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Giorni fa, nel rullo costante di notizie che mi passano sotto gli occhi frequentando uno dei più comuni social network, ho letto che il Comune di Milano sta realizzando in piazza Duomo una grande aiuola fiorita, chiamare tutto questo giardino mi sembra eccessivo. Confesso di aver sperato che si trattasse di una bufala, invece no, faranno questo “splendido” intervento di riqualificazione verde della piazza, con tanto di assessore trionfante, che lo presenta come uno dei futuri biglietti da visita della città in occasione dell’Expo del prossimo anno, e ancor più gongolante perché l’operazione, promossa da sponsor privati, sarà a costo zero per il Comune nei prossimi tre anni, dopo non si sa.

Mi piacciono le piante, mi piacciono proprio tutte, non me ne viene in mente una che non sia bella, affascinante e piena di potenzialità, ma se c’è una cosa che rende le piante insopportabili è metterle nel posto sbagliato. Siamo in tempi di contaminazioni ad oltranza, i linguaggi si mescolano continuamente quindi perché la combinazione di un elemento rurale come l’orto in un contesto artificiale come una piazza, mi fa così arrabbiare? perché è la prova dell’insipienza di chi si occupa di verde nelle città, e in generale di urbanistica. Fare il riassunto in due righe di cosa sia la complessità urbana è un compito che non sono capace di sbrigare, ma forse qualcosa posso provare a chiarirla. Una piazza di città, una piazza come quella di Milano, caratterizzata da architetture e monumenti così forti e riconoscibili, è intoccabile; le città sono organismi vivi, non dovrebbero essere imbalsamate, ma per trasformarne certe parti è necessario avere montagne di coraggio e vere competenze. Quel coraggio che è servito per fare dei gesti potenti come la costruzione della piramide di Ming Pei nel cortile del Louvre a Parigi, che potrà non piacere, ma la sua forza architettonica e simbolica ha stabilito un dialogo così forte con la monumentalità del suo contesto da diventarne una sua parte. Per far dialogare l’artificialità di una piazza storica italiana con una cosa che appartiene ad una altro mondo, come quello della natura e della campagna, bisogna avere il doppio del coraggio e fare la rivoluzione con gesti dirompenti o di straordinaria finezza, cosa che un’aiuoletta con gli orticelli non ha. Insomma, quando vengono certe idee, bisognerebbe fare un bel respiro e cercare altre strategie, magari convogliando certe risorse altrove.
Le nostre città sono piene di spazi mutanti privi di qualità, in cui ci sarebbero infinite possibilità di sperimentazione e di trasformazione, attraverso interventi di verde pubblico progettati con criterio, che in queste parti di città rappresenterebbero una straordinaria operazione di riqualificazione urbana e sociale. Piazza Duomo e le sue sorelle sparse per l’Italia, non hanno bisogno di orticelli, ma di educazione, pulizia, civiltà e chiarezza, ingredienti mancanti che andrebbero diffusi ovunque, come un virus potente. La presenza di alberi nelle piazze è possibile, abbiamo un’infinità di casi in cui gli alberi sono parte integrante della piazza. Nuove piantagioni possono essere realizzate se adeguatamente fornite di ampie porzioni di terra, griglie protettive e traspiranti alla base del tronco, e magari dei bei supporti metallici ben progettati per proteggere e sostenere i tronchi durante la crescita, fatte le dovute analisi, e dopo averci pensato molto ma molto bene. Potrebbero anche starci, in un certo senso si tratterebbe di una Natura che si presta a parlare la lingua dell’artificio urbano e non pretende di essere ipocritamente naturale. L’ignoranza diffusa in questa materia porterebbe sicuramente ad osservazioni del tipo: “hanno sistemato la piazza che sembra un parcheggio della Coop”, e quindi per continuare a farci del male ecco che pianteranno una banale orto-aiuola in piazza Duomo, con le sue erbe aromatiche e le sue graminacee, non mancheranno fiorellini e altre leziosità, il tutto per fare qualcosa di ambientalistico che per essere conservato e mantenuto in ordine avrà bisogno di una infinità di ore di manutenzione, acqua ed energia varia, che mi chiedo chi pagherà quando lo sponsor privato chiuderà i cordoni della borsa. Una visione a corto raggio, tipica dei politici che ormai hanno una visione del futuro che arriva solo a fine mandato.

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Giovanna Mattioli

È un architetto ferrarese che ama i giardini in tutte le loro forme e materiali: li progetta, li racconta, li insegna, e soprattutto, ne coltiva uno da vent’anni. Coltiva anche altre passioni: la sua famiglia, la cucina, i gatti, l’origami e tutto quello che si può fare con la carta. Da un anno condivide, con Chiara Sgarbi e Roberto Manuzzi, l’avventurosa fondazione dell’associazione culturale “Rose Sélavy”.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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