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Pioggia e fango intorno, melmosa è l’indagine che il commissario Montalbano sta affrontando, una storia di appalti, frane e morti ammazzati…
La piramide di fango (edizioni Sellerio, 2014) è l’ultimo romanzo che ha per protagonista il commissario di Vigata alle prese con gli intrighi dell’edilizia e della politica, con costruzioni e permessi.
Piove su questo pezzo di Sicilia in cui le grandi opere si fermano e le società sono controllate dai Sinagra e dai Cuffaro, Montalbano è convinto che sia lo specchio della situazione nella quale si trova il paese intero. L’indagine si impantana di continuo, tutto quel fango Montalbano se lo sente fin sotto la pelle, procede “senza slancio, senza passioni, senza vitalità”, è come se una “brutta copia” del commissario avesse preso il posto di quello vero. C’è una malinconia che non lo molla, è il pensiero di Livia che, lontana e provata, dopo la morte di Francois non è più la stessa. Ma non appena Livia inizia a stare un po’ meglio, appena fra di loro riprendono “le sciarriatine”, Montalbano riparte.
A dirigere il commissario è la convinzione che davanti ai suoi occhi si stia mettendo in scena una commedia atto per atto. Ma chi è il regista? Chi muove questi attori che recitano una parte fin troppo studiata? La solita storia di corna non regge. Nulla è mai come appare a una prima occhiata, tanto meno per uno come Montalbano che alla comoda superficie ha sempre preferito l’impervia profondità delle cose.
Il fiuto da sbirro si unisce all’intuito dell’uomo che sa scrutare i dettagli di chi gli sta di fronte, cogliendone il non detto e il falso attraverso l’impercettibile. Come in una grande pantomima, il commissario recita a sua volta, finge di credere a una confessione molto bene orchestrata e imbocca la strada per la verità.
Ma la pioggia non cessa, certe domande faticano a trovare spiegazione, il rituale del cibo, con la sua sacralità così cara a Montalbano, è disturbato e la passeggiata al molo sotto un sole nascosto gli rende l’umore ancora più “nivuro”.
Montalbano ha bisogno dei suoi notturni per riflettere, la panchetta della verandina è bagnata, possono bastare una seggiola e un bicchiere di whisky, la risacca culla e fa nascere i pensieri.
Per arrivare in fondo all’indagine, il commissario deve agire a suo modo, che non è mai quello ortodosso di uomo delle istituzioni, per entrare nella piramide deve solo bucarla, come fu con quella di Cheope che accesso non aveva.
Salvo risolve il caso, può finalmente partire e andare da Livia a Boccadesse, lascia Augello e Fazio a concludere l’indagine, ad aspettarlo ci sarà anche Selene, la cagnolina che Livia ha adottato e che le ha fatto ritrovare la voglia di vivere. Benedetta Luna.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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