Educazione sessuo-affettiva nelle scuole: il tabù italiano
Educazione sessuo-affettiva nelle scuole: il tabù italiano
L’Italia è rimasta uno degli ultimi paesi europei in cui l’educazione affettiva e sessuale non è compresa obbligatoriamente nei programmi scolastici, insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Romania e Polonia.
Ritardo non di poco conto se si prende atto che in Svezia è stata introdotta nel 1955, in Germania e Danimarca nel 1970, in Francia nel 1973, solo per elencare i più avanzati, mentre la Spagna introduce l’obbligatorietà nel 2022. Prima di analizzare gli argomenti a favore di tale “educazione scolastica” viene spontaneo chiedere le motivazioni di un ostruzionismo di così lunga durata da parte di un Paese come l’Italia, fondatore dell’UE ,che dovrebbe condividerne i valori fondamentali.
Una prima risposta la fornisce l’ex- femminista Eugenia Roccella, ora ministra della Famiglia, che dichiara che in Svezia i tassi di femminicidio sono superiori a quelli italiani, nonostante l’educazione sessuale obbligatoria (fenomeno denominato “paradosso nordico”).
La sua dichiarazione dimostra la rimozione totale della interpretazione femminista del femminicidio, che lo mette piuttosto in relazione al grado di emancipazione e indipendenza femminile, non tollerato da parte maschile per la perdita secca di potere (libertà di scelta femminile).
Ancora più esplicita nel limitare la portata dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole è stata l’approvazione in commissione Cultura della Camera, il 16 ottobre, dell’emendamento presentato dalla Lega al DDL Disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico, che vieta a “figure esterne” e “attivisti ideologizzati” di svolgere attività didattiche riguardanti l’educazione sessuo- affettiva… il tema può essere affrontato solo da un punto di vista biologico e riproduttivo. A chiarimento ulteriore il ministro dell’istruzione Valditara ha specificato che i bambini non devono affrontare temi legati all’identità di genere, non devono essere indottrinati secondo le “teorie gender”.
Questa posizione, che ha l’unico pregio di chiarire le motivazioni di una tale accanita resistenza, ha sollevato critiche e obiezioni, non solo da parte delle opposizioni, ma anche e soprattutto delle figure professionali presumibilmente coinvolte nell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.
Il dissenso è stato espresso degli Ordini degli psicologi di otto regioni (Emilia Romagna, Campania, Lazio, Abruzzo, Veneto, Puglia, Basilicata e Sicilia) per il danno recato a bambini, bambine e adolescenti nel loro sviluppo sessuale, affettivo e relazionale negando loro l’accesso a informazioni e conoscenze inerenti la realtà circostante.
Aggiungerei che l’emendamento risulta estremamente offensivo nei confronti di professionisti (psicologi, sessuologi, ma anche insegnanti) che evitano accuratamente “indottrinamenti”, generalizzazioni e specialmente ogni forma di essenzialismo (la femmina è così per natura, il maschio è così per natura) rivolgendosi a individui incarnati, unici, collocati storicamente, socialmente e geograficamente.
Secondo Save the Children, Unesco e OMS i programmi di educazione sessuale e affettiva sono finalizzati a “promuovere la conoscenza e la consapevolezza delle proprie emozioni per riconoscerle e imparare a gestirle”.
Il crescente numero di episodi di violenza giovanile provenienti da famiglie non disfunzionali, gli efferati femminicidi messi in atto da giovanissimi “bravi ragazzi”, gli stupri collettivi di medievale memoria, attestano chiaramente come la prima agenzia educativa, la famiglia, sia spesso all’oscuro delle problematiche affettive e relazionali dei propri figli e non abbia la capacità concreta di aiutarli.
Se la seconda agenzia educativa, la scuola, non integra con contenuti puntuali e aggiornati, non aiuta i giovani a conoscere e gestire il groviglio di emozioni che caratterizza la pubertà e l’adolescenza, giocoforza lo spazio vacante viene occupato da due “esperti” non invitati: la pornografia e i social, con gli esiti diseducativi che possiamo constatare. In confronto la conoscenza della teoria gender ha la pericolosità di un film di Walt Disney.
Cover: Foto di <a href=”https://pixabay.com/it/users/dimhou-5987327/?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=3575167″>Dim Hou</a> da <a href=”https://pixabay.com/it//?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=3575167″>Pixabay</a>
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