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Dal datore di lavoro al donatore di lavoro

Dal datore di lavoro al donatore di lavoro

Immaginate una persona, sposata e con figli a carico, che non ha un reddito fisso e quindi non sa come mettere un pasto in tavola o come pagare le bollette. Di cos’ha bisogno? Risposta facile: di un lavoro. Risposta facile, ma sbagliata.

Proviamo ad immaginare la stessa persona, che pur non lavorando percepisce affitti, ottenendo un reddito di 10.000 euro mensili. Direste che ha bisogno di un lavoro? Sicuramente no. E allora, la verità è che nessuno ha bisogno di un lavoro in quanto tale: ciò che serve alle persone sono i soldi necessari a vivere e mantenere la famiglia.

In realtà, ad aver bisogno di lavoro sono le aziende. Se io sono titolare di un’impresa edile, ho bisogno di qualcuno che impasti il cemento, che collochi i mattoni, che dia l’intonaco. E’ evidente che i muratori svolgono quelle attività non perché sentano il bisogno di farlo, ma perché per loro è il modo per guadagnarsi da vivere.

La situazione ottimale per un uomo o una donna sarebbe avere i soldi senza lavorare, o lavorando il meno possibile.

La situazione ottimale per un’azienda sarebbe avere il lavoro senza pagarlo, o pagandolo il meno possibile.

Sono due ipotesi estreme. La prima è quella a cui si dovrebbe tendere, in un futuro in cui gran parte dei lavori verrà gestito dall’IA. Ma la seconda è quella che il mondo del lavoro cerca concretamente di realizzare, in qualche caso riuscendoci pure.

Circa un anno fa fece scalpore la richiesta di Elon Musk: cercava collaboratori con alto QI, disposti ad orari di lavoro pesantissimi (80 ore settimanali) e senza alcuna retribuzione. Il compenso: l’onore di lavorare per lui.

A parte i fortissimi dubbi sul fatto che chi avesse risposto ad una simile inserzione potesse realmente avere un QI superiore alla media, questo esempio incarna alla perfezione l’atteggiamento che spesso si materializza nelle aziende italiane. 

 “Non si trova più nessuno che abbia voglia di lavorare”

Quante volte abbiamo sentito ripetere questa frase da parte di imprenditori disperati perché, a loro dire, il nostro è un paese di fannulloni che preferiscono starsene sul divano piuttosto che accettare la generosa offerta di lavorare 10 ore al giorno per 800 euro mensili?

Come dar torto a questi imprenditori illuminati? Lavorare dev’essere considerato un privilegio, un’occasione per fare esperienza, per arricchire il curriculum. I soldi sono un aspetto secondario: anzi, guai a presentarsi ad un colloquio di lavoro chiedendo l’ammontare dello stipendio. Se questa è la logica, è bene cambiare anche la terminologia utilizzata fino ad ora: più che di datore di lavoro, dovremmo parlare di “donatore di lavoro”, come lo ha definito l’attrice comica Rosalia Porcaro in un suo riuscitissimo monologo.

Il Donatore di lavoro ha troppe cose a cui pensare per preoccuparsi della sicurezza dei suoi dipendenti: in fondo, quando lui ha cominciato a lavorare, le condizioni erano ben peggiori. Basta stare attenti, e se qualcuno si fa male se l’è cercata.

Il donatore di lavoro sembra avido, ma in realtà non è così: lavorare per lui è un privilegio, e se ci si accontenta dello stipendio che generosamente decide di offrire, senza stare a fare i pignoli sui contributi previdenziali e senza guardare l’orologio, sapendo che l’orario di lavoro non coincide con quello contrattuale, può essere un’esperienza impagabile. Per questo vorrebbe evitare di pagarla.

“Dobbiamo ringraziare l’azienda che ci paga lo stipendio”

Una frase che spesso sento pronunciare, anche nel settore bancario, che i dirigenti e i manager di aziende più grandi rivolgono ai dipendenti. Frase basata sulla colossale bugia per cui l’azienda non avrebbe bisogno di lavoro, ma generosamente si offre di pagare chi viene onorato di far parte della sua grande famiglia. Quindi lo stipendio non va visto come contropartita di una prestazione. No, lo stipendio è un regalo che generosamente viene accordato, una sorta di elemosina elargita da chi non sarebbe neanche tenuto a farla, ma lo fa in virtù della sua enorme generosità.

Una frase del genere è quanto di più offensivo si possa dire ad una persona che lavora. Che non lo fa perché il suo scopo nella vita è servire il suo Donatore di Lavoro: lo fa perché ha bisogno dei soldi per vivere.

 

Photo cover: Sciopero lavoratori Lanotype,  Sesto San Giovanni (MI), Associazione Archivio del Lavoro, fondo Fondo Silvestre Loconsolo, LCN_ST_DV_1838.

 

 

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Luca Copersini

Bancario da oltre 30 anni, ha cominciato subito ad interessarsi di sindacato. Il motivo? Tante cose nel mondo del lavoro non gli piacevano, e voleva provare a cambiarle. Il tempo è passato e le cose che non gli piacciono sono aumentate, ma la voglia di combatterle è rimasta invariata. Il suo modello di riferimento? Wile E. Coyote

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