Zelensky cambi rotta: dal conflitto militare (perdente) alla resistenza civile nonviolenta
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Zelensky cambi rotta: dal conflitto militare (perdente) alla resistenza civile nonviolenta
Lo scontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky offre uno spunto di riflessione importante su un conflitto armato che, dopo tre anni, appare sempre più avvitato in una dinamica militare sbilanciata a favore della Russia e senza sbocchi reali per l’Ucraina. È importante notare che Trump, pur essendo un personaggio politicamente inquietante e discutibile sotto molti aspetti, abbia chiarissimo un punto cruciale: la strategia attuale non sta portando alla pace, ma solo a un prolungamento del conflitto a danno della stessa Ucraina.
L’azzardo di Zelensky
Abbiamo più volte documentato su PeaceLink come Zelensky abbia giocato con il fuoco, spingendo per un coinvolgimento diretto della NATO, come dimostrato dalla sua richiesta di una no-fly zone che, se accettata, avrebbe significato il rischio di uno scontro diretto tra potenze nucleari. È stato lo stesso Biden a trattenere l’Ucraina dal compiere mosse ancora più azzardate.
Trump, rimproverato per la sua apparente morbidezza con Putin, ieri ha replicato con una frase emblematica: “Vuoi che sia duro? Posso essere più duro di qualsiasi essere umano tu abbia mai visto, potrei essere durissimo, ma così non otterrai mai un accordo, ecco come stanno le cose”.
Qui Trump coglie un dato di fatto: se non si inverte la rotta, l’Ucraina rischia di arrivare al tavolo delle trattative in una posizione di debolezza ancora maggiore di quella attuale.
La guerra simmetrica favorisce il più forte
Questo ci porta al nodo centrale del problema: un conflitto militare simmetrico tra un forte e un debole vede sempre vincitore il più forte. La Russia ha una capacità militare superiore, una produzione bellica che non si esaurisce e il tempo gioca a suo favore. L’Ucraina, invece, si trova in un logoramento crescente, con risorse che si assottigliano e un Occidente sempre meno efficace nel sostenere una guerra senza prospettive.
A questo punto la domanda è: ha senso proseguire su tale linea?
Se l’Ucraina avesse dalla sua un forte consenso popolare ma una intrinseca debolezza militare, allora la soluzione potrebbe non essere la guerra simmetrica, bensì un cambio strategico verso la strategia di resistenza civile diffusa. E qui entra in gioco la riflessione sulla resistenza nonviolenta, che ha dimostrato storicamente di funzionare meglio della risposta armata quando si ha un forte sostegno popolare.
Dalla logica militare a quella della resistenza civile
La strategia militare di Zelensky sta portando l’Ucraina verso un vicolo cieco.
L’alternativa sarebbe trasformare il conflitto simmetrico in uno asimmetrico spostandolo dal piano militare a quello della resistenza civile e della delegittimazione dell’occupante.
Non è un discorso astratto: esistono numerosi esempi storici di lotte nonviolente che hanno sconfitto eserciti più potenti senza ricorrere alla guerra convenzionale. Se Zelensky avesse il consenso potrebbe pensare a una “intifada” nei territori occupati, esponendo ovunque la bandiera ucraina e facendo sit-in popolari dimostrativi sotto le telecamere in mondovisione. Sempre che vi sia consenso verso Kiev nelle zone occupate.
Il problema è che il modello dominante è ancora quello della guerra tradizionale, con una narrazione che impedisce di pensare fuori dagli schemi classici, in questo caso perdenti. Ed è proprio su tale punto che il movimento pacifista può essere efficace per proporre un’alternativa credibile alla guerra.
L’Ucraina oggi ha due strade davanti a sé: continuare un conflitto bellico che la sta logorando rendendola sempre più debole o rivendicare una soluzione che possa fermare la distruzione e aprire a una vera trattativa. Zelensky sembra voler proseguire sulla prima, ma la storia insegna che la seconda potrebbe essere l’unica via per salvare davvero il suo paese.
Che fare?
Quale strada rivendicare? Quella di un ritorno agli accordi di Minsk per dare autonomia alle aree contese e di conflitto.
Occorre far votare le popolazioni e sostituire i colpi di cannone con le schede elettorali. Tutte le soluzioni devono essere basate sul consenso e non sulla logica del più forte. E anche se vincesse “genuinamente” il più forte con le schede elettorali, senza brogli elettorali, occorre che il più debole venga tutelato dallo spirito di autonomia che era alla base degli accordi di Minsk. Il debole ha diritto alla sua lingua, alla sua cultura, alle sue tradizioni, alla sua storia e alla sua visione della storia.
Bisogna porre fine alla cancellazione culturale dell’avversario e ripristinare la convivenza e il pluralismo. La vera prospettiva non è la guerra giusta ma la giusta convivenza fra popoli in conflitto. Perché, lo si voglia ammettere o no, quella in Ucraina è principalmente una guerra civile.
Questo articolo è uscito con il titolo “La lite fra Trump e Zelensky” su PeaceLink l’1 marco 2025
In Copertina: Zelensky in visita al fronte – foto licenza Creative Commons
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Non La conosco e La rispetto profondamente.
Resto esterrefatto davanti alla Sua ripetizione di parole conosciute, certamente condivisibili in molti contesti, ma largamente inadeguate alla situazione storica presente in ambito ucraino. Un esempio vale sopra tutti. Gandhi ha adottato una strategia di “resistenza popolare non violenta” contro i Britannici, potenza coloniale che comunque aveva un retroterra culturale e politico democratico. Potevamo comportarci allo stesso modo con il nazifascismo di Hitler e di Mussolini durante la seconda guerra mondiale?
La prego. Non faccia la parte dei sostenitori della purezza e del candore in un contesto dove ci si ostina a non dire che é stato il regime sanguinario russo a provocare e a continuare questa folle guerra di aggressione e cessi, insieme a molti altri, di riesumare il fantasma di Volodymyr Zelensky.
Che poi Lei parli incredibilmente di “guerra civile” mi inorridisce. E dove sarebbero gli ucraini che si battono contro il legittimo Governo di Kiev? Putin ha riempito le prime linee addirittura di ceceni, siberiani, nordcoreani e carcerati russi e Lei parla di guerra civile, una realtà paradossalmente più segnata da ideali sentiti e diffusi. Invece si tratta di una crudele guerra di aggressione e di sterminio di un popolo e di soppressione di una Repubblica democratica. Punto.
Addirittura bizzarro é il riferimento a una Intifada ucraina contro l’occupante russo. Ma di che cosa stiamo parlando?
Siete straordinari voi della “sinistra trumpiana”, come qualcuno vi ha già ribattezzati. Lei ritiene davvero che il movimento pacifista sia un’alternativa credibile non alla guerra in sé stessa, ma a “questa guerra putiniana”?
Io vi accuso di essere putiniani senza avere il coraggio di ammetterlo. Abbiate la forza morale di dirlo a tutti. Principalmente a voi stessi.
condivido al 100% il commento di Egidio Cardini