverso. E quello che è successo a Giorgia Meloni, quella che parla- interviene-promette tutto “a 360 gradi” (vedi un magnifico blob diventato virale).

Secondo il vocabolario della lingua italiana La riconoscenza è  il “Sentimento o manifestazione di devozione per un benefattore, di solito associato all’intenzione di ricambiare il beneficio: avere, sentire r. per (o verso) qualcuno; assolvere a un debito di r”. Ne deriva che:
1 ) la riconoscenza è un sentimento che può provare il beneficiato verso il beneficiante per un dono o un favore ricevuto. Non è un obbligo, ma solo una possibilità;
2 ) che non è previsto quindi che il beneficiante possa pretendere o anche semplicemente aspettarsi la riconoscenza del beneficiato. Diversamente il suo non sarebbe stato un dono o un favore gratuito;
3 ) ancora più impossibile “aspettarsi riconoscenza” per un dono e un favore che non si è mai fatto. Per intenderci: se Antonio regala 10.000 euro a Riccardo (ridotto sul lastrico), Antonio può aspettarsi la riconoscenza di Riccardo (anche se non è molto fine), ma è escluso che possa aspettarsi riconoscenza Alessandro che non ha mosso un dito per aiutare il povero Riccardo.

Quando Patrick Zaki rifiuta il Volo di Stato e l’incontro con Giorgia Meloni e ministri vari, dice senza dirlo quello che tutti sanno o dovrebbero sapere: che è tornato libero senza che il governo italiano possa vantare alcun merito.

Di conseguenza, la risposta di Giorgia Meloni assume un aspetto surreale, ridicolo, farisaico:
“Non mi aspetto riconoscenza”.  Ma per cosa? Ma quando mai?
“Era giusto liberarlo”. Come se a liberarlo fosse stata la pressione diplomatica italiana sul il presidente egiziano.

Naturalmente, l’abitudine alla menzogna, il vizio di raccontar balle agli italiani, non nasce con Giorgia e il suo governo di destra. Rimaniamo in Egitto. Sono passati 7 anni dal sequestro, le sevizie e l’omicidio di Giulio Regeni, In tutte le piazze italiane rimane appeso lo striscione giallo della grande campagna promossa da Amnesty International, proprio quella campagna che lo stesso Zaki aveva portato anche in Egitto e che gli era costata l’arresto.
Lo sappiamo, l’Egitto è un grande partner commerciale dell’Italia. C’è il petrolio da importare. Ci sono le nostre armi da vendere all’esercito egiziano. Ci sono le aziende italiane che fanno affari e lavorano in Egitto. Lo sappiamo, è sempre stato cosi, per tutti i governi: gli affari vengono prima dei diritti. Quindi non si può fare nessuna azione concreta, nessuna pressione commerciale, nessuno sgarbo diplomatico: la Verità per Giulio Regeni, come la liberazione di Patrick Zaki non si può pretendere. Al massimo si può sperare nella clemenza di un dittatore, e se sei abbastanza cinico, aspettarti un grazie

“Non mi aspetto riconoscenza. Era giusto liberarlo”
Dichiarazione di Giorgia Meloni dopo il rifiuto di Patrick Zaki di imbarcarsi nell’Aereo di Stato

La riconoscenza non esiste in natura, è dunque inutile pretenderla dagli uomini.
Cesare Lombroso

I riconoscenti − una farsa.
Elias Canetti

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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