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Vite di carta /
La violenza accanto

Vite di carta. La violenza accanto

Leggo La vita accanto di Mariapia Valadiano e avverto confusamente dove si posiziona nel territorio dei libri che conosco: il gps della mia lettura avanza in zone via via diverse e mi fa provare, specie nelle ultime pagine, una sensazione doppia. Da una parte c’è il coinvolgimento nella storia che ha tratti originali, come fu detto fin dal momento della candidatura allo Strega 2011 da Cesare Segre.

Dall’altra la percezione che siano davvero tanti i riferimenti a mondi letterari di questo secolo e dei due precedenti. Come una torta dai tanti sapori che ha attinto da un folto ricettario.

Ho preso appunti su appunti mentre leggevo, tracciando il percorso dell’intreccio dei fatti ma spostandomi spesso su altri fili narrativi tra loro paralleli: ora sull’evoluzione di un personaggio e poi di un altro, ora su episodi laterali dall’andamento carsico, scomparsi dall’alveo principale del racconto e poi riapparsi verso la foce.

La storia è quella di Rebecca, la cui bruttezza fino dalla nascita è lo stigma che la marchia e decide per lei una vita di clausura nel palazzo di famiglia, lontano dagli occhi malevoli e dalle chiacchiere trancianti della città di Vicenza. La bruttezza agisce come una forza centrifuga che allontana da lei la madre, prima di tutto.

Allontana per i primi anni gli altri bambini, le strade e le piazze della città. Chi le sta davvero vicino è la domestica di casa, alla quale il padre ha delegato per debolezza la cura quotidiana della bambina.

La sorella del padre sembra intervenire nella vita di Rebecca quando entra nella casa con la sua esuberanza misteriosa, ma non porta amore. Porta il desiderio di affermazione di sé in un ambiente familiare che si è spento dopo la nascita della bambina, nel momento in cui la depressione ha coperto di silenzio la madre e l’ha tenuta reclusa nella sua stanza affacciata sul fiume Retrone.

La voce narrante è quella di Rebecca ed è sua la prospettiva con cui vengono messi a fuoco i familiari, gli unici che frequenta da bambina. Poi entrano nel suo campo visivo i compagni di scuola, se va bene indifferenti verso di lei, quando non la chiamano mostro e se ne tengono lontani. Si fa amica soltanto con la compagna di banco, la grassa logorroica Lucilla che è una luce anche di fatto nella sua vita appartata.

La struttura del racconto segue le volute della crescita di Rebecca, della consapevolezza che si fa chiara sulla famiglia con i suoi scheletri dentro gli armadi, con la passione per la musica che le viene trasmessa, ma che in lei valorizza un talento speciale. La vita accanto, quella del mondo, sembra ferirla di meno mentre come pianista prende consistenza col tocco delle sue mani.

Quando è adolescente conosce la signora De Lellis, grande pianista nonché madre del suo insegnante di pianoforte, e con lei accresce la propria forza interpretativa.

Leggo su veloci recensioni che la passione per il pianoforte la salva, la colloca altrove rispetto agli egoismi e alle doppiezze familiari. Certo, ma non è solo la musica a darle l’identità. C’è il rapporto mai consumato con la madre che tuttavia trova un risarcimento dopo la sua morte. Rebecca esplora, accarezza, riordina la stanza dove la donna si è rinchiusa per anni, prima di gettarsi nelle acque del fiume, di “essere pietra sul fondo”.

Trova e legge il suo diario, trova gli acquerelli dedicati ai fiori e riempie di margherite e di lavanda i vasi e il terrazzo della casa. Ritrova la madre mentre mette a fuoco la debolezza di carattere del padre, l’inettitudine a proteggere le donne della sua famiglia.

Le pagine finali sciolgono i molti nodi narrativi prendendo la direzione ora del romanzo d’appendice col lieto fine che ritrae Rebecca serena e avvolta da nuove sicurezze: Lucilla con la figlioletta che vanno a vivere insieme a lei; la sua bruttezza che si è attenuata grazie a un consolatorio intervento di chirurgia estetica.

Ora si dissolve, altresì, l’atmosfera da romanzo gotico a cui rimandava la mostruosità di Rebecca, con la repulsione che ingenerava nei coetanei. Quella sua solitudine totale nell’infanzia faceva pensare alla solitudine tragica della creatura del dottor Frankenstein, e accomunava così due esseri  sensibilissimi, puniti dalla ignoranza cattiva degli uomini.

Il tema della violenza è a un passo. Nel romanzo avvelena prima di tutto il vissuto di Rebecca: le usano violenza la insipienza del padre che non la protegge e la vox populi vicentina che la denigra.

La madre, che non ha ricevuto l’aiuto adeguato alla sua forma depressiva, nel suo diario chiama “la Mostra” la sorella del marito e lui è “il bugiardo”.

Quanto alle famiglie che le ruotano intorno, basti ricordare che la madre del maestro De Lellis ha subito una violenza carnale incestuosa, della quale viene informata Rebecca e con lei il lettore. L’agnizione però si ferma qui, il maestro non saprà mai chi è il suo vero padre.

In casa di Lucilla, come risposta disperata alle annose violenze del padre si consuma l’uccisione dell’uomo. La colpevole sembra la madre, tuttavia nel finale scopriamo un’altra verità.

A fronte di eventi strappalacrime come questi la scrittura di Veladiano ha fidelizzato i lettori con uno stile asciutto ed esatto. A sua volta l’ambientazione contemporanea riesce a tenere lontana l’atmosfera del romanzo dalla tradizione ottocentesca, specie da quella scapigliata: al gusto di ritrovare l’orrido nelle pieghe riposte della società ha sostituito il brusio volubile delle chiacchiere vicentine.

Nota bibliografica:

  • Mariapia Valadiano, La vita accanto, Einaudi, 2011
  • Mary Shelley, Frankenstein, Feltrinelli, 2013

Cover: https://pixabay.com/it/images/search/pianoforte

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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