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Sono passati dieci giorni dalla morte di Mahsa Amini, deceduta il 16 settembre dopo essere stata arrestata e incarcerata dalla polizia morale per aver indossato male il velo.
Sono state come sempre le donne a scendere in strada per prime, molte a capo scoperto, sfidando le pallottole delle forze dell’ordine. Da allora la rivolta non si è mai fermata, e da Teheran si è estesa nel Kurdistan iraniano e in molte altre città.

Secondo i rapporti delle organizzazioni di difesa dei diritti umani, le vittime della repressione sono state finora 76 e gli arrestati 1.200. La polizia ha usato idranti e lacrimogeni, ma reparti speciali della forza paramilitare dei Basiji hanno sparato con pistole e mitragliatrici.

Per ridurre al minimo l’azione repressiva, i manifestanti hanno organizzato proteste serali e notturne. Dalle finestre delle case sono stati appesi cartelli con scritto “Morte al dittatore”. La famiglia Amini denuncia di aver ricevuto intimidazioni dalla polizia perché non rilasciasse dichiarazioni alla stampa straniera.

Tutti i Capi di Stato e i Governi dell’Occidente si dicono solidali con la protesta iraniana. Sarà vero, ma è impossibile dimenticare che è stato proprio l’Occidente, sotto la guida degli Stati Uniti, a scappare dall’Afghanistan a gambe levate, lasciando il popolo afgano nelle mani dei Talebani.

Quindi, non è dai governi che potrà arrivare una vera e fattiva solidarietà. Non è dalle dichiarazioni delle diplomazie che le donne e gli uomini iraniani potranno trovare la forza per continuare a lottare fino a rovesciare il regime degli Ayatollah.

. Per questa ragione, il movimento di protesta si è rivolto direttamente a tutti i democratici del mondo, chiedendo di non lasciarli soli, di scendere in piazza, di far conoscere la loro lotta.

L’appello, rimbalzato su tutti i media, è stato raccolto. A Londra, Parigi, Berlino, in tutte le città del mondo, grandi e piccole, si organizzano cortei, sit-in e flash mob di solidarietà. Dopo Bologna, due giorni fa una affollata manifestazione, anche Ferrara scende in piazza. La Comunità Iraniana di Ferrara e La Rete per la Pace (cui aderiscono numerose associazioni ferraresi) chiamano a raccolta i cittadine e le cittadine,

L‘appuntamento per tutti è Mercoledì 28 settembre, alle 17,30 sul Listone in piazza Trento Trieste.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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