Nuove norme sui conti correnti: i delinquenti gongolano, i bancari rischiano
Nuove norme sui conti correnti: i delinquenti gongolano, i bancari rischiano
La settimana scorsa la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge che prevede l’obbligo per le banche di aprire il conto corrente a chiunque lo richieda, ed il divieto di chiudere unilateralmente i conti in essere.
Un provvedimento apparentemente ineccepibile: è giusto che chi ha avuto problemi in buona fede possa accedere ai servizi bancari. Purtroppo, però, esistono anche soggetti che non sono in buona fede, e che su quel conto hanno bisogno di far passare proventi di attività illecite. Le normative antiriciclaggio ed antiterrorismo impongono responsabilità pesanti in carico alle persone che lavorano in banca: sui rapporti di conto bisogna effettuare costantemente l’ “adeguata verifica”, cioè un controllo continuo, volto ad individuare qualsiasi operazione anche solo potenzialmente sospetta di derivare da eventuali reati per segnalarla e, ove possibile, astenersi dal portarla a termine. La normativa è inflessibile nei confronti di bancarie e bancari: l’omessa segnalazione è punita con multe pesantissime e pene detentive. Sono già diversi i casi di dipendenti di banca che, non essendosi accorti tempestivamente di movimenti anomali sui conti, hanno perso il posto di lavoro e si sono ritrovati davanti al giudice. Per questo motivo, la chiusura di un conto che presenta andamento fortemente anomalo rappresenta, ad oggi, il modo più efficace per tutelare la Banca e chi ci lavora, ma anche per ostacolare la criminalità.
La legge approvata alla Camera prevede che non si possa rifiutare l’apertura ed il mantenimento del conto a nessuno, “fermo restando l’obbligo di osservare le disposizioni nazionali ed europee in materia di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo”. Un’evidente contraddizione, che speriamo possa essere oggetto di riflessione prima della votazione in Senato, evitando così di emanare una norma sgangherata e che rischia di provocare seri danni, non solo a chi lavora in banca.
Non è la prima volta che la politica assume atteggiamenti bizzarri nei confronti delle banche. Le banche sono soggetti d’interesse pubblico quando rischiano di fallire, quindi è normale salvarle con i soldi dei contribuenti. Diventano però soggetti privati e totalmente intoccabili quando fanno utili record come sta avvenendo ora, e quindi non si possono tassare gli extra-profitti, anche se dovuti ad un rialzo anomalo dei tassi causato da una guerra. Le banche sono libere di decidere le commissioni sui pagamenti pos, in quanto un intervento pubblico rappresenterebbe un’indebita interferenza su attività private. Poi però si procede a mutare la natura di un contratto privatistico come quello di conto corrente, creando una disparità tra i contraenti e lasciando solo ad una delle parti la facoltà di recesso.
Sorprende l’improvvisa attenzione della politica verso coloro che trovano difficoltà ad accendere un conto, quando per anni non si è in alcun modo preoccupata di far sì che anche chi vive nelle aree interne e meno floride possa beneficiare della presenza di una filiale a distanza ragionevole, presso la quale poter aprire un rapporto anche se, per età o limiti culturali, ha difficoltà a farlo online. La desertificazione bancaria è un tema sul quale la politica è colpevolmente assente, peraltro tradendo lo spirito dell’Art. 47 della Costituzione, che considera il Risparmio ed il Credito attività sulle quali la Repubblica dovrebbe avere obblighi di tutela e di controllo.
L’auspicio è che la ritrovata attenzione alle esigenze dei consumatori possa produrre provvedimenti ben più importanti, che puntino l’attenzione sui territori abbandonati dalle banche, il cui declino sembra al momento non essere tra le priorità di chi governa.
Luca Copersini
(Segretario Regionale Fisac CGIL Abruzzo Molise)
photo cover di Marco Vech da Flickr, CC BY 2.0
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