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vivere in una g.d.o.

la Grande Distribuzione Organizzata è la massima dimostrazione dell’omologazione su grande scala della nostra vita. affascinante da fotografare quanto da comprendere nella realtà. in foto una serie sterminata di cassette della frutta perfettamente accatastate come un muro, ma potrebbero essere le rampe di carico per i camion di un polo logistico o i lunghi scaffali delle reti dei supermercati. in comune hanno la serialità e la democratizzazione dei prodotti, tutti perfettamente uguali nel loro metodo di mercificazione. solo una rotazione di esposizione come a dare importanza ad alcuni prodotti in periodi di vendita prestabiliti; le feste comandate tra cui Natale, Pasqua e vacanze estive.

questa quantità ci costringe a guardare con lo stesso occhio o meglio ci guarda con la sua enormità per dimostrarti la tua piccolezza, diversa su uno sfondo univoco, e proprio per questo non desiderabile. allora provi a mimetizzarti tra gli altri, renderti desiderabile secondo canoni mercificatori. secondo questi canoni: la quantità rende uguali, la qualità diversi, l’uguaglianza dovrebbe rendere desiderabili, mentre la diversità, sacrificabili. i geografi hanno inventato, filosoficamente, una nuova parola non-luoghi. posti uguali in qualunque parte del pianeta. come dire che Ferrara è Ferrara anche perché ha il Castello Estense e la piazza Ariostea, ma che una sala bet&win è una sala bet&win perché rimane una sala scommesse in qualunque parte del pianeta.

Andy Wahrol lo aveva preannunciato, lo sentiva nella realtà e lo riproduceva nell’arte, nella sua serialità serigrafica. rendere tutti uguali, democraticamente omologati ti porta con l’occhio a cercare una cassetta rossa tra milioni di cassette verdi. poi c’è chi davanti questa scoperta si emoziona e chi si irrita, come chi trova una “rara bellezza” o uno “scomodo intruso”. parte tutto dal desiderio di qualcosa che ci appaghi, molto simile a noi o all’opposto di qualcosa che ci faccia stare scomodi, molto lontano da noi, ma in evolvere.

Cover: foto di Ambra Simeone

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Ambra Simeone

Ambra è nata in un paese di mare e ogni volta che si trova in un posto nuovo, lì lascia qualche goccia salmastra. Quando scrive si lascia trasportare dalle brezze marine, quando disegna non usa squadre o righelli, e per entrambe le cose la bussola fa più di un giro. Quello che legge e ascolta non è assimilabile ad un solo genere, perché per lei le parole e la musica non seguono nessuna corrente.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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