GIARDINI&PAESAGGI
Manutenzione del Verginese.
Considerazioni in ordine sparso
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Alcune settimane fa, in occasione di un concerto alla Delizia del Verginese, ne ho approfittato per fare un giro nel giardino. Lo conosco abbastanza bene e in più di un’occasione l’ho usato come esempio per mostrare come le intenzioni di un buon progetto sulla carta, nella realtà, possano cambiare e diventare altro. Il nocciolo della questione è sempre lo stesso: la manutenzione. E qui apro la solita parentesi che ripeterò fino alla sfinimento. Un giardino, di qualsiasi forma e dimensione, pubblico o privato che sia, può essere progettato dal miglior paesaggista sulla piazza, ma chi fa il giardino è chi lo cura quotidianamente, cioè il giardiniere. Oggi è molto di moda improvvisarsi giardinieri, il giardino piace, è trendy, sembra la soluzione ottimale per far risorgere ogni spazio dimenticato, non importa se quel luogo con il verde non ci azzecca, basta piantare un albero e tutto per magia si “valorizza” e rinasce a nuova vita. Se poi ci mettiamo dentro un po’ di pomodori e di erbe aromatiche, mescolate ad un po’ di partecipazione, l’insalata è servita. Quasi ogni giorno leggo di iniziative bellissime, in cui persone a vario titolo, mettono sulla carta progetti per riqualificare spazi vuoti dimenticati e risulte urbane attraverso la creazione di aiuole e altre tipologie di arredo vegetale. Ormai nessuno mi chiede pareri o consulenze a riguardo, perché a nessuno piace sentirsi fare le fatidiche domande: chi farà la manutenzione? chi la pagherà? chi si prenderà l’incarico di curare queste piante quando l’entusiasmo dei volontari andrà a farsi benedire distratto da altri richiami, o semplicemente perché impegnato dal lavoro e dalla famiglia? Sembra che la cosa più importante sia partire, agire, piantare, inverdire, far fiorire, come se tutto questo spuntasse come un fungo dopo un temporale e soprattutto, si mantenesse per magia.
Al Verginese è successa la stessa cosa. Un buon progetto che non ha valutato pienamente gli effetti di una manutenzione a singhiozzo. Meglio il Parco Urbano, che nel tempo ha saputo crescere bene proprio perché aveva un impianto di base semplicissimo (molto criticato all’inizio, come spoglio, povero, ecc.) con la possibilità di essere mantenuto con interventi di manutenzione banali: annaffiature, sfalcio, potatura di controllo periodica delle siepi. Questo è quello che ci possiamo permettere. Possiamo mettere una scimmia sub-sub-sub appaltata sul trattorino e l’erba verrà tagliata.
Quante volte prima di inserire una nuova pianta in un progetto, ho pensato allo sconforto di Ada Segre, quando vide che le sue piantagioni di papaveri ornamentali, che dovevano colorare la base dei rosai prima della fioritura di maggio, erano state eliminate come erbacce dal giardiniere di turno, una persona che non avendo avuto le sue istruzioni, aveva agito secondo le regole del giardinaggio agricolo: i papaveri sono erbacce da togliere e sotto i rosai si fa terra bruciata. Lo stesso discorso vale per le bordure di perenni che circondavano le superfici a prato. Sono state pensate con varietà rustiche, ma per dare il massimo delle fioritura bisogna conoscerle, cimarle al momento giusto, togliere il secco, diradarle in tempi diversi, insomma si possono arrangiare, ma nel tempo, ci saranno quelle che prenderanno il sopravvento su altre o alla peggio, scompariranno. Il giardino del Verginese è stato inaugurato il 12 maggio del 2006, e del progetto originale rimane poco, purtroppo nessuno ci insegna a vedere i giardini, ci limitiamo a guardare, e siamo così abituati ai progetti non finiti e ai naufragi delle buone intenzioni, che un giardino, che nelle giornate di sole fa ancora la sua figura davanti alla macchina fotografica, ci sembra una cosa stratosferica. Se ad ogni stagione i giardinieri cambiano, tutte le conoscenze acquisite vanno perdute e si ricomincia daccapo, e non c’è niente di più triste che perdere le conoscenze basate sull’esperienza. Per la cura di ogni giardino, e sottolineo, per ogni spazio verde pubblico, dovrebbe essere obbligatorio un riferimento costante, una persona, o meglio ancora un gruppo di persone, responsabili, pagate e preparate, in grado di seguire la storia del giardino in modo continuativo, e in grado di fornire tutte le indicazioni necessarie a quelli che faranno la manutenzione in modo saltuario. Sicuramente ci sarà qualche avveniristica app che illude di poter risolvere tutti i problemi, ma per i giardini non funziona, quindi prima di partire con progetti, anche solo prima di farsi venire delle idee di riqualificazione “verde” ovunque e comunque, sarebbe il caso di poter contare su una risposta vera, non su promesse, per la manutenzione, altrimenti si fanno dei voli, bellissimi sogni destinati a fallire.
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it