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Ferrara film corto festival

Ferrara film corto festival


Il giro del mondo riassunto in 140 foto non è un giro spensierato. Ci sono dentro guerra, violenza, intrecci, malattia, pugni e rivalsa. Perché la mostra del premio ‘World Press Photo 2019’ racconta un anno di cronaca da ogni angolo del mondo. Immagini e contenuti sono vagliati, selezionati e verificati dalla fondazione nata proprio per premiare e valorizzare le foto scattate per darne notizia su giornali, riviste, mass media. L’esposizione per il terzo anno è approdata con il festival “Internazionale a Ferrara” sulle pareti del Padiglione d’arte contemporanea (corso Porta Mare 5, Ferrara), dove è visitabile fino a domenica 3 novembre.
In mostra gli scatti dei fotoreporter che con il loro lavoro riescono a far vedere quello che succede dietro i cancelli delle ambasciate, nelle case di persone che hanno subito catastrofi, nei saloni del potere e nelle trincee del lavoro. Il foto-servizio è stato fatto durante la visita guidata ed è firmato dal fotografo Luca Pasqualini. In apertura la sua foto con lo scatto del fotografo statunitense Brendan Smialowski che mostra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, mentre conduce per mano il presidente della Francia, Emmanuel Macron, verso l’ufficio ovale della Casa Bianca, a Washington DC, il 24 aprile 2018.

Gli effetti della povertà in una delle foto della mostra “World Press Photo 2019” a Ferrara (foto Luca Pasqualini)

A fare da guida in lingua italiana a una selezione di fotografie tra le più significative è stata, durante il festival, Margherita Ferro del centro 10B Photography che lavora con la fondazione World Press Photo di Amsterdam per organizzare l’esposizione delle foto di un premio arrivato alla 62.a edizione.

La guida Margherita Ferro davanti al fotoreportage sulle sfilate di moda a Dakar, in Senegal (foto Luca Pasqualini)

La bambina che piange sulla frontiera Messico-Usa. Premiata come Foto dell’anno, quella di John Moore (fotografo statunitense) intitolata “Crying Girl on the Border”. Al centro dell’immagine la piccola Yanela Sánchez, originaria dell’Honduras, che si dispera mentre, sopra alla sua testa, la madre Sandra Sánchez viene perquisita da un’agente della polizia di frontiera, in Texas. Era il 12 giugno 2018. “Questa foto – racconta la guida – ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma dei bambini che la politica di Trump aveva deciso di separare dai genitori per disincentivare l’immigrazione clandestina. In sei settimane sono stati separati 2mila minori. La foto è significativa, perché con semplicità mostra il pianto di una bambina e, con quelle scarpe già senza lacci di madre e figlia, rivela come venga applicata già la procedura prevista per chi sta per essere messo in carcere. Dopo la pubblicazione della foto, a fine giugno, è stata interrotta la politica di separazione di genitori e figli di immigrati clandestini. Per valutare la capacità di coinvolgimento, non è poi forse un caso che il fotografo abbia un figlio della stessa età di Yanela”.

John Moore_(Getty Images) alla mostra “World Press Photo 2019” per il festival Internazionale a Ferrara

La carovana dei migranti. Vincitore del World Press Photo of the Year il fotoreportage di Pieter Ten Hoopen (fotografo olandese) intitolato “Civilian Act”. Ha fatto il giro dei media lo scatto The Migrant Caravan”: un gruppo di persone che corre verso un camion, fermo a dare loro un passaggio vicino a Tapanatepec, in Messico, il 30 ottobre 2018. “L’idea dietro a questo progetto – dice la Ferro – è quella di raccontare il lungo viaggio e i momenti quotidiani di alcune tra le oltre 7mila persone che, tra ottobre e novembre 2018, dall’Honduras si sono messe in movimento per raggiungere gli Stati Uniti”.

Pieter Ten Hoopen con “Civilian Act (Agence Vu) per la mostra del premio World Press Photo 2019

La stampa fuori dai cancelli del potere. Uno dei cinque finalisti per il premio ‘World Press Photo of the Year’ è Chris McGrath (fotografo australiano) con uno degli scatti del suo lavoro di documentazione su “The Disappearance of Jamal Kashoggi”. “La foto – dice Margherita – mostra un uomo che cerca di trattenere giornalisti e fotografi il 15 ottobre 2018, mentre gli investigatori sauditi arrivano al consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul, in Turchia, dove il 2 ottobre il giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi è entrato e mai più uscito, ucciso probabilmente su ordine del regime dell’Arabia Saudita. Un’immagine che diventa anche simbolo della volontà di tenere l’informazione lontana dal cuore del potere”.

Chris McGrath (Getty Images) alla mostra “World Press Photo 2019” per il festival Internazionale a Ferrara

Il lago prosciugato. “Era  il quarto lago più grande dell’Africa, ma ora si è ridotto del 90 per cento”, racconta la guida davanti a una fotografia di Marco Gualazzini che fa parte del suo reportage intitolato “La crisi del lago Ciad”. Di acqua, qui, se ne vede poca. C’è invece un ragazzino che passa davanti a un muro segnato da graffiti che con tratti infantili disegnano tanti mitra. Gli scatti che hanno portato il fotografo italiano ad essere selezionato tra i tre finalisti del ‘World Press Photo of the Year’ sono dedicati – continua Margherita – “al lago che bagnava le terre di quattro stati diversi (Ciad, Camerun, Nigeria e Niger) e il cui prosciugamento ha gettato nella miseria più profonda le popolazioni che dalle sue acque traevano la sussistenza”. Ecco allora poca acqua fotografata e i tanti effetti della devastazione, “che creano le basi per l’avanzata delle idee estremiste degli jihadisti di Boko Haram che arruolano gli orfani anche più piccoli per farne dei combattenti”.

Una delle foto di Marco Gualazzini (Contrasto) in mostra a Ferrara sulla realtà intorno al lago Ciad

La Siria e la guerra invisibile. Mostrare le ferite che non si vedono e che uccidono da dentro: è questo il lavoro di Mohammed Badra, fotografo siriano che racconta gli attacchi di armi chimiche che continuano a devastare il suo Paese. “I due uomini che guardano lo spettatore – fa notare la guida – sembra che rivendichino la volontà di far guardare in faccia al mondo questa situazione terribile che va avanti, ma di cui ormai non si parla più”. L’immagine mostra “Un uomo e un bambino che ricevono cure dopo un gas-attack”.

Mohammed Badra (European Pressphoto Agency) alla mostra “World Press Photo 2019” per il festival Internazionale a Ferrara

Anche il mondo degli animali e quello della natura viene indagato nei suoi aspetti più materiali e crudi in questo viaggio nelle due sale della palazzina accanto a Palazzo Massari di Ferrara, come accade nel racconto per immagini della vita dei puma in Patagonia, Cile, documentata da Ingo Arndt, vincitore del terzo premio della categoria ‘Natura’.

Terzo premio della categoria Natura per Ingo Arndt e le sue foto sulla vita dei puma in Patagonia, Chile, al WPP2019 (foto Luca Pasqualini)

Quello che le cronache non dicono più è narrato da alcune immagini meno famose e che qui trovano una ribalta. Come la vita delle guerrigliere dopo che la guerriglia è finita, raccontata dagli scatti di Catalina Martin-Chico che ha vinto il secondo premio per le ‘Questioni contemporanee’.

Reportage di Catalina Martin-Chico tra le ex guerrigliere in Colombia (foto Luca Pasqualini)

“World Press Photo 2019″ in mostra al PAC-Padiglione d’arte contemporanea, giardino di Palazzo Massari, corso Porta Mare 5, Ferrara. Dal 4 ottobre al 3 novembre 2019, ore 10-13; 15-19 (ingresso consentito fino a un’ora prima della chiusura). Chiuso il lunedì. Biglietti: intero 6€, ridotto 4€.

Ferrara film corto festival

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, MN 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, BO 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici UniFe, Mimesis, MI 2017). Ha curato mostra e catalogo “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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