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Pensare ancora di commentare il risultato del voto a una settimana dai risultati oltre che pleonastico potrebbe divenire retorico. C’è un unico dato di fatto. Il Pd ha perso alla grande e tutto quello che si potrebbe e, doverosamente, si dovrebbe aggiungere nulla toglie o accresce al risultato del voto.

Sono (siamo) stati battuti.
La Compagnia dei Battuti, celeberrima confraternita medievale che a Ferrara aveva sede nell’Oratorio dell’Annunziata, era formata dagli appartenenti a diverse confraternite di laici attive nel Medioevo. Il nome deriva dalla penitenza della flagellazione ma, come recita Wikipedia, il logos della rete, la denominazione resta anche “quando tale usanza cade in disuso, il che avviene ben presto, assumendo il senso morale di afflitti”. Il senso della sconfitta assume dunque un carattere retorico assai importante. I ‘battuti’ sono laici e sono afflitti. Il vincitore, Salvini, eroico Moloch delle purificazioni sul e dentro il Po, sventola maliziosamente il rosario e strizza l’occhio ai credenti.

Se siamo battuti non affidiamo il momento del nostro scontento alle lamentationes o geremiadi. Vedete la letteratura e la lingua italiana quanto materiale hanno per descrivere la sconfitta come del resto la vittoria.
Ma per favore attenetevi, specie nei social e nei telegiornali, a esibire facce da cordoglio e occhietto malizioso.
Nell’Italia contadina, in quel Sud che ha deciso le sorti del Paese affidandosi a una grande scommessa che ancora non sa se si potrà realizzare, le prefiche facevano parte del paesaggio morale e religioso della morte, a mezzo tra paganesimo e cattolicesimo. Nei talk televisivi appare evidentissimo lo stile penitente dell’esercito Pd in fuga, salvo alcuni capitani coraggiosi – oltre alla mia amatissima e votata Bonino  – che hanno deciso di non flagellarsi più e semmai infliggere al perdente condottiero la dantesca pena dei superbi: procedere lentamente sotto il masso che preme la cervice. E si riconoscono per la discrezione, altra virtù che sembra rifugga dalla politica. Hanno nomi ben evidenti.

Molto tempo fa intervistato da un celebre giornale che mi chiedeva di spiegarmi cosa fosse la ‘ferraresità’ risposi che sicuramente era la ‘rancorosità’,  per esempio quella esplosa in modo virulento nei confronti di Franceschini che non si meritava certo una così pesante sconfitta rispetto ad altri. Una rancorosità e una sconfitta forse provocate in parte, oltre al gravissimo problema delle banche, dall’adesione e accoglienza a un avversario politico come lo Sgarbi, portando sul privato quello che avrebbe dovuto rimanere un cortese dibattito politico. Questo spiega il pollice verso della classe medio-alta, che a loro dire si è affrancata dal giogo ‘comunista’ .
Le risposte dei Battuti cittadini non sono andate al di là dell’imbarazzo e di un’ammissione a denti stretti di avere ricevuto una ‘pagata’ provocando immediatamente un feroce ‘dibbattito’ tra renziani e no, tra paracadutati ed eliminati.
Così con un’ansia capibile ci si avvia alla resa dei conti non certo condotta con ‘bon ton’.

C’è però una clamorosa anomalia che mette tutto in discussione. Quella che ha fatto della nostra città un esempio mai eguagliato: la continuità dal dopoguerra di un’amministrazione di sinistra. Sulla scia della revanche ecco allora l’attacco alla fortezza Bastiani che è giusto, ma che rivela inquietanti prospettive se si analizza il profilo dei futuri condottieri.
Vedremo.
Però BASTA con le parole che durano un attimo, come gli sciarponi o i jeans incollati alle orride gambe a stecchetto degli ‘eleganti’ della provincia.
Basta soprattutto con la parola (e quel che significa) ‘inciucio’. Sembra il rumoroso succhio di un infante alla tetta della madre costituzione.
Brrrrr!

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


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