Lavorare gratis, lavorare tutti
Tempo di lettura: 4 minuti
Lavorare gratis, lavorare tutti
Che bella cosa la tecnologia! Ci permette di fare acquisti, di sbrigare pratiche, di effettuare operazioni senza dover uscire di casa. E così, mentre ci godiamo la comodità offertaci dai tanti servizi che possiamo utilizzare da soli, c’è un importante dettaglio che sembra sfuggirci totalmente.
Tutto è cominciato con i distributori di carburante self service. Ogni volta che al distributore scendiamo dalla macchina e ci facciamo il pieno da soli, in realtà ci trasformiamo in benzinai per 5 minuti. Noi non ce ne rendiamo conto, ma il flusso di automobilisti che si alternano presso la pompa fa sì che i 5 minuti di lavoro di ognuno di loro, messi insieme, arrivino ad accumulare una intera giornata di lavoro. Invece di un dipendente stipendiato, il titolare del distributore si è avvalso del contributo di tanti volontari, che hanno lavorato per lui. Abbiamo cominciato da qui, senza rendercene conto, a lavorare per avere servizi che prima ci venivano prestati da altri.
Fino a quando ci limitiamo al rifornimento di carburante, lo scambio è in qualche modo equo: se mi faccio il pieno da solo ho uno sconto sul prezzo, quindi in qualche modo la mia opera viene ricompensata. Si tratta, come vedremo di un’ eccezione.
Dopo i distributori sono arrivati i caselli autostradali con pagamento automatico. Prima dell’ arrivo dei Telepass (sui quali tornerò più avanti), esistevano stazioni “ad elevata automazione” (così le definivano le società autostradali).
In sostanza, caselli nei quali inserire il biglietto e pagare con carte o con le monetine da ritrovare nelle tasche dei pantaloni o nell’ abitacolo dalle macchina. Il concetto di scambio equo non esisteva già più: io mi improvvisavo casellante per qualche minuto, ma la società autostradale non mi
riconosceva nulla in cambio.
Discorso simile per quello che riguarda i supermercati: alla cassa automatica ognuno di noi si improvvisa cassiere, lavorando gratis per l’ esercizio commerciale, che così può tagliare il personale e risparmiare sugli stipendi.
L’ arrivo di internet in tutte le case e su tutti gli smartphones ha moltiplicato i servizi “fai da te”, ma il concetto rimane invariato: lavoriamo gratis per le aziende, contribuiamo a tagliare posti di lavoro, e nel frattempo ci illudiamo che questo venga fatto nel nostro interesse.
Esistono situazioni in cui il lavoro che ci viene richiesto non si limita a pochi minuti. Il caso limite è forse l’ acquisto di biglietti aerei per le compagnie low cost. Prima di tutto bisogna entrare nel sito, trovare il volo che ci interessa e acquistarlo. Poi, a ridosso della partenza, è necessario effettuare il check-in online. In effetti si potrebbe fare anche in aeroporto: peccato che costi quasi quanto il biglietto. E allora eccoci impegnati negli insoliti panni di addetti aeroportuali, dribblando gli innumerevoli pop-up che cercano di farci integrare il biglietto con una miriade di servizi aggiuntivi, più o meno consapevolmente. Ma una volta portata a termine l’ impresa, il nostro lavoro non è finito. Se dobbiamo imbarcare i bagagli, dovremo recarci alla macchina che li pesa e stampa le etichette, non prima di aver scaricato la app della compagnia aerea ed effettuato l’ iscrizione. E alla fine, se tutto è stato
fatto nel modo giusto, ci resterà l’ ultimo compito: mettere le valigie sul nastro trasportatore che le porterà sull’ aereo. Quanto ha lavorato ogni viaggiatore? Mezzora? E come lo ripaga la compagnia? Cercando ogni pretesto per fargli pagare ulteriori supplementi.
Si può fare di peggio? Certo che sì: si può sempre fare di peggio.
In uno dei film di Fantozzi, il Ragioniere, ormai pensionato, propone all’ azienda di tornare a lavorare, anche gratis.
Sentendosi rispondere dal Megadirettore Galattico: No, gratis no!
Se vuole lavorare per noi, dovrà essere lei a pagarci. Un paradosso, una provocazione all’ interno di un film comico. Ma non così lontano dalla realtà.
Ci sono aziende che non si limitano a farci lavorare gratis per loro. Ci sono aziende che, per farci lavorare, si fanno anche pagare. E, tanto per cambiare, le banche sono maestre in questo.
Sappiamo quanto forte sia la spinta degli Istituti di Credito sui clienti per utilizzare il canale telematico. Il motivo è facilmente comprensibile: meno operazioni allo sportello significa minore personale, e conseguenti chiusure di filiali. Si tratta di una partita che può valere milioni:
spingere i clienti, in modo più meno spontaneo, verso internet, significa risparmiare tanto, tantissimo. Ma le banche non si accontentano: per consentire loro di risparmiare dobbiamo anche pagare. Nella maggior parte dei casi, per utilizzare i servizi online bisogna sostenere un canone mensile.
E’ un po’ la stessa situazione del Telepass. Montarlo sull’ automobile significa per chi viaggia risparmiare le file, ma dall’ altra parte consente alla società concessionaria notevoli risparmi non solo di personale, ma anche di tutti i costi legati alla gestione del contante.
Sembrerebbe uno scambio equo, e invece ci viene richiesto qualcosa di più. Per consentire a chi gestisce l’ autostrada di risparmiare, e tanto, io devo anche pagarla: il Telepass ha un canone che, per quanto contenuto, appare concettualmente illogico.
Le banche riescono ad andare oltre. Non basta il canone: ogni volta che mi faccio un’ operazione, di fatto diventando per qualche minuto un impiegato bancario, devo pagare ancora. Pago per inviare un bonifico, pago per comprare o vendere un titolo, pago per
domiciliare una bolletta…
In sintesi: non solo devo pagare per consentire alla banca di tagliare il personale e chiudere le filiali, e quindi di impoverire il territorio in cui vivo (la chiusura di una filiale non è mai un fatto neutro), ma devo anche lavorare per lei, e per farlo devo pagare un’ ulteriore commissione.
Fantozzi non avrebbe saputo fare di meglio!
Che bella la tecnologia! Ci offre possibilità un tempo inimmaginabili. Tipo quella di farci sfruttare, ed esserne felici.
Photo cover licenza Creative Commons
Ottime riflessioni sulla “tecnologia” ma bisognerebbe cominciare con una ecologia culturale proprio su quel termine su cui si fonda la nostra Repubblica: Lavoro.
Cosa vuol dire oggi Lavoro e cosa indicano oggi termini come “impiegato”, “datore di lavoro”, “prodotto finito”, “bene di consumo”…tanto per fare qualche esempio