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Scegliere la serenità

Spesso sottovalutiamo la serenità. Mi sono sempre chiesta perché nei momenti di minore stabilità uno la ricerchi in maniera ossessiva, poi quando si è raggiunta o la vita ci mette il suo zampino o tu stesso non sai più cosa farne. La ricerca dell’equilibrio può diventare sfibrante, una dimensione quasi tragicomica del vivere. Non ci siamo più abituati, ora l’abitudine è scegliere. Scegliere canale, scegliere la pizza, scegliere la macchina, partner, casa, città, amici. Scegliere toglie serenità, cercare il top che non esiste, nelle cose e nelle persone. Il commercio delle anime, oltre che degli oggetti. Invece provare ad allenare la pazienza che manca o forse l’attesa che non è più contemplata. “Abbiamo tutto, abbiamo avuto tutto e subito!” così sentenziano i boomers, non che abbiano completamente torto. Non sappiamo più aspettare, costruire, aggiustare, allora cambiamo quel che abbiamo con qualcosa di nuovo, sperando che non si rompa. O partendo direttamente dalla consapevolezza che si romperà, prima o poi.

Inseguire le emozioni, qualcosa da fare e occuparci le giornate per non sentirsi vuoti. Poi in campeggio c’è quella coppia di anziani, insieme da una vita, seduti fuori al loro camper sul lago di Garda, a guardare tutto il pomeriggio due con la metà dei loro anni che montano a fatica una tenda. Eppure non vedi in loro nessuna smania di qualcosa di nuovo, di eccitante, di meraviglioso, sono lì seduti a guardarsi la scena al posto della tv. Tutto il giorno lì, riparati dal sole, senza neppure pensare di alzarsi per fare una passeggiata sul lungolago. Non so se sia una cosa dovuta al cambio generazionale, forse… anche.

Magari è diventato normale essere stimolati continuamente, come sotto l’effetto di una droga. Eppure si può scalare una montagna e poi sedersi sulla cima, rimanere lì a contemplare invece di pensare già alla strada del ritorno da fare, oppure sedersi in spiaggia ad osservare il mare e non pensare a niente, non fare niente, non cercare niente, una volta ogni tanto.

Cover: foto di Alessandro Giacobazzi

Alessandro Giacobazzi, classe 1972, ferrarese di adozione. La fotografia è il prolungamento del suo occhio per guardare quello che lo circonda, gli permette di lasciar parlare la parte più nascosta della sua personalità. Ha fatto sue due frasi di due grandi fotografi: “La macchina fotografica è uno strumento che insegna alla gente a vedere senza macchina fotografica” (Dorothea Lange) e “Non fotografare le cose come appaiono. Fotografale come le senti” (David Alan Harvey).

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Ambra Simeone

Ambra è nata in un paese di mare e ogni volta che si trova in un posto nuovo, lì lascia qualche goccia salmastra. Quando scrive si lascia trasportare dalle brezze marine, quando disegna non usa squadre o righelli, e per entrambe le cose la bussola fa più di un giro. Quello che legge e ascolta non è assimilabile ad un solo genere, perché per lei le parole e la musica non seguono nessuna corrente.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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