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A leggere la bibliografia posta nell’ultima pagina, si capisce subito che questo libro farà volare alto. L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore (edizioni Utet 2013) di Michela Marzano non è un romanzo, ma sta tra il saggio, il commentario e il diario attraverso cui l’autrice narra di sé, ma parla di noi, di tutti. Nessun intento pedagogico, ogni cosa è in discussione, anche i pensieri presi a prestito da Stendhal, Lacan, Bauman, Pascal, Fromm per citarne solo alcuni di quelli che la Marzano affronta. E poi ci sono i tweet per dialogare in rete, spazio non meno importante di confronto e cognizione.
L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore è un libro che parla di bisogni intimi, personali e già adulti, ma che rimbalzano indietro a radici lontane, alle perdite, all’infanzia, alla famiglia e al legame con i genitori. Ma se l’amore è tutto, a chi lo possiamo chiedere? E quando manca qualcosa? Perchè qualcosa manca sempre. Chi può colmare e soddisfare? La Marzano si chiede se il principe azzurro sia l’idealizzazione a cui ricorrere oppure se si debba pensare che quel tutto, forse, non sarà mai pieno del tutto.
L’amore, allora, è altro rispetto al vuoto che ciascuno si porta dentro e, pertanto, non potrà colmarlo “anche l’amore più perfetto porta in sè il germe dell’incompiutezza”. Se c’è un abisso, rimarrà.
E poi il problema delle aspettative: un automatismo che si innesca molto facilmente nel rapporto a due, dimenticandoci che l’altro è diverso da noi, come se ci dovesse essere una compensazione, una precisione millimetrica in ciò che io vorrei da te e in ciò che tu riesci a darmi e che non è mai come io vorrei. Illuminante la definizione che la Marzano dà: l’amore è “anticapitalista”, non calcola debiti e crediti, è fuori dalla logica di un mercato dei sentimenti, dà e riceve senza la bilancia e senza bilanciare le parti. L’amore non sazia, ma alimenta altre domande che seguono delle risposte in un dinamismo che non concepisce logica nè calcolo. Ma nemmeno quantità e allora alla domanda #matantoquanto, lanciata su twitter, nessun peso nè misura sono stati trovati.
L’amore, olisticamente inteso, è un tutto poco alla volta, che sfugge in continuazione, che non si possiede mai, muta e non si esaurisce. La tentazione di fagocitare l’oggetto dell’amore è forte, verrebbe da trovargli un posto laddove ci sembra che manchi qualcosa o forse tutto. Un posto dove l’altro non vorrà stare perchè non può essere un rimedio alle offese della nostra esistenza.
L’amore, sostiene la Marzano, è libertà dell’essere, cioè di essere, negli errori, nelle paure, nei propri schemi e reiterazioni, di essere felici oppure tristi, ma soprattutto “liberi di niente. Tranne che di sapersi non-liberi”.
L’amore è accadimento, incertezza che si sottrae all’immobilità di una stabilità così rassicurante e se si smette di cercare il lieto fine e di chiedere ciò che l’altro non può dare, si potrebbe anche scoprire, conclude la Marzano, che “quando di amore ce n’è tanto, il resto non importa”.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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