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Vite di carta /
“L’anniversario” di Andrea Bajani

Vite di carta. L’anniversario di Andrea Bajani

“Si possono abbandonare i propri genitori? O meglio, ci si può sottrarre a loro?” chiede il narratore-figlio del romanzo L’anniversario, che Andrea Bajani ha pubblicato nel gennaio di questo 2025 vincendo pochi mesi dopo lo Strega giovani.

La doppia domanda, così estrapolata, trova in me una risposta pronta, a patto di invertire l’ordine e rispondersi innanzitutto che sì, si può e si deve sottrarsi ai propri genitori. A un certo punto della crescita vanno lasciati. Messi a distanza, in una geografia familiare che garantisca a ognuno autonomia e libertà di movimento. In una geografia degli affetti che allarghi gli spazi e vada al passo con le fasi intanto avanzate nelle vite di tutti.

L’anniversario di cui parla l’incipit del romanzo ha, tuttavia, un valore sinistro: nasce da una sofferenza intrappolata nelle viscere del narratore-figlio che intende festeggiare dieci anni dal suo distacco definitivo dal padre e dalla madre.

Dieci anni dal cambio di numero telefonico, per evitare le rade ma insopportabili conversazioni a distanza che lo connettevano violentemente al clima distopico che aveva subito per tutta la vita nella sua famiglia. Dopo, a lungo, lo percorreva un tremito.

Nulla al confronto con gli spasmi intestinali che lo percorrevano nell’infanzia e poi nella giovinezza durante le sfuriate di suo padre.

La storia è storia del controllo totale esercitato dal padre sui familiari, prima di tutti sulla moglie che si piega a lui fin dalle prime righe del romanzo, grazie alla sua natura di persona “sopraffatta da una forma di timidezza molto prossima alla negazione di sé”.

Quindi sui figli, esposti al radar del controllo paterno in ogni aspetto della giornata. Il cosmo familiare perpetuato in una dinamica concentrazionaria. La violenza, anche quella ordinaria dei silenzi carichi di tensione, che lo ha dominato.

Il figlio che scrive non ha protestato in modo diretto, come la sorella. Ha cercato nella distanza una soluzione che lo salvasse, oppure ha cercato nella mansuetudine un anestetico bastante a portarsi avanti nel tempo.

Ha osservato sempre la madre ma ne scrive solo ora lungamente, parlandole attraverso il filtro del romanzo. Anzi, forgiando il romanzo come interfaccia della propria liberatoria ricostruzione di sé. La scrittura come forma di esilio da se stesso, mentre racconta gli anni vissuti in famiglia e gli anni successivi all’abbandono di ogni rapporto con padre e madre.

Di un romanzo iperletterario come questo, che accompagna il merito della storia con puntuali riflessioni sul metodo che intanto adotta, e sulla forma narrativa, mi chiedo cosa possa aver convinto  la giuria dei giovani a votarlo come vincitore.

Qual è la fascia d’età dei giurati? Hanno tra i sedici e i diciotto anni, frequentano la scuola superiore e forse, come ha ammesso l’unico con cui ho scambiato due parole riguardo al libro, sono rimasti colpiti dalla tematica complessa della violenza incistata nelle dinamiche della famiglia. Colpiti anche dalla durezza della lotta che porta gli adolescenti a darsi una identità, prima di tutto prendendo le distanze dai genitori.

Il che conferisce ai contenuti del libro una sorta di valore paradigmatico su entrambi i piani. Se questo è o può essere il senso del loro voto, hanno riconosciuto alla narrativa di qualità il tentativo di  affrontare il nodo della comunicazione intergenerazionale e della formazione.

Nel libro c’è un di più di profondità introspettiva nella lettura della realtà, c’è la ricerca di un posizionamento salvifico. Ben oltre i dettagli spiccioli con cui la televisione attira l’audience giornaliera, indugiando sul raccapriccio di consumo quando espone fatti violenti di cronaca. Suscitando una lunga onda emotiva che amplifica gli episodi fino a confonderli gli uni negli altri e lasciandoli esposti in superficie.

È la forma, tuttavia, a dare la cifra del libro. E su questo piano non so quanti abbiano potuto cogliere la forza stilistica di Bajani. La capacità di dare espressione al fuoco della sofferenza con parole definitorie rese oggettive dal registro formale della lingua, dalle incursioni in una varietà di lessici specifici, dalla psicologia al sindacalismo e perfino alla medicina.

Il porsi a pezzetti sopra i vetrini del microscopio e acquisire consapevolezza  su come è andata la propria vita familiare, senza un perché definitivo che dia senso al dominio paterno. Solo una totale capacità di descriverlo e di prevederlo.

E poi l’osservazione minuta, fin nelle pieghe più riposte, del comportamento materno. Riconoscendone gli stati d’animo da segnali anche minimi nella voce, nella mimica e nei gesti. Ora, “vista con gli occhiali della scrittura“, appare dolorosamente al figlio come “una donna a perdere”.

Nota bibliografica:

  • Andrea Bajani, L’anniversario, Feltrinelli, 2025

Cover: immagine tratta da https://pixabay.com/it/images/search/famiglia%20felice/

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

 

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)