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Pepe Mujica, «la pecora nera», un comunista anomalo che ha fatto la storia

Pepe Mujica, «la pecora nera», un comunista anomalo che ha fatto la storia

E’ morto all’età di 89 anni a Montevideo dove era nato il 28 maggio del 1935, José Alberto Mujica, chiamato “El Pepe” dai suoi concittadini e presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015. Era stato un guerrigliero del Movimento di liberazione nazionale, Tupamaros (dal 1966) ed aveva spesso rischiato la vita. Catturato finì in galera (come la sua compagna Lucía) per 13 anni (dal ’72 all’85). Una galera dura, fatta di isolamento, torture psicologiche e fisiche, ma El Pepe non ha mai ceduto.

Questa galera gli aveva minato il fisico, come riconobbe lo scorso gennaio, annunciando “semplicemente sto morendo di cancro” (all’esofago) che gli aveva compromesso il fegato. Rinuncio alle cure, non userò la chemio pesante, né operazioni chirurgiche perché il mio fisico è debole, ne ha passate troppe… il guerriero ha diritto al riposo”.

Pepe ha preferito morire a casa sua, in pace, assieme alla sua compagna di una vita, con cui è stato più di cinquant’anni, Lucía Topolansky, anche lei ex militante contro la dittatura ed ex senatrice. Lucía e Pepe, un grande amore, anche se non potevano nascere più diversi.

Lui in un quartiere operaio di Montevideo, orfano di padre a sette anni, lei figlia di un ricco ingegnere e imprenditore, educata dalle suore domenicane. “Tutto è intestato a lei, un essere superiore a cui devo ogni cosa”. Sposati soltanto nel 2005, dopo una lunga convivenza non hanno fatto figli, “perché dovevamo cambiare il mondo”.

Vivevano in modo molto spartano in una piccola casa, alla periferia di Montevideo, coltivando la terra. La casa era sempre quella che aveva abitato anche quando era presidente, una umile chacra (casolare) alla periferia (povera) di Montevideo con accanto la sua auto, il “mitico” maggiolino Volkswagen, immortalato nel documentario a lui dedicato nel 2018 dal regista serbo Emir Kusturica (El Pepe, una vita suprema).

Il maggiolino era diventato il simbolo del suo stile parco e popolare, vecchia e un po’ scassata con cui si muoveva dalla casa di tre stanze al palazzo della presidenza. E quasi il 90% del suo stipendio da presidente devoluto alla lotta contro la povertà.

«Pepe è l’ultimo eroe politico in un mondo dove i politici parlano di cose che la gente non intende», sosteneva Kusturica, ma anche i due giornalisti uruguaiani Andrés Danza e Ernesto Tulboviz che hanno firmato un libro a lui dedicato (Una oveja negra al poder, Una pecora nera al potere).

Dopo la guerriglia e il carcere (erano ispirati dalla rivoluzione di Fidel Castro a Cuba), dopo la fine della dittatura, l’amnistia permetterà ai guerriglieri di cercare con le elezioni il Governo. Nel 2010 Mujica diventa così presidente dell’Uruguay e un’icona della sinistra latino-americana.

Nei cinque anni di governo Pepe (con Lucía sempre al suo fianco) vara un liberalismo progressista, una critica violenta al consumismo, la legalizzazione della marijuana venduta attraverso lo Stato, dando un bel colpo ai narcos, regolamenta l’aborto e le nozze gay. Era a favore dell’integrazione e della multiculturalità, “perché la razza pura é una merda”.

Mujica non aderirà mai al socialismo del XXI secolo di Hugo Chavez e Fidel Castro. Li ammirava, ne condivideva parte dei programmi e la lotta antimperialista, ma non l’impostazione ideologica. Andava più d’accordo con l’ecuadoriano Correa e ancor di più con l’amico brasiliano Lula – ma a Montevideo, si sedeva e trattava con imprenditori.

Se li caccio e nazionalizzo, corro il rischio che si riducano gli investimenti e i posti di lavoro per la mia gente…l’esperienza di Cuba dimostra che lo Stato non dà garanzie di saper maneggiare meglio gli affari. Dunque, bisogna essere pragmatici, affiancare il buonsenso – la migliore delle ideologie – mentre si espongono idee di progresso”. Il primo ex guerrigliero – e probabilmente l’unico – invitato alla Casa Bianca dall’allora presidente Obama, in procinto di “aprire a Cuba” e recarsi in visita all’Avana (2016).

Una vera pecora nera, ma ascoltato, della sinistra latinoamericana, che secondo Alberto Fernández, ex presidente dell’Argentina “parlava come un filosofo, ma fuori dagli schemi”. L’orizzonte della sua politica era a favore della felicità umana, dell’amore per la Natura, delle relazioni umane. Concetti che ripeteva anche in interventi politici, come nel corso del vertice della Celac (Comunità Stati latinoamericani e del Caribe) all’Avana (2014). Spiazzando un poco il linguaggio sinistrese, ma ricevendo applausi e consensi.

Danza e Tulbovitz nel loro libro descrivono un uomo contrario al dogmi e innamorato del buon senso. «Una delle principali fonti di conoscenza è il senso comune – affermava Mujica -. Il problema è quando metti l’ideologia al di sopra della realtà. La realtà ti arriva come un pugno e ti fa rotolare per terra… Io devo lottare per migliorare la vita delle persone nella realtà concreta di oggi e non farlo è immorale. Questa è la realtà. Sto lottando per degli ideali, ok; ma non posso sacrificare il benessere della gente per degli ideali”.

Sarà sepolto sotto la sequoia che ha piantato lui stesso, insieme alla sua adorata cagnolina Manuela.

Su Mujica leggi anche su Periscopio:
Pepe Mujica, una vita coerente e piena di senso;
Josè Mujica, Il miglior discorso del mondo;

Giuseppe Ferrara, Il vaso rosa di Josè Mujica

In copertina: immagine di spondasud.it

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)