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Anno 2025: quanta povertà

Vite di carta. Anno 2025: quanta povertà

Palazzo Naselli Crispi, sabato 5 Aprile: Monsignor Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, sta esponendo il recente Rapporto sulla povertà di Caritas Italiana e vengono i brividi a sentire certi numeri e a condividere le relative riflessioni. Il titolo del rapporto, Fili d’erba nelle crepe, mi pare indicativo dell’opera che svolge la Caritas a livello nazionale.

A fine mattinata alla Caritas Diocesana verrà assegnato il Premio Stampa 2025, a cura della Associazione Stampa Ferrara che celebra i 130 anni dalla fondazione.  Nel seminario che precede il momento della premiazione, intanto, viene posto al centro del dibattito cittadino il tema delicato delle vecchie e nuove povertà e il ruolo svolto dalla informazione.

Nel primo dei quattro interventi previsti tocca a Monsignor Perego fornire le cifre e fornirne una prima lettura critica: un dato nazionale vale per tutti e riguarda il numero record di famiglie, oltre due milioni e duecentomila, che vivono in condizioni di povertà assoluta.

Segue l’ intervento di Monsignor Massimo Manservigi sulla attività svolta dalla Caritas di Ferrara dalla sua fondazione nel 1973 a oggi, nel ricordo particolare di Don Paolo Valenti. Non poteva mancare, conoscendo le sue competenze in fatto di cinema, un bel video che mostra il lavoro quotidiano dei volontari.

Don Marco Pagniello, Direttore della Caritas Nazionale, presenta subito dopo l’importante progetto di microcredito della Caritas per il Giubileo, Mi fido di noi, in sostegno delle persone e delle famiglie in difficoltà.

Mi colpisce la coppia di parole esclusione finanziaria, ne afferro al volo la portata e la aggiungo alle altre di cui sto sentendo parlare nella galassia lessicale della povertà. Papa Francesco chiama “lavoro povero” quello che non garantisce di vivere decorosamente a un 8% di lavoratori.

Figuriamoci quanto debbano pesare gli altri elementi che determinano la povertà, intermittente o costante che sia. Assoluta o relativa. Associata a povertà culturale, a sfiducia e depressione, attaccata a una percentuale in paurosa crescita di bambini e di anziani soli, di stranieri, di persone che non hanno una dimora fissa o hanno condizioni abitative precarie.

Mentre ascolto l’intervento conclusivo del giornalista economico Matteo Nàccari e recepisco le difficoltà in cui si dibattono molti gruppi editoriali negli anni della intelligenza artificiale e sotto la pressione della informazione digitale, realizzo in quali termini anche la qualità dell’informazione vada preservata proprio perché non è esente da rischi. Povera la retribuzione riconosciuta ai precari, ma non solo; a rischio la qualità dei testi prodotti, tra il bisogno economico che impone di puntare sulla quantità e la concorrenza di testi standardizzati creati dalla I.A.

I miei due sogni, essere insegnante e giornalista, in quali mondi mi hanno cacciata. Letteratura mia, soccorrimi.

Riportami la voce atona di Génie la mattache mi arriva dal libro che ho letto in questi giorni. L’ha scritto Inès Cagnati, l’autrice francese di origine italiana morta nel 2007 di cui Adelphi ha recentemente pubblicato due romanzi, Génie nel 2022, Giorno di vacanza nel 2023 e nel 2024 la raccolta di racconti I pipistrelli.

Una scrittrice nata nel 1937 a Monclar, figlia di contadini immigrati dal Veneto nel sud ovest della Francia insieme a migliaia di altri italiani in fuga dalle persecuzioni fasciste e senza lo sbocco dell’America in seguito alle politiche migratorie transoceaniche restrittive.

Génie la matta è il suo secondo romanzo, uscito in Francia nel 1976 e solo da poco immesso nel panorama della narrativa italiana con la traduzione dal francese di Ena Marchi. Le recensioni che ho letto esprimono l’intensità dell’impatto.

Il libro ha una scrittura essenziale e scabra e racconta il dramma di una bambina: potrebbe chiamarsi Nedda, come la protagonista della celebre novella verghiana, e invece si chiama Marie. In una natura bellissima e spietata, Marie vive esclusa dal villaggio con sua madre Eugénie, che tutti chiamano Génie la matta.

Vittima di uno stupro, Génie è stata ripudiata dalla famiglia, “la migliore famiglia del paese”, dopo che ha dato alla luce la bambina concepita da quell’abuso. Vive con la piccola in una casupola sperduta e si chiude nell’isolamento e nel silenzio. “Non ho avuto niente, io” è ciò che ripete spesso Génie la sera, prima di coricarsi sfinita dalla giornata di lavoro nei campi. Nel microcosmo crudele del villaggio e delle fattorie attorno fatica dall’alba al tramonto per un po’ di cibo e qualche abito dismesso con cui nutre e ricopre sé stessa e la figlia.

Marie la ama visceralmente. La segue come può di giorno, quando non è a scuola. La aspetta di sera lungo il sentiero della casupola, costantemente terrorizzata di non vederla tornare. Una madre anaffettiva ma adorata è tutto quello che Marie possiede per attraversare l’infanzia.

Nella storia di entrambe, narrata pagina dopo pagina con lo stile segmentato di Inès Cagnati, con frasi ripetute e immagini che tornano ossessive, non c’è possibilità di riscatto. Nessuna via di fuga verso le felicità che potrebbero realizzarsi: avere la compagnia di un animale, trovare un compagno che conosce terre bellissime in cui andare a vivere, essere oggetto di amore in seno a una famiglia.

Per fortuna, la letteratura pare farsi più alta quando dà voce allo straniamento di lingua, cultura, classe sociale e genere, come è stato per Inès Cagnati da bambina. Quando trova le parole per accedere a squarci di verità e bellezza.

Nota bibliografica:

  • Inès Cagnati, Génie la matta, Adelphi, 2022
  • Inès Cagnati, Giorno di vacanza , Adelphi, 2023
  • Inès Cagnati, I pipistrelli, Adelphi, 2024

Cover: foto dell’autrice presenta i relatori del Seminario “Vecchie e nuove povertà: il ruolo dell’informazione” – Ferrara, Palazzo Naselli Crispi, 5 Aprile 2025. Da sinistra il moderatore Alberto Lazzarini, vice Presidente dell’Ordine dei giornalisti E.R., Matteo Nàccari, giornalista economico, Mons. Gian Carlo Perego, Don Marco Pagniello e Mons. Massimo Manservigi.

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)