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Monuments Men, alla ricerca dell’arte perduta:
l’arte è la nostra storia, e va sempre protetta.

Roma, una domenica di fine febbraio, Scuderie del Quirinale, Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra. Un’interessante mostra – di cui vi parleremo – fa luce su una pagina inquietante della Seconda Guerra Mondiale e di cui spesso non si parla, salvo non essersene nemmeno a completa conoscenza: i capolavori dell’arte salvati dalla guerra e la follia nazista di razziare le più importanti opere d’arte dei Paesi occupati per costruire il mastodontico Museo del Fuhrer a Linz dove conservarle, salvo distruggerle in caso di sconfitta del Reich. Ordine funesto e inimmaginabile, parte del “Decreto Nerone”.

Questo punto della mostra, nell’ultima sala dedicata alle restituzioni, mi incuriosisce particolarmente, insieme ai documenti storici tratti dagli archivi dell’Istituto Luce. Su uno schermo scorrono le immagini di un film moderno: Monuments Men, regia di George Clooney (e un grande cast), la storia di uomini disposti a morire per salvare le opere d’arte minacciate dalla follia distruttrice di un delirante dittatore. Perché morire per l’arte si può, e qualcuno lo ha fatto, un’arte che non è patrimonio di una singola nazione ma della storia dell’umanità. Un’esaltazione pura del suo inestimabile valore come elemento che va oltre le generazioni e alimenta la stessa esistenza di ognuno di noi.

Diretto da George Clooney e sceneggiato dallo stesso attore/regista con Grant Heslov, il film si basa sull’omonimo libro di Robert M. Edsel e Bret Witter e si ispira alla storia vera di sette uomini coraggiosi, improbabili soldati – direttori di musei, artisti, architetti, curatori e storici dell’arte – che presero parte, durante la Seconda Guerra Mondiale, a una pericolosa e audace missione per salvare i capolavori artistici mondiali, sottraendoli ai nazisti, ma anche ai bombardamenti degli Alleati (a muovere le loro azioni fu, infatti, la quasi distruzione dell’‘Ultima Cena’ di Leonardo da Vinci durante un bombardamento alleato nell’agosto del 1943, per non dimenticare Montecassino) e restituendoli ai legittimi proprietari. A rischio della loro stessa vita e impegnandosi al fronte, i sette si ritrovarono impegnati in una corsa contro il tempo per evitare che un immenso patrimonio artistico andasse distrutto per sempre.

Per salvare i tesori culturali di Caen, Maastricht, Aquisgrana e recuperare i capolavori custoditi nei depositi nazisti di Siegen, Heilbronn, Colonia, Merkers e Altaussee. Riuscirono a sottrarre da distruzione o saccheggio migliaia di opere, fra le quali capolavori di Leonardo, Donatello, Vermeer, Rembrandt e van Eyck che i nazisti avevano nascosto in luoghi impensabili come miniere di sale, a centinaia di metri sottoterra o castelli inaccessibili sulle Alpi, come quello di Neuschwanstein, in Germania.

È il Presidente Franklin Delano Roosevelt in persona a mettere insieme questo corpo speciale di esperti guidato, nel film, da Frank Stokes (George Clooney), storico dell’arte e restauratore presso il Fogg Museum, ispirato allo storico dell’arte George Stout, e composto da James Granger (Matt Damon), ispirato alla vera vita di James Rorimer, colui che in seguito divenne il direttore del Metropolitan Museum of Art di New York, dall’architetto Richard Campbell (Bill Murray), ispirato al vero architetto Rober Posey, che unendosi ai Monuments Men scoprì il magazzino allestito nella miniera di Altausee, dove i nazisti avevano nascosto, tra le altre, opere come il Polittico di Gand, di Jan van Eyck la Madonna di Bruges di Michelangelo e l’Astronomo di Vermeer.

Nel team ci sono poi Walter Garfield (John Goodman), che ricorda il rinomato scultore Walker Hancock, Jean Claude Clermont (Jean Dujardin), mercante d’arte ebreo francese di Marsiglia, rifugiatosi a Londra con la sua famiglia e reclutato dai Monuments Men per le sue conoscenze artistiche, Donald Jeffries (Hugh Bonneville), un uomo in cerca di una seconda possibilità offertagli dall’arte, ovvero il suo primo amore, il dandy Preston Savitz (Bob Balaban), ispirato al vero Lincoln Kirstein, un impresario americano di New York, esperto conoscitore d’arte e co-fondatore del New York City Ballet e Sam Epstein (Dimitri Leonidas), che, non ancora diciannovenne, è l’unico vero soldato del gruppo, reclutato per le sue capacità di guidare e di parlare tedesco, personaggio ispirato da Harry Ettlinger, nato in Germania ma di fede ebraica ed emigrato in America con la famiglia.

Last but not least, Claire Simone (Cate Blanchett), con la quale Granger ha un particolare rapporto, la chiave per raggiungere migliaia di pezzi d’arte depredati dai nazisti e che si ispira alla figura di Rose Valland, una dipendente della galleria Jeu de Paume di Parigi, trasformata in deposito per opere saccheggiate.

Gli oltre 146 set realizzati rappresentano location che si trovano in Germania, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Austria e Italia, e includono specifiche chiese, cattedrali, musei, castelli, miniere, ospedali, aeroporti, basi militari, uffici e abitazioni. Diverse sono poi le opere d’arte riprodotte appositamente per il film. 6.577 dipinti, 230 acquerelli e tratteggi, 137 sculture, 122 arazzi e circa 1700 libri furono rari salvati dai Monuments Men.

Un film che la critica non fa sempre apprezzato (per raccontare solo una parte della storia e per qualche scena rocambolesca che ricorda Indiana Jones) ma che è un vero inno all’importanza di salvare parte come parte della storia di tutti, perché se si cancella la memoria di un popolo lo si distrugge per sempre. È come se non fosse mai esistito.

E che ci riporta alla mente le terribili immagini del Museo archeologico di Bagdad saccheggiato senza che nessuno facesse nulla per impedirlo. La storia, per certi tratti, si ripeteva. Perché?

 

Monuments Men, di George Clooney, con Matt Damon, George Clooney, Cate Blanchett, John Goodman, Bill Murray, Jean Dujardin, Lee Asquith-Coe, Hugh Bonneville, Bob Balaban, Diarmaid Murtagh, Sam Hazeldine, Dimitri Leonidas, USA, 2014, 118 min

Per un’analisi interessante di Focus sui Monuments men

Robert Edsel

Ha scoperto l’esistenza dei Monuments Men durante un soggiorno a Firenze, alla fine degli anni Novanta. Da allora si è dedicato interamente ad approfondire la conoscenza della loro vicenda, ottenendo testimonianze straordinarie. Ha creato la Monuments Men Foundation for the Preservation of the Art, che è stata insignita nel 2007 della National Humanities Medal, ed è stato coproduttore di The Rape of Europa, premiato documentario sui saccheggi di opere d’arte dei nazisti. È inoltre autore di Rescuing Da Vinci, un libro fotografico sull’attività dei Monuments Men. Vive a Dallas, nel Texas.

“Le statue – nella presenza fisica e nelle storie che occupano – rivendicano spazi e tempi, servono come capsule del tempo, ossessionate dal passato …
A chi strilla che “il passato non si cancella” … bisogna ribattere che un nome, un monumento o una statua, se stanno in strada non sono il passato, bensì il presente. E se ci restano, sono pure il futuro.”
Franco Ferioli, ieri su Periscopio

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani


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