Parole a capo
«Per Gaza /2»
«Per Gaza/ 2»
In questo numero di “Parole a Capo” continuiamo a pubblicare altre poesie che parlano del dramma spaventoso di Gaza, scritte ieri e oggi. Sono alcune gocce in un mare in cui c’è un’infinita disperazione per una strage che non conosce fine.
PICCOLE FARFALLE FERITE
Corri piccola farfalla indifesa
corri incontro alla mamma
corri incontro agli amici
fuggi dalla disumanità della guerra
cerca riparo volando tra i fiori del domani
Correte piccole farfalle affamate
unite le vostre ali sino a diventare colombe
inviate al mondo il vostro grido di dolore
svegliate col candore dei vostri animi
questo mondo che pare inerme al genocidio
Scappate piccole farfalle indifese
lasciate scorrere le vostre lacrime
urlate la vostra disperazione
quando
osservando intorno
vedete quel che i bambini non devono vedere
Unitevi in un unico grande canto
fatevi colombe portatrici di messaggi di pace
fuggite dal terrore e dalla paura
unitevi piccole farfalle disperate
il mondo avrà bisogno di voi
quando da farfalle diventerete
donne e uomini
per guidare quel che rimarrà
verso un futuro senza guerre
Un futuro di pace
(Stefano Peverin)
*
a piedi nudi
era uscita dalla tenda
in strada a raccattare
parole buone e
a mezzogiorno
la fame batteva
sul gran tamburo
dello stomaco
mentre le viscere
le si contorcevano
gorgogliando a vuoto.
In fondo a una tasca
trovò una parola buona
dimenticata
la serbò fino a sera
stremata la succhiò
lentamente
prima di addormentarsi
su un cuscino
di pietra
sotto un cielo
senza stelle.
All’alba era stella
fra le stelle
Se un bambino venisse ucciso, e i suoi assassini gettassero
il suo corpo nel fango,
lei non proverebbe rabbia? Cosa direbbe?
Io sono un figlio della Palestina,
muoio ogni anno,
vengo ucciso ogni giorno,
ogni ora.
Avanti, guardi bene la varietà di nefandezze,
osservi ogni foto, ogni immagine
la meno orribile è quella del mio sangue che scorre.
Dica qualcosa:
Perché questa improvvisa indifferenza?
Allora, cos’è, non ha niente da dire?
La bambina il cui padre è stato ucciso
mentre portava un sacco di farina
sulla schiena
continuerà a gustare
il sangue di suo padre
in ogni pane.
(Haidar Al Ghazali)
tu dovrai vivere
per raccontare la mia storia
vendere le mie cose
comprare un pezzo di stoffa
e qualche filo
(magari bianco con una lunga coda)
così che un bimbo, da qualche parte a Gaza
mentre fissa il cielo
in attesa di suo padre
– morto all’improvviso senza dire addio
a nessuno
né alla sua pelle
né a se stesso –
veda il mio aquilone
quello che tu hai costruito
volare alto
e pensare, per un attimo, che sia un angelo
a riportare amore.
Se io dovrò morire,
che porti allora una speranza
che la mia fine sia un racconto.
“Parole a capo” è una iniziativa dell’Associazione culturale “Ultimo Rosso”.
Per rafforzare il sostegno al progetto invito, nella massima libertà di adesione o meno, a inviare un piccolo contributo all’IBAN: IT36I0567617295PR0002114236
La redazione di “Parole a capo” informa che è possibile inviare proprie poesie per una possibile pubblicazione gratuita nella rubrica all’indirizzo mail: gigiguerrini@gmail.com

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Pierluigi Guerrini
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
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